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→  giugno 23, 1996


Ai nuovi governi, negli altri Paesi, si concedono i conto giorni di lima di miele; ai nostri si concede un solo colpo in canna: i loro primi atti ne marca­no successi o insuccessi, fortune o disgrazie. Differenza cui non è probabilmente estranea la trasversalità di certi temi rispetto agli schieramenti politici, con le forze liberalizzatrici disperse tra pds e fi, quelle centrastico-con­servatrici arroccate in rc e an. Così è stato per Amato e Ciampi, che riuscirono tirando bene li pri­mo colpo. Così accadde a Berlu­sconi, che lo fallì nello scontro tra entusiasmi da campagna eletto­rale e realtà sociale del Paese. Così fu per il governo Dini, mar­cato sul nascere dall’obbiettivo di annacquare il progetto di riforma pensionistica. Quanto al governo Prodi, è un governo politico con maggioranza politica, ma la rego­la – Maastricht in vista – vale anche per lui.

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→  giugno 18, 1996


Al convegno di Cernobbio l’intenzio­ne manifesta degli ambien­ti imprenditoriali è stata quella di mandare un se­gnale molto preciso al go­verno Prodi. A poche ore dalla presentazione in con­siglio dei Ministri della ma­novra correttiva, premessa alla finanziaria che il gover­no si è impegnato a far conoscere nelle sue linee ge­nerali entro luglio; a pochi giorni dalla conferenza di Firenze, chiamata a ratifi­care gli ultimi indirizzi con­cordati in sede Ecofin, il se­gnale più preciso è stato quello di fare presto: “I gra­dualismi non pagano”.

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→  giugno 1, 1996


C’è da scommetterci: l’impegno alle priva­tizzazioni avìà la sua brava evidenza nel program­ma del governo Prodi. Ma la mia opinione è netta: l’impegno sarà efficace solo se l’obiettivo della restituzione al privato delle imprese di Stato sarà diverso da quelli sin qui esplicitati. Se il fine delle privatizzazioni fosse sistemico rispetto alle condi­zioni del Paese, esse dovrebbero essere accompagnate da decise liberalizzazioni, volte a rendere i mercati concorrenziali e le imprese contendibili. Ciò in Italia sinora è mancato, mentre al contrario poteva rappresentare la risposta più immediata al problema di come reintrecciare l’ordito asfittico della finanza italiana con quello dello sviluppo. E potrebbe essere una delle più grandi chances per il governo Prodi imboccare con decisione questa strada, che potrebbe contribuire al rating di fidu­cia internazionale dell’Italia quasi se non quanto le manovre di finanza pubblica.

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→  aprile 2, 1996


«Liberisti battete un colpo», ha chiesto «Il Sole 24 Ore» del 27 marzo, traendo spun­to dalla «liquidazione im­propria sotto l’urgere del crack» predisposta dal Teso­ro per il banco di Napoli. Interrogandosi, alla fine, su quale sarebbe stata la posizione del Polo e dell’Ulivo di fronte alla vicenda, para­digmatica del perdurate dei salvataggi pubblici a fronte di disastri pubblici.

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→  febbraio 9, 1996

Roma, 9 febbraio 1996

Convegno: ‘Se ci fosse Don Sturzo’

Amici di liberal

Invitato a parlare dell’attualità del pensiero di Luigi Sturzo in materia di economia, non essendone conoscitore né per ragioni storiche né per studi accademici, mi ritengo dispensato dal compito di delinearne, proprio qui, e proprio di fronte a tanti che ne sono studiosi esegeti e interpreti autorevolissimi, l’impianto teoretico e la ricchissima articolazione: dall’esperienza municipale a Caltagirone, attraverso la fondazione del Partito popolare, l’esperienza parlamentare, l’opposizione al fascismo, gli approfondimenti durante il lungo esilio, fino alle battaglie politiche dei suoi ultimi sette anni.

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→  febbraio 2, 1996


Il proposito di vendere subito e separatamente le quote di partecipazione dell’Iri nelle società quotate facenti capo al gruppo Stet si è fatta dunque strada nei vertici dell’Iri. Chi questa tesi sosteneva fin dal 1992 non si rallegra che a ciò si sia giunti sotto la pressione dei debiti anziché per ragioni a suo tempo avanzate: ampliare il sistema industriale italiano, rafforzare la Borsa, dare trasparenza nei rapporti di fornitura infragruppo, aumentare la concorrenza.

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