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→  luglio 25, 2010


intervista a Sergio Chiamparino

Il sindaco di Torino: siamo indietro di trent’anni. “Senza garanzie il Lingotto sarà americano”
TORINO – “Il fatto è che pensiamo ancora come negli anni Settanta, siamo fermi a quell’epoca e a quel mondo. Non solo la Fiom, ma tutta la politica italiana, a destra e a sinistra, dalla Lega che continua a dire che dopo trent’anni di contributi la Fiat non può andare fuori, a chi pensa semplicemente che si possa andare avanti senza regole o con regole messe continuamente in discussione. Se è così chi glielo fa fare a Marchionne di investire 20 miliardi in un paese in cui, bene che vada, è sopportato. Poi però bisogna pur convincerlo a rinunciare alla linea dura e a pensare a qualcosa di alternativo per Mirafiori”.

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→  luglio 25, 2010


Sindacato. Il caso Pomigliano

Parti invertite. Fissare per legge che vale quanto pattuito tra l’azienda e la sigla maggioritaria: c’è il sì della Cgil, la Cisl minoritaria a livello nazionale si oppone.

Dopo il referendum di Pomigliano, le cose si sono ingarbugliate. Lo riconosce con la solita franchezza Sergio Chiamparino sul Sole24Ore di sabato: oltre alla “indifferenza generale” oltre allo “scetticismo”, ci sono precisi “problemi di rappresentatività sindacale” se il Progetto Fabbrica Italia è stato accolto in modo così deludente.

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→  luglio 23, 2010


intervista a Sergio Chiamparino

«La “T” del logo Fiat significa Torino. Se si ridimensiona, o peggio se si cancella, il ruolo di Torino, è la stessa Fiat a perdere di significato». Sergio Chiamparino, sindaco di Torino, in una telefonata con l’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, ha ricevuto qualche rassicurazione sul futuro dello stabilimento di Mirafiori, ma non per questo il primo cittadino indulge ad un facile ottimismo.

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→  luglio 15, 2010


Tra l’ostruzione dei cobas e le tentazioni della Fiat

Con la decisione di Marchionne di confermare l`investimento di Pomigliano, la partita è entrata in una fase nuova. In gioco non è più (solo) il futuro di 5000 lavoratori, ma il sistema delle relazioni industriali nel nostro paese. Una partita in cui, per la latitanza del governo, la Fiat è lasciata di fatto sola.

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→  luglio 12, 2010

di Pietro Ichino

A Pomigliano i fatti confermano le buone ragioni di una rivendicazione storica della CGIL: quella di un sistema di misurazione della rappresentatività nelle aziende, che realizzi il principio di democrazia sindacale – oggi quella riforma, attuaa con accordo interconfederale o in via sussidiaria per legge, consentirebbe alla FIAT di attuare il suo piano e alla CGIL di rimanere parte del sistema di relazioni industriali nello stabilimento campano, pur non sottoscrivendo l’accordo

Quando, nel 2001, Fim-Cisl e Uilm-Uil firmarono senza la Fiom-Cgil il rinnovo del contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici, Sergio Cofferati – allora segretario generale della Cgil – disse: “Non contesto la firma separata in sé; contesto che il contratto firmato da una parte soltanto dei rappresentanti dei lavoratori si applichi a tutti i lavoratori interessati, senza che venga misurata la rappresentatività di chi firma e quindi senza che si applichi un elementare principio di democrazia sindacale”.

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→  luglio 11, 2010


Il partito di Bersani é stato troppo timido nell’accettare il patto tra Marchionne e i sindacati (Fiom esclusa) e il successivo esito del referendum

Pomigliano farà la Panda. Nonostante il deludente risultato del referendum, la Fiat conferma la decisione di investire. Ma perché all’impegno di applicare l’accordo corrispondano “modalità che possano assicurare tutte le condizioni di governabilità dello stabilimento”, come recita il comunicato Fiat, ci sono ancora nodi da sciogliere, normativi e politici.

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