La trappola di Fausto

maggio 30, 2002


Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore

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Da Bertinotti la proposta per un referendum sull’art 18.

“Come se la lezione francese non fosse bastata”: è risaputo che la sinistra, divisa, perde. Stupefacente che, a dirlo, sia Fausto Bertinotti: leggere, per credere, la sua intervista a Repubblica di ieri. Stupefacente ricordando il passato, la caduta del governo Prodi, il mancato accordo sulle candidature al Senato nelle ultime elezioni; ancor più stupefacente detto a proposito del referendum per cui Bertinotti vuole raccogliere le firme, un referendum con cui si chiede che venga abrogata la norma per cui l’art. 18 non si applica alle aziende con 15 dipendenti o meno.

E’ un’iniziativa giocata tutta sulla divisione della sinistra. Ad essa hanno per ora aderito la Fiom di Claudio Sabattini e Sinistra 2000 di Cesare Salvi, e i Verdi di Pecoraio Scanio.
La legge pone il 30 Settembre come data limite per la raccolta di firme per i referendum che si svolgeranno l’anno successivo. Così, se il Governo ritarda l’introduzione delle modifiche dell’art.18 dello statuto dei lavoratori, non potrà essere indetto l’altro referendum, quello che si propone di cancellarle, e che sarebbe proposto da tutto l’Ulivo. E in tal caso, se Bertinotti e soci riusciranno a raccogliere le 500.000 firme entro la data limite fissata per legge entro il 30 settembre, il loro sarà l’unico referendum che si terrà nel 2003.

E’ scontato che il referendum sarà respinto: basta considerare la struttura dimensionale del nostro sistema di imprese, il numero delle mini e microimprese. Questo Bertinotti lo sa benissimo. Poco gli importa che questa iniziativa serva anche a fare uscire il Governo da una vicenda impostata male e condotta peggio. Il suo obbiettivo è quello di creare intorno a Rifondazione un’area più ampia di consensi, pescando nella sinistra radicale e quei “ceti medi riflessivi” protagonisti negli ultimi mesi delle critiche a Fassino e D’Alema.
Ne deriva, per la sinistra antagonista, una win-win proposition; per la sinistra di governo, una trappola diabolica. Perché: se la sinistra di governo non condanna l’iniziativa di Bertinotti e non se ne dissocia, verrà schiacciata a sinistra da Berlusconi, il quale potrà a buon diritto dire che questa è l’iniziativa di tutta l’opposizione. Se invece la sinistra di governo si dissocia, la sinistra antagonista avrà l’ennesima occasione per mostrare un peso politico superiore a quello che ha realmente nel paese. In entrambi i casi una sconfitta per la sinistra di governo.

E’ quindi molto importante che i DS prendano una posizione netta, e che i leader si impegnino a fondo per spiegarne la ragioni. E’ importante che al silenzio di Sergio Cofferati, che nella sua intervista di domenica non ha degnato di una parola l’iniziativa di Bertinotti, diventi una esplicita dissociazione.
Certamente il tema dell’art. 18 tocca corde sensibili che riguardano il senso individuale di sicurezza, gli investimenti nel proprio presente, le visioni del proprio futuro. Ma usare strumentalmente questi temi caricandoli ideologicamente di significati impropri, è seminare vento. E’ seminare vento ripetere, come ossessivamente è stato fatto per mesi e mesi, che modifiche di legge che equiparino l’Italia ai paesi dell’Europa continentale di più radicate tradizioni socialdemocratiche, equivalgano a dare mano libera a licenziamenti ingiustificati e discriminatori. E’ seminare vento, innalzare il tono dello scontro ripetendo che sono in questione diritti fondamentali delle persone. Perché se l’art. 18 fosse posto a tutela di un diritto fondamentale, allora esso dovrebbe valere indipendente dal numero degli indipendenti, e in quel caso sarebbe difficile dar torto a Bertinotti..

Se l’opposizione ha solo da perdere da questo referendum, nemmeno la maggioranza ha di che trarne guadagno. Perché i veleni che si spargerebbero nel corso della campagna elettorale, aggiunti a quelli dei mesi passati, deteriorerebbero ulteriormente i rapporti all’interno della aziende, e le relazioni industriali arretrerebbero ai livelli di molti decenni or sono. E ciò non può che nuocere alla riprese dell’attività economica e alla ripresa degli investimenti e dell’occupazione, che sono il cardine su cui si fonda la politica del Governo. Un eventuale successo politico nelle urne non lo ripagherebbe di questa ben più grave contraddizione. Essa è la conseguenza della strategia minimalista adottata in materia dal Governo: ma le modifiche dell’art.18 che si volevano di impatto modesto e sono apparse contemporaneamente di basso profilo, ma insieme o un debito da saldare con Confindustria o una manovra per spaccare i sindacati.

Ora che Fassino ha incassato un confortante risultato elettorale, ha più forza per riprendere la linea che ha vinto a Pesaro. Nella riforma complessiva del mercato del lavoro – su cui ripartirà la trattativa con i sindacati – è più forte per sostenere una visione da “sinistra di governo”; si trova a dover decidere se questa visione dell’organizzazione del lavoro nelle imprese, e del ruolo dell’impresa nella società, sia più vicina alla proposta elaborata da Giuliano Amato e Tiziano Treu – e io ne sono convinto – oppure se debba far testo la controproposta già depositata dalla minoranza interna. Ma tutto questo passa per un no chiaro e motivato all’iniziativa referendaria dei Bertinotti.

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