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→  luglio 6, 2019


«Il liberalismo è obsoleto», dice Putin: ovvio che è falso, scontato che sia condiviso dai leader sovranisti e dai loro sostenitori. E le opposizioni? Comprensibili certe critiche, controproducenti i rimedi che finiscono per coincidere con quelli sovranisti, non giustificabili le critiche radicali contro l’ultima innovazione che il liberalismo ha regalato al mondo, l’economia digitale. Se dichiara obsoleto il liberalismo chi non lo pratica, fa propaganda. Se lo dice chi nel liberalismo vive e del liberalismo gode i frutti, fa correre il rischio che obsoleto possa diventarlo.

→  luglio 5, 2019


«Il liberalismo è obsoleto» ha detto Vladimir Putin nell’intervista al Financial Times del 26 giugno. Vero o non vero, la corte del Cremlino non è qualificata per emettere simili verdetti.

Non lo è in punto di economia: il Pil della Russia solo nel 2020 raggiungerà quello della Germania, che non ha le sue risorse minerarie, e che avrà una popolazione di 83 milioni di abitanti, contro 144 della Russia. La crescita, da quando Putin è tornato al Cremlino, è dell’1,1% annuo, da 5 anni il reddito delle famiglie è in calo.

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→  giugno 27, 2019


«È per colpa dell’austerità imposta dall’Europa se i nostri conti non sono in ordine»: come Alberto Alesina e Francesco Giavazzi dimostrano in modo inconfutabile, il contenuto di verità della frase è nullo. Ma in bocca a un personaggio come Matteo Salvini è la pietra filosofale che trasforma il piombo delle inevitabili conseguenze negative di una politica basata su quel presupposto nell’oro dei voti alla fine di una campagna per ora solo per i sondaggi in attesa che diventi per i voti veri e propri. Quando, forse neppure Salvini lo sa: ma sembra difficile che egli lasci che a eleggere nel 2022 il successore di Sergio Mattarella al Quirinale siano Camere dove il M5S ha il maggior numero di parlamentari. Con il che per 7 anni non ci saranno più ostacoli all’occupazione con persone allineate delle posizioni chiave nell’amministrazione, nelle autorità di regolazione e di controllo. Nel frattempo questa falsa spiegazione dei nostri mali si sarà diffusa nella popolazione, influenzandone non solo le scelte elettorali, ma le decisioni e le scelte di vita: quanto tempo ci andrà perché quei veleni vengano metabolizzati? Le vicende dell’Argentina dei decenni passati, e quelle del Venezuela di oggi, sono a ricordarci che i tempi e le sofferenze possono essere senza fine.

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→  giugno 13, 2019


I DIECI COMANDAMENTI DELL’ECOLOGIA ITALIANA
a cura di Carlo Cottarelli e Alessandro De Nicola
Rubbettino, 2019

INDICE

Prefazione di Lorenzo Infantino

Introduzione di Carlo Cottarelli e Alessandro De Nicola

Carlo Cottarelli
PRIMO COMANDAMENTO
Spendi meno e, soprattutto, spendi meglio

Dario Stevanato
SECONDO COMANDAMENTO
Riforma l’Irpef

Giuliano Cazzola
TERZO COMANDAMENTO
Pensioni: Non santificare troppe feste

Paolo Belardinelli e Alberto Mingardi
QUARTO COMANDAMENTO
(Stato) medico, cura te stesso

Franco Debenedetti
QUINTO COMANDAMENTO
Per un’ecologia dei social media

Alessandro De Nicola
SESTO COMANDAMENTO
Non adorare il Vitello d’oro: la strana idolatria italiana dello Stato imprenditore

Marco Ponti e Francesco Ramella
SETTIMO COMANDAMENTO
Trasporti: tassa e spendi meno. Puoi e devi

Carlo Scarpa
OTTAVO COMANDAMENTO
Rendi l’università più efficiente

Simona Benedettini e Carlo Stagnaro
NONO COMANDAMENTO
Non desiderare la rendita d’altri

Giuseppe Lusignani e Marco Onado
DECIMO COMANDAMENTO
Ricorda di trasformare banche e finanza dopo la crisi

Note

Gli autori

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→  maggio 18, 2019

Intervista di Antonio Gnoli

La fuga in Svizzera nel 1943 per salvarsi dal nazifascismo, la laurea in ingegneria e la passione per la musica. Il lavoro in Olivetti con il fratello Carlo e la volta che dissero no a Steve Jobs: “Sbagliammo? Oggi è facile dirlo, ma era un modello non esportabile in Italia”


Le Tappe
La famiglia
Franco Debenedetti nasce nel 1933 a Torino. La famiglia paterna appartiene alla comunità ebraica di Asti e nel 1943 si rifugia in Svizzera.

La politica
Dopo la laurea in ingegneria, lavora nell’azienda paterna, alla Fiat e poi all’Olivetti. Nel 1994 viene eletto al Senato, vi rimarrà dodici anni

I libri
Tra i suoi titoli: Scegliere i vincitori, salvare i perdenti (Marsilio), La guerra dei trent’anni, scritto con Antonio Pilati (Einaudi), Il peccato del professor Monti (Marsilio)

Con quel ciuffo, che pare un’onda bianca che si infrange sullo scoglio, Franco Debenedetti conserva tracce giovanili. È magro, alto, con mani grandi e polsi da catena di montaggio. Franco è il fratello di Carlo De Benedetti, presidente onorario del Gruppo Editoriale Gedi, proprietario di Repubblica:«Abbiamo lavorato a lungo insieme, momenti entusiasmanti, e anche duri. È la vita dell’imprenditore, satura di rischi», dice Franco. Chiedo se lui si senta imprenditore. Mi guarda perplesso poi precisa: «Preferisco definirmi un teorico dell’impresa. Ho scritto libri sulla politica industriale, detestando e criticando il modo con cui spesso è stata gestita».

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→  maggio 17, 2019


Al direttore.

Vent’anni fa le grandi banche svizzere accettarono di versare $1,25 miliardi ai sopravvissuti ai campi di sterminio per chiudere la vertenza sui fondi di giacenza di superstiti dell’Olocausto o dei loro discendenti. Le banche erano incolpate di non aver ricercato o di non averlo fatto con adeguati mezzi e impegno, gli aventi diritto, se c’erano, di quei fondi. Fondi dormienti sono anche quelli depositati presso le banche italiane. Ovviamente nessun paragone, ma solo analogia in una questione giuridica.

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