Per Pomigliano c’è una soluzione politica, il governo si affretti a impugnarla

luglio 15, 2010


Pubblicato In: Giornali, Il Foglio


Tra l’ostruzione dei cobas e le tentazioni della Fiat

Con la decisione di Marchionne di confermare l`investimento di Pomigliano, la partita è entrata in una fase nuova. In gioco non è più (solo) il futuro di 5000 lavoratori, ma il sistema delle relazioni industriali nel nostro paese. Una partita in cui, per la latitanza del governo, la Fiat è lasciata di fatto sola.

La Fiat ha proposto uno scambio: l’assegnazione a Pomigliano di una vettura nuova da produrre in volumi rilevanti, contro un contratto aziendale che deroga rispetto a quello nazionale, in tema di trattamento di malattia nei casi di punte anomale di assenza, permessi, orario, turni, condizioni per scioperi. Cisl e Uil hanno accettato lo scambio, il 63 per cento dei lavoratori l’ha confermato. I Cobas hanno già proclamato lo sciopero degli straordinari da qui al 2014. Il fatto è che, con le norme attuali, un lavoratore, pur aderendo al sindacato che ha firmato l`accordo, può aderire, ad esempio, allo sciopero dei Cobas, vedendosi riconosciuto dal giudice l’esenzione dalle nuove disposizioni antí-assenteismo abusivo.

La Fiat adesso ha bisogno di garanzie che l’accordo venga rispettato da tutti i dipendenti dello stabilimento. Ha due possibilità davanti a sé. Può scommettere sulla forza degli interessi: quelli dei lavoratori, che di questi tempi sono ben contenti di fare straordinari; quelli dei grandi sindacati, che dovrebbero trovare più conveniente farsi concorrenza sui vantaggi che assicurano piuttosto che sui conflitti che cavalcano.

In tal caso la Fiat intraprende una navigazione attenta a disinnescare i problemi prima che si presentino, lasciando irrisolti i problemi che ci trasciniamo da decenni. Va in questo senso la lettera personale che Marchionne ha indirizzato a tutti i dipendenti.

L’altra possibilità è andare alla prova di forza. Apportare Pomigliano non a una NewCo tipo Alitalia che assuma solo una parte dei lavoratori (qualcuno ne aveva parlato, dimenticando che questo è possibile solo per un`azienda commissariata), ma a una NewCo che assuma tutti senza aderire a Confindustria. A questa NewCo non si applica il contratto nazionale dei metalmeccanici, l`unico contratto sarebbe l`accordo aziendale firmato con Cisl, Uil, Ugl e Fismic, a questo punto vincolante per tutti. Un sistema aziendale di relazioni industriali dal quale la Cgil resterebbe esclusa.

Due soluzioni, illuminista la prima, giacobina la seconda. Nessuna delle due dà alla Fiat le garanzie di cui ha bisogno.

Con la prima il rischio è che gli animi non si plachino, e che si instauri una microconflittualità cronica; con la seconda che gli animi si esacerbino, dando luogo a una maxiconflittualità contagiosa. Entrambe hanno origine da due nodi: il ruolo del contratto nazionale, che dovrebbe essere ricondotto a stabilire solo norme generali; la democrazia sindacale in fabbrica, che per la Cgil si attua facendo valere il principio di maggioranza, per la Cisl difendendo la libertà contrattuale.

Queste sono le vere poste in gioco. La pretesa lesione di principi costituzionali è solo una cortina fumogena: in 20 anni nessuno ha sospettato di incostituzionalità le norme che regolano gli scioperi per i servizi pubblici essenziali.

Oggi a Pomigliano davanti alla Fiat stanno decisioni che definiranno le relazioni industriali per anni a venire. E’ già successo altre volte, pensiamo al punto unico di contingenza, o alla marcia dei quarantamila. Altri tempi, però: oggi, siamo sicuri che il risultato migliore si raggiunga sovrapponendo alla scommessa industriale su Pomigliano quella sullo scioglimento dei nodi antichi del nostro sistema di relazioni sindacali? E’ nell’interesse del paese che, nella latitanza della politica, sì faccia carico alla Fiat di decidere quale strada seguire? La soluzione esiste. E’ una soluzione politica: una norma di legge che riconosca il carattere vincolante della clausola di tregua e la possibilità per il contratto aziendale di derogare dal contratto nazionale, quando esso sia stipulato dalla coalizione maggioritaria o approvato a maggioranza dai lavoratori.

La Cisl si prenderebbe il merito di avere “salvato” Pomigliano, la Cgil non firmerebbe l`accordo, ma porterebbe a casa il principio dì maggioranza che insegue da tempo. La Fiat potrebbe concentrarsi sul suo mestiere, fare buoni prodotti a prezzo competitivo.

Sono principi contenuti nel disegno sulla partecipazione dei lavoratori, elaborato da Pietro Ichino con consenso bìpartisan al Senato ma fermo in commissione: con il parere favorevole del governo e il sostanziale assenso del Pd sarebbe facile approvarla. Ma il governo da questa partita è assente. Se il dissenso di una parte produce un’impasse, è giusto lasciare che sia l’azienda a sbrogliare la matassa da sola? Il ministro Sacconi preferisce l’autoregolamentazione, e sarebbe la soluzione migliore: ma eliminare l’incertezza sulla osservanza degli accordi approvati dalla maggioranza dei lavoratori dischiude interi capitoli di forme innovative di autoregolamentazione e di sperimentazione.

La prova di forza arride ai falchi della FIOM, andare allo scontro e riconquistare la leadership del movimento operaio. Anche fasce di industriali ne sono tentati, cogliere l’occasione per archiviare l’arretrato. Ma nessuno è in grado di scongiurare le conseguenze che potrebbe avere, conseguenze sociali e, c’è da giurarci, di strascichi giudiziari, E’ responsabile rischiare? E’ conveniente farlo quando una soluzione politica sembra a portata di mano?

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