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→  dicembre 27, 2018


È naturale che, come scrive Franco Bassanini (Il Sole 24 Ore, 21 Dicembre 2018), “molte disposizioni del nuovo Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche tendano a favorire investimenti nelle infrastrutture di tlc di ultima generazione”. Però esso preserva il principio della neutralità tecnologica, le autorità nazionali non possono discriminare tra tecnologie. Per il consumatore quello che conta, più del punto di arrivo, è il transitorio: quanto tempo? quanti soldi? chi paga? Dipende da politiche fiscali, di competenza degli stati sovrani, non della Commissione. I nostri vicini europei intendono effettuare il passaggio alla rete tutta ottica con gradualità (2025 – 2030): per Deutsche Telekom la copertura universale FTTH a breve nel Paese sarebbe impossibile, costerebbe €70 mld; il Presidente Macron ha rivisto il piano FTTH del precedente governo aprendo a tutte le tecnologie d’accesso. Esclusa la Spagna (dove i cabinet non esistono, i cavi in rame sono interrati in trincea) l’Italia è l’unico Paese dell’Europa Occidentale ad aver dichiarato di voler realizzare una copertura FTTH «universale»; gli altri per ora prevedono di accelerare i collegamenti a 100 Mbit/s e la predisposizione di connessioni FTTH per utenti affari e pubblica amministrazione e per le stazioni radio del futuro sistema 5G. I molto citati casi di passaggio diretto dal rame a FTTH hanno tutti motivazioni specifiche: in Giappone le linee sono aeree e le interferenze elettromagnetiche non consentono altro mezzo; in Corea FTTH è usato nei condomini delle tre più grandi città (quasi l’80% della popolazione); altrove si usa il rame potenziato su rete esistente rinunciando alla rete tutta ottica subito, quindici anni fa obiettivo del governo.

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→  dicembre 1, 2018


Risposta ad articolo (infra) di Stefano Pileri

Lo standard Openfiber, dice il suo sito, è GPON 2,5GB download al distributore; questo è nell’edificio o fuori (in casi particolari al piano) con splitting (in area urbana) di 1/64, per cui, quando tutti li usano, ciascuno può contare su 40MB; nelle aree rurali poi la fibra si ferma anche a 40 metri dalle abitazioni. E la chiamano FTTH. Invece VDSL dà fino a 350 MB per ogni cliente, dentro il suo alloggio, senza scavare cunicoli né rompere muri. Concordo sull’importanza di disporre di una rete capillare, moderna e flessibile: ma la nazionalizzazione dell’infrastruttura esistente non è lo strumento per averla.
Franco Debenedetti

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→  novembre 29, 2018


“Occorre evitare l’idea, puramente speculativa e cinica, di vendere a pezzi TIM: i servizi, senza la rete, renderebbero TIM sempre più soggetta alle incursioni degli OTT.” Sono rimasto molto sorpreso nel leggere questo appello: io lo condivido pienamente, chi lo firma sono sette illustri professionisti, sette manager che hanno ricoperto ruoli apicali nell’ex- monopolista Telecom – e prima -, con i quali ebbi, proprio su questo giornale, contrasti assai vivaci negli anni della sua privatizzazione – e dopo. Vi vedo la conferma che, nella decisione sull’assetto strutturale della rete a banda ultra larga, sono in gioco principi che vanno oltre lo specifico della materia in questione, e che vanno considerati, perché toccano gli interessi generali del Paese.

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→  novembre 14, 2018


Una “proxy fight” quale da noi si vedono poche, aiutata da un provvidenziale intervento dello Stato, quali da noi se ne vedono molti, spodesta l’azionista di maggioranza relativa; ma nomina amministratore delegato la stessa persona che questi aveva designato. Che però, dopo pochi mesi, non gode più del consenso della nuova maggioranza che pertanto il 13 novembre gli ritira le deleghe.. E’ possibile che si vada a un nuovo confronto da cui esca un’altra governance.

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→  novembre 3, 2018


La rischiosità di un debito, pubblico o privato che sia, è data dalla probabilità che il debitore paghi regolarmente gli interessi e, alla scadenza, rimborsi il capitale, o con mezzi propri, o, come è sempre il caso se il debito è pubblico, rifinanziandosi sul mercato. Per avere un metro con cui valutare l’entità del debito, e per paragonare tra loro debiti diversi, si suole parametrarlo al PIL. Questo misura l’attività economica di cittadini: si assume che essa venga svolta con un profitto, su cui si possano prelevare imposte con cui pagare, oltre alle spese dello Stato, anche gli interessi sul suo debito. Altre parametrazioni sono possibili, o a scopo scientifico per trovare nuove correlazioni, o come nel nostro caso, stante l’enormità del nostro debito pubblico, per trovare ragioni atte a convincere i mercati della sua sostenibilità.

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→  ottobre 27, 2018


La cessione di Marelli

Come non è lo Stato ad avere ricchezze proprie ma sono i cittadini a possederle, così non è lo Stato ad avere interessi propri ma le strutture che essi creano per gestirle, tipicamente le aziende. Sono loro che possono decidere che cosa fare dei propri beni, vendere o comprare, tutto o parte: primo perché questo è il significato di diritto di proprietà, secondo perché il proprietario dispone di maggiori informazioni di chiunque altro per decidere sul da farsi. Sembra dimenticarlo chi giudica operazioni societarie sulla base di un astratto, perché ideologico, interesse del Paese, senza neppure capire quali sono gli interessi concreti delle parti in causa. A volte, può bastare un minimo di analisi: come nel caso Marelli.

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