RAI ai privati – Sfida a sinistra

giugno 18, 2003


Pubblicato In: Giornali, La Repubblica

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Lettera a La Repubblica

Caro Direttore,

l’opposizione è unita nel denunciare il progressivo controllo del Governo sulla Rai: l’ oligopolio televisivo assomiglia sempre più a un monopolio. C’è chi vi vede una minaccia allo sviluppo di un settore vitale per l’economia, chi un pericolo per il pluralismo, chi i prodromi di un regime. Gli accenti sono diversi, ma il problema e’ unico. E va risolto.

Non lo risolveranno denunce, proteste, e girotondi. Neppure l’indignazione per l’ostracismo decretato da Sofia contro Biagi e Santoro, che aveva scandalizzato perfino il Foglio, è riuscita ad ottenere che ritornassero sugli schermi. Né le denunce dissuaderanno il Governo dal prendere il controllo sulle strutture aziendali, selezionando del personale dirigente: una prassi in auge da decenni, a cui si aggiungono i riflessi automatici di tanti personaggi della TV pubblica, in cui il darwinismo aziendale ha selezionato un’acuta sensibilità per la direzione del vento. La strada della protesta non ha portato e, temo, non porterà a nessun risultato.
Il problema non esisterebbe se Berlusconi avesse risolto il suo conflitto di interessi vendendo Mediaset; ma Berlusconi non vende. In questa situazione bloccata si presenta oggi un fatto nuovo: una finestra di tempo per un’iniziativa politica del centrosinistra che, lasciando impregiudicata la questione del conflitto di interessi, porta subito dei vantaggi, tagliando il legame con la politica che continuerà a penalizzarci (almeno fino al 2006), e creando la concorrenza a Mediaset. Nell’unico modo possibile: privatizzando la RAI.
Tra due o tre settimane andrà in aula al Senato il ddl governativo sul riassetto del sistema delle comunicazioni. La norma prevede la privatizzazione della RAI, tutta intera e integra, senza scissioni. Manca un “dettaglio”: la data in cui lo Stato deve vendere l’ultima azione. La data: questa è l’unica cosa che noi dobbiamo chiedere. E che sia entro metà del 2005, con sufficiente anticipo sulle elezioni politiche. Una proposta secca, comprensibile, facilmente comunicabile.
Il testo governativo ha difetti, ma questa data, da sola, porterebbe risultati concreti. Il centrosinistra, compatto, dovrebbe chiederla senza porre condizioni e senza offrire appigli. La richiesta varrebbe a smascherare l’ambiguità di chi inizia, ma non vuole finire, di chi accetta la concorrenza, purchè il più tardi possibile, e comunque solo dopo le elezioni. Una richiesta che, o fa vincere la partita e risolve il problema; o fa guadagnare un punto di fronte all’opinione pubblica, dimostrando la doppiezza della proposta governativa.
Conosciamo il centrosinistra: il pregiudizio a favore del pubblico, la diffidenza per il mercato, il “partito-RAI”. Ma il consenso si può formare. Sotto sotto, circola l’idea che tenendo aperto il fronte, coi toni aspri si guadagni consenso presso l’elettorato moderato. Ma il “tanto peggio tanto meglio”, strategia non vincente per un’opposizione esclusa dalla prospettiva di Governo, è perdente per un’opposizione che al Governo vuole ritornarci. E’ intollerabile quando si denuncia il “rischio per la democrazia”: più lo si considera incombente, più si ha il dovere di mettere da parte pregiudizi e interessi, per avere il coraggio di una decisione.
Caro Direttore, il suo giornale si è guadagnata la leadership nel centrosinistra; il ceppo da cui nasce il gruppo l’Espresso è stato protagonista di grandi battaglie di democrazia e di modernità: vuole fare sua questa battaglia? Vuole impegnare la sua autorevolezza? E’ una battaglia importante. Rapida: due o tre settimane. Semplice: basta una data.

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