Idee per curare il debito pubblico italiano

aprile 21, 2018


Pubblicato In: Giornali, Il Foglio


Intervento di Franco Debenedetti curato da Maria Carla Sicilia

Cosa succederà al debito pubblico italiano durante la nuova legislatura? Come potrebbe impattare sull’Italia l’aumento dei tassi di interesse e la fine degli acquisti di titoli di stato della Banca centrale europea? Soprattutto, cosa dovremmo fare per mettere il paese in sicurezza? Se lo chiedeva Guido Tabellini mercoledì sul Foglio, in un articolo dal titolo Perché prima o poi pioverà e l’Italia non ha ancora riparato il (suo) tetto. Noi lo abbiamo chiesto a quattro economisti, raccogliendo le loro opinioni e proposte.

Franco Debenedetti
Presidente della Fondazione Istituto Bruno Leoni

Sono in molti a chiedersi come mai i mercati finanziari siano per ora così pazienti con l’Italia. Mentre il quadro economico e politico è così incerto, per non dire terrificante, lo spread non si è mosso significativamente, i mercati non sembrano dare credito a ciò che si verificherebbe se le forze politiche che hanno preso più voti alle elezioni mettessero in atto i loro programmi. Perché? Perché c’è l’Unione europea, che anche quando non ci saranno più gli aiuti della Bce, con le sue regole ci scherma dal confrontarci con la realtà dei mercati. Infatti, se è vero quello che dice Guido Tabellini, cioè che senza una nostra Banca centrale è come se il nostro debito fosse espresso in valuta straniera, è anche vero che abbiamo delegato parti di sovranità all’Unione europea, che porrebbe ostacoli e freni a un governo che volesse mancare agli impegni assunti sforando a piacere i vincoli di bilancio. Per come si è mossa la politica nelle poche settimane da quando si sono aperte le urne, si direbbe che i mercati hanno visto giusto: basti guardare l’incredibile inversione ad U di Luigi Di Maio sui più fantasiosi dei temi su cui aveva condotto la campagna elettorale. E anche Salvini ha messo molta acqua nel suo vino. E poi, a essere indebitati sono tutti i Paesi del mondo: la somma complessiva dei loro debiti ha raggiunto una cifra mai toccata prima.

Per abbattere il nostro debito la strada ci sarebbe, e Tabellini la indica: aumentare l’avanzo primario, oltre il 4 per cento. Ma è realistico, quando, come lui stesso osserva, l’Italia è tutt’altro che su quella strada? Soprattutto è possibile farlo senza crescere? Noi non cresciamo, ma non da ieri, da un quarto di secolo. Se non cresciamo è perché non aumenta la nostra produttività. Perché?

Non aumenta per un insieme di fattori sociali e culturali profondamente radicati, che riguardano i comportamenti dei cittadini, le loro aspettative, le loro scelte sull’uso delle risorse, i loro soldi e la loro persona. Riguardano il funzionamento delle istituzioni, quelle politiche e quelle giudiziarie. Riguardano i rapporti sui luoghi di lavoro: aumenterebbe se si portassero le contrattazioni sindacali a livello aziendale. Come aumentare la produttività nella scuola, quando gli insegnanti stessi rifiutano di essere giudicati e così sovente rinunciano anche a giudicare? Come farlo nella sanità, se non si riesce a diffondere all’intero paese gli esempi di efficienza che pure ci sono?

Certo, il prossimo governo dovrà preoccuparsi di evitare il peggio, e di prepararsi invece a quando, come dice Tabellini, tra un paio d’anni al massimo, finirà il ciclo positivo dell’economia mondiale. Se per evitare sciagure quali la riforma della legge Fornero o l’introduzione del reddito di cittadinanza à la Cinque Stelle, proprio non si può fare altro che un governo tecnico, ben venga. Ma è solo la politica che può incidere su fattori culturali e sociali così profondamente radicati. Senza dimenticare i ragionamenti e le indicazioni di intellettuali come Guido Tabellini.

Leggi gli interventi di Veronica De Romanis, Marcello Messori e Mario Seminerio.
di Maria Carla Sicilia – Il Foglio, 21 aprile 2018

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