dalla rubrica Peccati Capitali
Dopo 89 giorni a Rebibbia e 9 mesi agli arresti domiciliari, di cui 4 con la proibizione perfino di aprire la finestra, la settimana scorsa Silvio Scaglia è stato “liberato”. Intanto é iniziato il processo che lo vede imputato, in quanto capoazienda di Fastweb, per la vicenda delle compravendita di carte telefoniche fasulle, le “frodi carosello” che hanno consentito ad altre aziende di sottrarre al fisco importi molto rilevanti.
Perché é stato messo in galera allora e liberato adesso? Quando è scoppiato il caso, Scaglia era in Brasile; tre giorni dopo si presentava spontaneamente ai magistrati. Che volesse fuggire era del tutto inverosimile un anno fa, ma non è che in teoria oggi lo sia di meno. Che potesse reiterare il reato era impossibile, non fosse alto che perché Fastweb è adesso di proprietà svizzera, e Scaglia non vi ha più nessuna carica. Che non potesse inquinare le prove lo dimostrano i documenti dell’accusa al processo, che non contengono nessun elemento nuovo rispetto a quelli acquisiti della polizia giudiziaria nel 2008 e nel 2009.
Queste son le cose che ci si chiedeva un anno fa. Oggi ci si chiede a che cosa sia servito questo anno di restrizione della libertà. Ovvio che ci sono piste che non portano a risultati: ma ci vuole un anno per accorgersene? In quest’anno, Scaglia è stato interrogato una sola volta dagli inquirenti, su sua richiesta. Chi chiederà conto agli inquirenti di come hanno impiegato il tempo, il suo e il loro?
Ma se a qualcuno il caso Scaglia ricorda tanto la teorizzazione che, nel fuoco di Mani Pulite, fu fatta della detenzione come mezzo per ottenere la confessione, di chi è il “peccato capitale”?
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marzo 1, 2011