Perchè la destra è repellente e la sinistra è tanto carina

ottobre 4, 2010


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di Giuliano Ferrara

Ci sono cose insopportabili al gusto del mondo. Una di queste è la destra. La destra che parla a voce alta, che pretende di avere dei diritti, che strepita e gesticola e magari bestemmia, oppure che prega e assume pose devote. Bestemmia o preghiera, aggressività o vittimismo, non importa.
La destra è sempre repellente. Non corrisponde al canone del mainstream, dell’ideologia corrente. Una volta è troppo ignorante. Un’altra volta è sofisticata in modo luciferino, è cultura caduta dall’empireo delle buone intenzioni solidali, è esoterismo, elitismo. La destra non piace al punto che contro di lei è eccitante la bastonatura.

Uno scrittore colto e sottile come Francesco Merlo, in preda alla passione più sfrenata, può scrivere contro Berlusconi come i migliori polemisti fascisti degli anni Trenta contro i loro idoli plutocratici: vale la bassa statura, vale l’età, vale tutto il repertorio dell’assalto sprezzante, in attesa dell’esecuzione. Ma non è un fenomeno italiano: il sorvegliato harvardiano presidente Obama parla della Fox News, intervistato da Rolling Stone, come di una cattiva maestra che avvilisce l’America, e una giornalista whistleblower, una che prende appunti e prepara per anni la delazione, mobilita con le sue denunce le autorità di sorveglianza e controllo politicamente corrette per entrare nel mondo televisivo di Murdoch, che ha colpevolmente reso popolare la destra delle radio e dei tea party vincendo sulla concorrente Cnn, e possibilmente distruggerlo. Contro la destra è autorizzato e premiato il tradimento.
La slealtà diventa una virtù, se è per combattere la destra. La destra kaputt. La destra economica, quella religiosa, quella culturale, quella politica pagano qualcosa che va al di là del loro stesso profilo, del loro modo di essere, della loro funzione sociale. Fino a poco tempo fa si pensava che fosse il lascito della seconda guerra mondiale e in genere dei danni storici che le destre del Novecento hanno arrecato all’umanità e alla pace. Ma non può essere così, visto che il XXI secolo è un tempo che viene dopo, post per definizione, che non ha più alcun vero rapporto con il fascismo nemmeno nella propria memoria.
Tutti sanno che le migliori idee dopo il New Deal sono venute dalla destra liberista e libertaria, che si tratti di tasse, libero commercio, promozione dei consumi, analisi sociale, filosofia dell’autonomia individuale, della responsabilità e della libertà del cittadino. Nessuno può negare che l’idea di riformare fede e liturgia è vincitrice assoluta nel mondo moderno ipersecolarizzato, ma proprio nel suo prevalere ha incontrato un devastante fallimento spirituale sia in ambito cattolico sia in ambito protestante, mentre i cultori severi dell’ermeneutica della continuità, i cattolici papisti che hanno seguito e letto Wojtyla e Ratzinger, i cristiani che non temono, non offendono, non rigettano la tradizione, hanno sempre qualcosa di nuovo e di insolito da dire. Il paradigma culturale di sinistra è banalmente consumista, festivaliero, è premiopoli e party continuo, anche e soprattutto sotto le sembianze della sofferenza e della lotta, mentre lo scavo aspro e segreto dei migliori scrittori e filosofi insofferenti all’omologazione liberaldemocratica del mondo ha avuto qualcosa di eroico, di ribaldo e anche di sexy. Non per nulla i migliori della cultura di sinistra sono lì da anni, come Cacciari, a fare i conti con tutte le possibili varianti del pensiero negativo. E in politica non è difficile vedere quel che si vede: da un lato la trasparenza decisionista e populista, dunque il prendere sul serio popolo ed elezioni, dall’altro le retoriche del patriottismo costituzionale e dell’establishment oligarchico che si allea con i poteri neutri e con il circuito mediatico-giudiziario.
Eppure, nonostante tutto questo, la sinistra si guadagna la pagnotta della simpatia universale, la destra in ogni campo soffre di una forma di disprezzo pubblico che è poi il nucleo dell’ideologia dominante.

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