Referendum, serve solo un no

gennaio 22, 2003


Pubblicato In: Giornali, La Stampa

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Il voto sull’art. 18

Vedete? c’è ora la tentazione di dire a sinistra, ecco la prova: con il suo referendum Bertinotti dimostra la sua “oggettiva” consonanza con Berlusconi. Prova non convincente, tentazione pericolosa. Perché rimproverare proprio a Rifondazione inflessibilità e spregiudicatezza nel cercare visibilità, quando quotidianamente ne dànno prova i partiti dell’Ulivo? E perché spostare il tiro sul bersaglio sbagliato, quando è stata la battaglia dalla CGIL in nome dei “diritti” a creare i presupposti per l’iniziativa referendaria?

A fare il “regalo” a Berlusconi non saranno Bertinotti e Rifondazione, ma gli elettori del centrosinistra che voteranno “si’”. Per evitare di essere additati come estremisti radicali, basta una vigorosa campagna per il “no”, che riduca il surplus dei “sì” rispetto alla consistenza di RC più Verdi. In tutte le coalizioni ci sono minoranze che dissentono su questioni specifiche, anche la Casa delle Libertà ha i suoi problemi. Neanche il Governo, sul tema dell’art. 18, ha di che menar vanto: il Patto per l’Italia sospende il reintegro automatico solo per due anni e solo per le imprese che superino la soglia dei 15 dipendenti. Doveva essere una battaglia epocale, è finita con questa “riformicchia”, che Berlusconi a fine anno ha dichiarato di voler accantonare. Respingere un referendum estremista non è una vittoria per nessuno: anche al governo non basta dire no.
Perché quindi escludere la possibilità di una legge, non per evitare il referendum, ma per ridurre le rigidità del nostro mercato del lavoro? C’è il mio disegno di legge, che prevede un risarcimento per il lavoratore licenziato per giustificato motivo economico, e unifica il mercato del lavoro, raddoppiando la platea di chi ha una tutela. C’è il progetto ricalcato sul modello tedesco – che Pietro Ichino ha riproposto come second best – di consentire al giudice l’opzione di un risarcimento entro un massimale fissato per legge. La soluzione fu proposta a Piero Fassino fin dal novembre 2001: ma chi avrebbe potuto, in quei mesi, opporsi alla inossidabile chiusura di Cofferati, ad una CGIL che già puntava a portare 3 milioni di persone al Circo Massimo? La legislazione tedesca sul licenziamento è oggi criticata perfino dal ministro Clement, e forse verrà modificata. In tal caso, riprendendola nella sua attuale formulazione, In tal caso, se noi la riprendessimo nel nostro ordinamento, saremmo sempre il paese europeo con la massima rigidità in uscita.

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