Risposta ad articolo (infra) di Stefano Pileri
Lo standard Openfiber, dice il suo sito, è GPON 2,5GB download al distributore; questo è nell’edificio o fuori (in casi particolari al piano) con splitting (in area urbana) di 1/64, per cui, quando tutti li usano, ciascuno può contare su 40MB; nelle aree rurali poi la fibra si ferma anche a 40 metri dalle abitazioni. E la chiamano FTTH. Invece VDSL dà fino a 350 MB per ogni cliente, dentro il suo alloggio, senza scavare cunicoli né rompere muri. Concordo sull’importanza di disporre di una rete capillare, moderna e flessibile: ma la nazionalizzazione dell’infrastruttura esistente non è lo strumento per averla.
Franco Debenedetti
Le reti in fibra ottica e il rame
di Stefano Pileri – Il Sole 24 Ore, 01 dicembre 2018
In relazione all’articolo pubblicato in data 29 novembre u.s. a firma di Franco Debenedetti dal titolo ‘Tim, lo spezzatino non serve, una grande azienda italiana, sì”, risultano necessarie alcune precisazioni di carattere prevalentemente tecnico-scientifico. Nell’articolo si paragonano le prestazioni delle reti integralmente in fibra ottica (come quella sviluppata da Open Fiber) con quelle delle reti miste fibra/rame. L’autore sostiene che le reti miste offrano prestazioni superiori rispetto alle prime. Questa affermazione è priva di qualsivoglia base scientifica, come ampiamente e universalmente dimostrato da studi e ricerche pubbliche. Citiamo a titolo di esempio i risultati pubblicati per la conferenza Networks 2016 da Fondazione Ugo Bordoni, Istituto Superiore delle Comunicazioni e Politecnico di Milano. Al contrario di quanto affermato dal Prof Debenedetti infatti, le migliori prestazioni ipotizzabili delle tecnologie di infrastruttura mista (cioè quelle FTTC) sono simili alle peggiori prestazioni teoriche del primissimo standard basato su reti ottiche integralmente in fibra (GPON, Gigabit Passive Optical Network). Il passaggio dai servizi analogici a quelli digitali in tutte le aree rilevanti della nostra vita (e-health, e-agriculture, e-government, sicurezza fisica e prevenzione degli incidenti solo per fare alcuni esempi) genera benefici economici quantificabili oltre che servizi più efficienti. La stessa tecnologia 5G vede quale condizione imprescindibile la disponibilità di reti fisse integralmente in fibra ottica. Non a caso tutti gli operatori stanno comunicando e proponendo offerte commerciali in fibra, al punto che il legislatore e l’autorità di settore (Agcom) hanno ritenuto di introdurre dei meccanismi che distinguano l’offerta della vera fibra da quella mista, meno performante. L’Unione europea nel 2016 ha stabilito alcuni requisiti necessari per traghettare l’Europa e quindi l’Italia nel futuro. I requisiti di una Gigabit society sono stati indicati dalla Commissione UE e adottati dalle istituzioni italiane in modo chiaro ed univoco. Finché le TLC si occupavano prevalentemente della trasmissione della voce, in un mondo in cui ancora internet e le sue potenzialità erano “per pochi” le reti miste fibra/rame erano in grado di soddisfare la domanda degli utenti. L’enorme crescita del flusso dei dati ha però reso obsoleta e non più al passo con i tempi questa tipologia direte. Occorre inoltre ricordare che l’Italia si trova al venticinquesimo posto su ventotto per livelli di connettività nella graduatoria DESI 2018 (Digital Economy and Society Index), l’indicatore della Commissione Europea che misura il livello di attuazione dell’Agenda Digitale di tutti gli Stati membri, quanto a disponibilità di connessioni superiori ai 100 MBps per i cittadini, le uniche in grado di supportare una maggiore digitalizzazione dell’economia. Di fronte a processi di cambiamento tecnologico che stanno modificando profondamente l’economia e la società, la costruzione di una rete di TLC moderna e soprattutto flessibile nella possibilità di estendere la sua capacità verso esigenze di maggiore (e non minore) velocità ed affidabilità, è un obiettivo che non solo un’azienda ma l’intero Paese si debbono dare, anche nel senso di una condivisa responsabilità sociale. Nessun addetto ai lavori può oggi seriamente sostenere che la fibra ottica non rappresenti lo stato dell’arte della connettività e francamente non si capisce perché nel realizzare una nuova infrastruttura, di cui tutti sentono il bisogno, si debba guardare al passato anziché al futuro.
E la chiamano FTTH
dicembre 1, 2018
F.M.
6 annoe fa
Buonasera, Presidente De Benedetti.
Leggo con grande interesse il suo articolo a difesa e sostegno della connettività mista fibra + rame, che condivido in pieno.
Sono (anche io) un professionista delle telecomunicazioni, ex dirigente di una azienda “non incumbent”, un tempo molto ascoltato, di recente in pensione, e seguo ovviamente con interesse, oltre che ancora per ragioni professionali, anche per la passione che il tema non può non mantenere alta a chi ha speso buona parte della sua vita e del suo tempo per connettere gli italiani, dalla telefonia analogica a (quasi, ma non ci sono purtroppo riuscito per età) al 5G.
Nella sua disamina e nella sua replica, tuttavia, manca forse una considerazione che sosterrebbe ancora di più la sua tesi.
Chi ha replicato al suo articolo, in particolare, è, come ben noto, l’ex Direttore della rete di Telecom Italia, da cui è stato allontanato nel 2009 ed è attualmente CEO di un’azienda che è uno dei principali fornitori di quella nuova azienda – di cui buona parte del management è ex Telecom della stessa epoca – sciaguratamente e frettolosamente voluta dal penultimo premier italiano senza alcun fondamento sensato di politica industriale seria e – soprattutto – lungimirante.
Vero è che la nascita della nuova realtà delle telecomunicazioni ha sicuramente “smosso” e “scosso” l’ex incumbent da un torpore che ai più poteva apparire sicuramente tale, e che probabilmente un po’ lo era, ma che in realtà era il risultato di un approccio conservativo sugli investimenti basato sull’assunto dell’adeguatezza, almeno per il breve – medio termine, della velocità raggiungibile con il rame a casa e la fibra all’armadio di strada.
Non c’è dubbio che le nuove reti non possano essere basate sul rame, nonostante le oggettive – e ben note – limitazioni cui lei ha fatto riferimento nella controreplica alla replica al suo articolo.
Ma è anche indubbio che i 100Mbps che sono oggi raggiungibili in gran parte delle città e su un gran numero di utenze in rame esistenti siano sicuramente sufficienti a gran parte – praticamente a tutte – le applicazioni e i servizi oggi basati sulla connettività fissa.
Peraltro, tecniche – che lei conosce bene – in grado di aumentare ulteriormente (e significativamente) la velocità su rame oggi (e da tempo) esistono ma – per una regolamentazione, non solo nazionale, miope e forse incapace di coniugare in modo moderno tecnologia e concorrenza – non ne è consentito l’impiego.
Su queste basi, appare fin troppo chiaramente come dalla replica al suo articolo emerga evidente un troppo diretto interesse al successo della nuova azienda wholesale strettamente legata, per il suo sviluppo di rete, proprio all’azienda il cui CEO ha sostenuto con forza nell’articolo odierno del “Sole 24 Ore” un destino di spezzatino per Telecom Italia, ovviamente a favore di Open Fiber.
Discorso a parte meriterebbe poi il tema dei prezzi, ma su questo mi riservo di scriverle ancora e più specificamente, per conoscere la sua posizione ed eventualmente sollecitare un dibattito sull’eccessiva penalizzazione di un’intera industria, e del suo immenso indotto, come non si vede in alcun altro settore merceologico, pur di mantenere il prezzo di un mese di traffico mobile voce e dati non più – ormai – al livello di una pizza ma al massimo di due caffè.
Cordiali saluti.
Alessandro Fellin
6 annoe fa
Buongiorno
Ho trovato la sua risposta all’articolo del sole 24 ore e sono rimasto basito da come si possa commentare avendo solo una visione e conoscenza molto parziale della questione.
Se conoscesse come funzionano i sistemi di cui sta argomentando saprebbe che lo standard attuale GPON prevede 2,5Gbit in download e 1,25Gbit in upload per singolo ramo, che con un fattore di splitting 1/64 delle aree urbane (in quelle rurali viene utilizzato un fattore di splitting inferiore per via delle maggiori distanze delle tratte), tutte le terminazioni occupate ed un utilizzo massiccio e contemporaneo di tutti i 64 clienti equivale effettivamente a circa 40Mbps in download e 20Mbps in download per ogni cliente. Peccato che la vdsl faccia molto peggio in quanto i 350Mbit promessi in download con 35Mbit in upload per ogni cliente sono ottenibili solo in rarissimi casi a causa dei limiti intrinseci al mezzo trasmissivo ed alla topologia dello sviluppo della attuale rete in rame; inoltre un singolo dslam può connettere fino a 192 utenti su un singolo uplink di 1Gbit verso la centrale, che si traduce nel caso di utilizzo contemporaneo da parte dei possibili 192 clienti in una velocità di 5,2Mbit a testa sia in upload che in download. Questo comunque non risulta essere il collo di bottiglia maggiore, in quanto poi tutte le connessioni confluiscono a livello di centrale su dorsali che sono nella maggior parte dei casi da 10Gbit. Parliamo quindi di decine di migliaia di clienti che condividono 10Gbit. Ma vede, a livello di telecomunicazioni la capacità è sempre dimensionata a livello statistico, un po’ come avviene anche per la distribuzione dell’energia elettrica o del gas, in quanto la perfetta concorrenza di utilizzo non avviene praticamente mai. Per avere banda garantita, esistono altre tipologie di connessioni apposite, erogate principalmente sotto forma di FTTH dedicate AON ma con ben altri prezzi e target.
Per quanto riguarda le case singole l’FTTH è probabile venga portata ad un distributore comune, esattamente come avviene adesso con i distributori in rame su palo o in strada a cui poi confluiscono le linee singole dei clienti vicini. E infine il lavoro ed il costo per passare attualmente una linea in fibra dal distributore alla casa dell’utente è esattamente lo stesso di passare una linea in rame se non è già presente, quindi è una differenza risibile. Senza contare che una grandissima parte delle attuali linee in rame necessità di manutenzione per poter aspirare a delle velocità accettabili con la VDSL, vanificando completamente il vantaggio di avere le linee già posate, rispetto alla necessità di posarne di nuove in fibra ottica. Infine il vero vantaggio della fibra ottica è che, a differenza del rame, il mezzo trasmissivo non costituisce ancora un limite percepibile per il tipo di trasmissione utilizzata, lasciando quindi enormi margini di miglioramento all’evolversi della tecnologia (è già realtà XGPON da 10Gbit e il multiplexing di diverse lunghezze d’onda per avere N canali da 10Gbit o più su una singola fibra ottica).
Cordiali saluti
Alessandro Fellin
Franco Debenedetti
6 annoe fa
Buongiorno a lei, signor Fellin.
Sono d’accordo con lei: dal punto di vista tecnico ho una conoscenza molto parziale della questione. Ma la tecnica è solo una parte, e, come sappiamo, non è imparziale: è al servizio di questioni economiche e politiche di cui è diritto del cittadino essere informato e dovere, per chi può farlo, di informarlo. Quando la mia conoscenza è parziale (e in varia misura lo è sempre e per tutti) raccolgo e verifico informazioni che richiedo a persone di riconosciuta competenza. Quanto alla visione, cioè le riflessioni e le conclusioni, sono mie e me ne assumo la responsabilità.
Lei afferma correttamente che nel caso GPON (2,5G-1,25G) che è lo std oggi usato da Open Fiber, l’ “utilizzo massiccio e contemporaneo di tutti i 64 clienti equivale effettivamente a circa 40Mbps in download e 20Mbps in download per ogni cliente”. Si fermi per un attimo qui, ossia a confrontare le velocità sull’accesso al cliente.
Oggi VDSL std 35 b con vectoring consente, alla distanza di 300 metri, velocità di 300-350 Mbit/s in DS. Questo vale per ciascuno dei 192 doppini in uscita dal DSLAM. E’ un fatto che se confronta le massime velocità ottenibili per cliente il confronto va a vantaggio del DSL con vectoring.
Naturalmente, la situazione cambia se invece dello std GPON si usa uno std più moderno, es XGPON moltiplica per 4 la velocità in DS (ancora non basta a fare meglio ma ci si avvicina) e farà ancora meglio con altri std; in futuro poi la situazione si sposterà a vantaggio della fibra, ma il problema è cosa conviene fare in ottica evolutiva, cioè come arrivare all’obiettivo di un’ampia copertura in fibra senza rischiare investimenti che potrebbero non essere mai portati a frutto. Ecco perchè conviene l’approccio graduale (a parte l’assurdo di sostituire oggi una tecnologia ibrida che dà velocità maggiore con una che, come lei stesso scrive, la dà minore).
Poi lei parla del “backhaul” ma questo è un differente problema. Se lei alimenta il DSLAM con una fibra con 1 Gb/s evidentemente crea un collo di bottiglia, ma anche qui conta lo standard Ethernet che decide di assumere. Inoltre, lei ha ragione a sostenere che i calcoli vanno fatti in modo statistico. Se ha 200 porte d’uscita a 300 Mb/s non è ragionevole pensare che “tutti” contemporaneamente satureranno la capacità e quindi non le servono 60 Gb/s ! Certamente con 10 Gb/s avrà una bassa probabilità di congestione. Questo è un problema di dimensionamento che nulla ha a che fare con la velocità nell’accesso.
A parte questi aspetti “metodologici” le considerazioni che lei fa sono tecnicamente fondate, anche se bisogna evitare di confondere problemi di differente natura. Ma il dibattito non è “fibra si’ – fibra no”, è come gestire al meglio gli anni del transitorio e gli investimenti richiesti. Deutsche Telekom stima siano 12 anni e €70 Mld.
Io ritengo che le scelte deve farle il mercato tra aziende in concorrenza. Per altri invece la rete dovrebbe essere unica e controllata dallo Stato: la scelta UBL=FTTH è funzionale a questo obbiettivo politico.
Lei parla di visione: ecco su questo ritengo di averla, precisa e motivata.
Grazie per il suo interesse, e un caro saluto
Franco Debenedetti