Perchè un quadro di Pollock vale oro e la classica vale zero

gennaio 18, 2011


Pubblicato In: Giornali, Vanity Fair


da Peccati Capitali

Perché le opere d’arte contemporanea attirano compratori alle aste e visitatori alle mostre, e invece la musica classica contemporanea è dai più considerata indigesta? Perché un quadro di Jackson Pollock è il più costoso del mondo, e invece un pezzo di musica dodecafonica viene infilato tra un Bach e un Brahms, anziché nell’ordine cronologico, per evitare il fuggi fuggi? Non è forse, insinua Alex Ross su Repubblica, perché ad essere sbagliato è il modo con cui ci si avvicina alla musica “classica”, quasi fosse una fonte di bellezza consolatoria? E immagina l’ira di Beethoven se avesse saputo che “la sua musica sarebbe stata diffusa nelle stazioni ferroviarie per sedare i pendolari e allontanare i delinquenti”.

Azzardo una spiegazione: un quadro lo percepiamo tutto intero in un solo colpo d’occhio, mentre per l’ascolto musicale è essenziale trattenere nella memoria quello che si è sentito prima. La musica si svolge nel tempo. Le forme della musica “classica”, dalla fuga alla variazione, dalla sonata all’opera wagneriana, sono costruite in modo da rendere facile trattenere nella memoria melodie e ritmi, e consentire così di seguire le loro metamorfosi. Questi procedimenti apparvero, all’inizio del ‘900, stucchevoli: la risposta fu la musica dodecafonica, in cui il discorso musicale si svolge secondo modelli più astratti, tanto che a volte la lettura della partitura deve venire in aiuto all’ascolto.

Ogni opera d’arte è in qualche modo la negazione di quelle precedenti: nel caso di molta musica scritta per buona parte del secolo precedente, la negazione riguarda proprio il modo di ascoltarla.

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