"No Dumping, subito"

ottobre 1, 2003


Pubblicato In: Varie


“Tocca ai paesi ricchi aprire per primi le loro economie alle importazioni, sui prodotti agricoli come su quelli tessili” – Intervista al Senatore Franco Debenedetti

Franco Debenedetti è uno di quelle persone che non solo sono considerate da sempre dei “liberal”, all’interno della sinistra storica, ma che stanno decisamente a metà strada tra politica e società. E non solo perché Franco è il fratello di Carlo De Benedetti (il patron della Repubblica e dell’Espresso, meglio noto come “l’Ingegnere”), ma soprattutto perché Franco – 70 anni elegantemente portati, torinese, ingegnere a sua volta – tutto sembra tranne che “un” politico di professione, nonostante sieda in Parlamento dal 1994.

Diessino e ulivista convinto, Debenedetti appartiene alla schiatta dura e pura dei “liberal” o “ultrariformisti”, come li si usa chiamare, quelli – insomma – che per le loro posizioni (sull’articolo 18, le pensioni, la riforma del mercato del lavoro, la globalizzazione) vanno spesso più d’accordo con i liberal del centrodestra che con l’estrema sinistra. Non a caso, i suoi commenti sono ospitati, e ben volentieri dal Foglio e dal Riformista più che dall’Unità e simili. Mentre sta preparando con i soci fondatori di “LibertàEguale” (Enrico Morando, Michele Salvati, Claudio Petruccioli, Luciano Cafagna ecc.) l’annuale convegno della sua componente (quest’anno si terrà a Orvieto dal 4 al 5 ottobre), Debenedetti non perde occasione d’intervenire sui temi “caldi”. Lo ha fatto di recente dalle colonne del Corriere della Sera prendendo spunto da un articolo di Giovanni Sartori che a conclusione (fallimentare) del Wto a Cancun ha aridtamente sostenuto che `«I paesi poveri sono poveri perché malgovernati». Debenedetti ha risposto prontamente, specie quando il professor Sartori ha scritto che «i sussidi all’agricoltura dei paesi ricchi difendono i nostri contadini».

Vita: Allora senatore Debenedetti, questi sussidi alle esportazioni per l’agricoltura servono o no?
Debenedetti: Sono un gravissimo errore. Distorcono il sistema dei prezzi, quindi le scelte sia dei produttori che dei consumatori, sia il mercato interno europeo sia quelli internazionali. n Europa e un effetto distorsivo sui mercati internazionali. La scelta di dedicare ad essi il 40% ( era l’80%) del budget comunitario é dubbia e inefficiente. Per quel che riguarda l’effetto sui Pvs, poi, i sussidi sono fortemente penalizzanti: perché a causa dei sussidi si crea una sovrapproduzione che viene smaltita sui mercati dei PVS a prezzi di dumping, mettendo fuori mercato i contadini di quei paesi. Ai quali invece bisognerebbe offrire la possibilità di vendere nei paesi ricchi. I quali invece non solo sussidiano la loro agricoluta ma la proteggono dalla concorrenza con dazi. Così dando anche il cattivo esempio: tant’é che molti paesi poveri mettono dazi doganali anche tra di loro, come faceva notare il Financial Times. Una guerra tra poveri che li rende ancora più poveri. Tocca ai paesi ricchi aprire per primi le loro economie alle importazioni, sui prodotti agricoli come su quelli tessili, e innescare un generalizzato processo di riduzione di dazi.

Vita: Da qui la sua polemica con Sartori…
Debenedetti: A dir la verità lo spunto alla mia replica all’articolo di Sartori sul Corriere riguarda un’altra parte del suo articolo, che però costituisce il centro del suo ragionamento. E che mi é sembrato…bizzarro. Dice Sartori in sostanza: siccome a causa dei cambiamenti climatici sta progredendo la desertificazione di mote sono dell’Africa, l’agricoltura europea potrebbe rappresentare tra non molti anni una provvidenziale riserva per quei paesi. Prima di tutto non é detto che l’aumento di temperatura produca desertificazione – in secoli passati é stato il contrario -. E poi non vedo il senso di fare sovrapproduzioni in Europa e spiazzamento dei contadini nei PVS per un’eventualità che non sappiamo quando e se si verificherà ed in che modi.

Vita: Oddio, ingegnere, mica ora mi diventa un no global anche lei?
Debenedetti: Niente affatto. Alcuni dicono che Cancun sia fallito anche per una cattiva impostazione del negoziato, per ragioni ideologiche oltre che di interesse. Comunque credo che tutti si stanno accorgendo che é un male. Strumenti come il Wto servono, non vanno contestati, anzi: se sono faticosi é anche perchè si decide all’unanimità. Cioè democraticamente. Ma soprattutto quelli conclusi al WTO sono trattati multilaterali. I trattati bilaterali sono più facili da concludere, ma lì gioca inevitabilmente la forza del paese più potente. Per questo le contestazioni dei no global alle istituzioni di democrazia e governo economico internazionale, da Seattle in poi, le giudico un grave errore. Liberalizzare i mercati é interesse di tutti, tocca ai paesi ricchi riprendere pazientemente la strada. Contro gli egoismi in casa, le incomprensioni di altri paesi. E contro le contestazioni dei no-global..

Intervista di Ettore Colombo.

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