Perché bisogna dirgli grazie

marzo 15, 2002


Pubblicato In: Giornali, Panorama


Ebbene sì: confesso che io ho una ragione personale di essere grato a Roberto Colaninno.

Perché quando parlo di privatizzare, ENI o Enel, la RAI o la Posta, a chi mi obbietta che è inutile proporre di vendere quando non si vede nessuno che possa comperare, grazie a lui posso ribattere che, se qualcosa è davvero in vendita, ci sono in Italia tante Mantove da cui può uscire un ragionier Colaninno, che i soldi li trova, si fa avanti e sorprende tutti.

E fa guadagnare il mercato: il 50% del capitale passato di mano in occasione dell’OPA realizzò 11,50 euro per titoli che aveva pagato sui 6.50 (e sulle plusvalenze il fisco lucrò 8000 miliardi di lire).

Alcuni subito mi faranno notare che l’avventura di Colaninno durò poco più di due anni, dunque che queste avventure sono intrinsecamente instabili. Al contrario, ciò che ha destabilizzato Colaninno, oltre ad alcuni errori, è stato proprio l’avere a sua volta cercato di blindare il controllo. E poi, è un dato di fatto che quella instabilità ha prodotto stabilità: Marco Tronchetti Provera ha potuto costruire un grande gruppo italiano nelle comunicazioni, e può trarre motivo di tranquillità guardando i risultati di esercizio e l’indebitamento dei suoi rivali Deutsche Telekom e France Télécom…

Questo Governo, come i lettori di Panorama forse ricordano, proprio su queste colonne aveva promesso, per bocca di Antonio Marzano, “privatizzeremo tutto e subito”.

Dopo un anno in cui il “tutto” è circa “niente”, ora Giulio Tremonti ha riattivato il comitato per le privatizzazioni, e l’ha affidato a Domenico Siniscalco, che dell’operazione Telecom conosce fasti e nefasti. Ed è guardando al futuro, alle cose da fare, che io vorrei qui ricordarne gli insegnamenti: che una Borsa come la nostra ha saputo gestire un’operazione record; che funziona il modello di privatizzazione teorizzato da Mario Draghi, una prima tappa con un “nocciolino duro” seguita da una in cui è il mercato a stabilire valori e assetti proprietari.

Ma soprattutto che i mercati competitivi hanno una inesauribile capacità di scoperta: a patto che il potere politico non metta ostacoli e non frapponga veti.

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