Kkr non fa paura né a Draghi né a Tim. La versione di Debenedetti

novembre 23, 2021


Pubblicato In: Giornali


Intervista di Gianluca Zapponini a Franco Debenedetti

L’economista e saggista: basta con la fobia dello straniero, Kkr vuole investire e valorizzare un asset strategico per l’Italia. La rete unica non è un dogma, molto meglio una sana concorrenza tra i diversi operatori. Ora comincia la battaglia sull’Opa ma Draghi lasci il Golden power nel cassetto

Una Tim a trazione americana non è un problema, non può e non deve esserlo. Perché, in fin dei conti, che differenza tra un azionista francese o statunitense? Poca, dice in un modo che ammette poche repliche a Formiche.net Franco Debenedetti, economista e saggista, che le telecomunicazioni e i loro arcani li conosce bene. E poi, gli Usa non sono mica la Cina. Forse allora sarebbe il caso di non strepitare troppo, se il fondo americano riuscirà davvero a mettere le mani sull’ex Telecom a 0.50 euro ad azione o più (Vivendi, socio di riferimento al 24%, per ora ha detto no all’offerta a stelle e strisce) non sarà una tragedia.

Debenedetti, glielo chiedo subito, su due piedi. L’offerta di Kkr per Tim è una buona notizia?

Sì, lo è. Come ha chiaramente fatto intendere il governo, per bocca del ministero dell’Economia, se un grande fondo come Kkr decide di investire in questo Paese non può che essere una buona notizia, per Tim ma anche per l’Italia intera. D’altronde, chi paga apprezza. E Kkr è disposta a pagare.

Va bene, ma come la mettiamo con la rete unica. Una Tim a stelle e strisce che impatto può avere sulla creazione della società della rete?

Chiariamo subito un punto. Un ingresso di Kkr non cambierebbe nulla. Qualcuno mi spieghi perché un azionista americano al posto di uno francese può cambiare qualcosa. I problemi della rete e degli attori in campo, rimarrebbero esattamente gli stessi. A meno che…

…a meno che?

Qualcuno non voglia sfruttare l’occasione per sistemare un qualcosa che vuole da tempo sistemata diversamente dal modo attuale. Mi riferisco alla partita tra Tim e Open Fiber, e cioè al fatto di nazionalizzare la rete, o meglio ri-nazionalizzarla, per mettere tutto in pancia a Open Fiber. Ma perché questo pallino della rete pubblica? In tutti i Paesi d’Europa, tutte le compagnie derivanti dalle privatizzazioni degli ex monopoli, possiedono la loro rete. Perché tanti continuano da noi a sognare una rete di Stato, per giunta unica? Mi pare chiaro che qualcuno voglia cogliere l’occasione dell’Opa per rimescolare le carte e mettere tutta la rete sotto Open Fiber per nazionalizzare unificandola a quella di Open Fiber. Sarebbe un errore.

Immaginiamo che Kkr riesca nell’Opa su Tim. Chi sogna una rete unica dovrebbe abbandonare i suoi desideri?

Di per se non cambia nulla, vige ancora il memorandum of understanding che il governo di allora pretese che venisse firmato per consentire che Kkr rilevasse il 37,5% di Fibercop (nell’agosto 2020, ndr). Quel memorandum, poneva le basi per una rete unica, definendo i poteri dei due azionisti, Tim e Open Fiber. Di nuovo c’è che probabilmente se Kkr riesce nell’Opa, il fondo potrebbe avere l’interesse di quotare una società posseduta da Open Fiber e da Tim, sarebbe la stessa cosa che è Terna per l’energia elettrica, naturalmente si tratta di vedere le quote dell’azionista pubblico e privato.

Parliamo del Golden power. C’è chi lo sbandiera, chi lo vorrebbe pronto all’uso per impedire agli Stati Uniti di mettere le mani su un’infrastruttura strategica. Lei che dice?

Che bisogna stare attenti quando si parla di Golden power. Un conto sono le prescrizioni sulla sede, gli esuberi, gli investimenti. Ma questo vale per tutti, sempre, quando c’è un cambio di proprietà di una grossa azienda. Perché mai quello che andava bene con un francese non va bene con un americano? Capisco fosse un cinese, ma un americano… Un fondo azionario ha il solo scopo di investire e di vedere aumentare il valore del suo asset, mi spiega che problema dovremmo avere?

Dopo la pandemia un certo interventismo pubblico è venuto fuori…

Il Golden power c’è per evitare che aziende considerate strategiche diventino di proprietà di stranieri. Per mettere la bandierina dell’italianità una partecipazione della Cassa Depositi e Prestiti (cioè del governo) anche solo del 20% basta e avanza.

Chiudiamo su Vivendi, la grande co-protagonista. I francesi hanno bocciato l’offerta di Kkr. E adesso?

Gli americani le chiamano proxy fight e sono battaglie storiche. Chi raggranella il 51% vince. I francesi partono dal 24%, si tratta di capire come risponde il mercato. Cdp possiede 9,8% di Tim, domanda maliziosa: porterà questa quota all’Opa o no?

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