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→  novembre 30, 1995


Quella delle banche è, di tutte le privatizza­zioni, la più impor­tante. Per i cittadini, la garanzia che i pro­pri risparmi siano ge­stiti in modo sicuro ed efficiente è più importante che non po­ter scegliere tra due servizi telefonici in concorrenza tra loro; per le aziende il costo del danaro è più importante che il co­sto dell’energia elettrica; per le nuove iniziative la disponibilità di finanzia­menti è più determinante che l’apertu­ra di nuovi spazi di attività.

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→  novembre 23, 1995


A un anno dall’emanazione della direttiva volta a indurre le fondazioni a di smettere le partecipazioni bancarie, Dini ha ammesso che bisogna cambiare metodo: «La proprietà di molte banche rimane ancora pubblica – ha detto a Bologna il 4 novembre – dunque abbiamo percorso solo metà del cammino. Se più di questo non poteva farsi nell’ambito delle leggi vigenti comincia ora a diffondersi la convinzione che dette leggi debbano essere riviste, al fine di trasformare gli enti proprietari e accelerare il processo di privatizzazione delle banche. Condivido il fine e non escludo che modifiche legislative siano necessarie». L’opportunità di agire con strumenti legislativi riceve così un autorevole avallo.

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→  novembre 4, 1995


C’è qualcosa di marcio nell’anima delle società europee» titolava il Financial Times del 9 luglio 1994. I casi, prima e dopo di allora, di gravi perdite riconducibili a errori o abusi dei manager, senza che i controlli funzionassero, si sono accumulati in maniera impressionante, portando in primo piano il problema della corporate governance, da cui prende le mosse Gianni Nardozzi battaglia perduta per la trasparenza’, Sole 24 Ore del 15 Ottobre) e che Il Sole ha affrontato in un’inchiesta pubblicata il 18, 21 e 26 luglio.

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→  novembre 4, 1995


Negli Stati Uniti quotare un’impresa si dice to go public: a indicare che una società quotata può essere ‘di tutti’. In Italia invece ciò che è pubblico è, per definizione, sottratto alla competizione per la proprietà, quel meccanismo che, consentendo alla persona più idonea di controllare l’impresa, permette al sistema di raggiungere l’efficienza ottimale. Questa osservazione linguistica di Giacomo Vaciago sembra adattarsi assai bene a due vicende recenti, la vendita della prima tranche di Eni e l’acquisizione della Hartmann&Braun da parte di Finmeccanica.

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→  novembre 1, 1995


La travagliata esperienza italiana con le privatizzazioni delle imprese pub­bliche ha messo in luce le carenze del nostro mercato dei capitali e l’assoluta necessità che gli investitori istituziona­li, vale a dire fondi di investimento, fondi pensione, banche e assicurazio­ni, sviluppino in tempi rapidi la pro­pria attività. Gli investitori istituzionali sono indispensabili per reperire ed organizzare le risorse richieste per l’acquisizione delle aziende da privatizzare. Sono anche indispensabili perché, al fine di ottenere l’aumento di efficien­za che ci si ripromette dal generale pro­cesso di liberalizzazione dell’economia occorre che la concorrenza operi non solo nel mercato dei beni e dei servizi, ma anche nel mercato dei diritti di pro­prietà. Questo è il ruolo degli investitori istituzionali nei mercati evoluti.

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→  novembre 1, 1995


Lo vuole la destra, lo vuole la sinistra, lo vuole il mercato, lo vuole il governo: ma non si fa. Privatizzare. intendo. Perchè?L’ovvia risposta è che privatizzare in sé non significa nulla se non si dice come; schematizzando al massimo. in un parlamento in cui il 45 per cento volesse privatizzare le aziende come sono, un altro 45 per cento volesse totale liberalizzazione, e un 10 per cento si opponesse comunque, non si può formare una maggioranza favorevole.

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