Le dimissioni di Fassina sono un atto politico con ben altre motivazioni

gennaio 5, 2014


Pubblicato In: Giornali, Huffington Post


Chi? Chi esce come protagonista nella battaglia del “Chi?”? Chi è Zidane e chi Materazzi?
Come reazione, le dimissioni di Fassina sono poco comprensibili: non si reagisce a chi pensi ti abbia fatto un fallo, colpendo uno, Letta nella fattispecie, che nella vicenda non c’entra nulla. Che le idee di Fassina siano distanti da quelle di Renzi su quasi tutti i temi, uno per tutti il lavoro, lo sanno fin le pietre: se era per questo le dimissioni era un po’ che avrebbe dovuto darle. Il “chi?” non ha aggiunto nulla a cose note.

Anche a voler dare all’espressione tutto il peso di sarcasmo, perfin di disprezzo di cui si è venuta caricando con l’uso (da Craxi a Santoro), sull’altro piatto della bilancia sta il rapporto fiduciario con il capo del governo: rapporto che quindi deve pesare ben poco. Senza parlare delle difficoltà che le sue dimissioni creano al Governo.

Certo, Fassina sa che sta ricoprendo un ruolo a cui era stato designato da una segreteria che è uscita perdente dalle primarie; certo c’è il disagio di un rapporto difficile con il proprio ministro. Ma sono altri “vasi”, e quindi il “chi?” non è la goccia che li può far traboccare. Non c’è santo, il “chi?” è un pretesto abilmente colto per dare risonanza a un atto politico le cui motivazioni vanno cercate altrove.

Fassina è un politico: se ha dato le dimissioni è perché pensa che al gioco politico nel futuro prossimo si partecipi stando non nel governo, ma nel partito. In prima battuta, perché nel governo aveva solo il ruolo di sottosegretario; ma il sottinteso è che il governo non è più il centro motore della politica, e le cose che contano avvengono altrove. Non era così prima, da questo punto di vista le sue dimissioni sono il migliore riconoscimento al ruolo che Renzi ha saputo assumere.

In questa partita Fassina ritiene di poter svolgere un ruolo importante. Cuperlo congelato dalla carica istituzionale, Civati condizionato dall’avere un suo uomo in posizione nominalmente importante in segreteria, Fassina ha tutte le carte in regola per giocarsela all’interno del partito. Pensa di potere avere il ruolo di antagonista interno di Renzi che gli avversari di Renzi alle primarie, per un motivo o per l’altro, non sono in condizione di svolgere. L’offesa ricevuta, i malumori con Saccomanni, il disagio di rappresentare nel Governo il partito che c’era e non quello che c’è, sono tutte giustificazioni per una decisione politica. Un po’ pretestuose le giustificazioni, del tutto legittima la decisione.

Per potersela giocare con Renzi, Fassina dovrà prima vedersela con chi vuole mettersi alla testa degli oppositori di Renzi. E chissà, un giorno o l’altro potrebbe toccare a lui dire, tanto per fare un nome: “Orfini, chi?

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