Fondazioni bancarie, quanto male ha fatto la fronda DS

dicembre 18, 1998


Pubblicato In: Giornali, Il Messaggero


Il travagliato iter della legge sulle fondazioni bancarie si é finalmente concluso: per evitare un altro passaggio al Senato, ed il conseguente ritardo, la Camera ha approvato la legge che dà al Governo i criteri per predisporre i decreti delegati, accompagnandola con due ordini del giorno “pesanti”, assistiti da una garanzia altrettanto pesante, quella personale del Ministro Ciampi. L’esito un po’ contorto richiede di far il punto su che cosa ne é divenuto degli aspetti fondamentali della legge: dismissione delle banche; impiego dei proventi delle dismissioni; nomine e statuti.

Dismissione delle partecipazioni bancarie: le fondazioni non potranno mantenere posizioni di controllo, neppure attraverso patti di sindacato; non potranno neppure avere posizioni dominanti secondo la definizione più restrittiva della legge bancaria.
Impiego dei proventi delle dismissioni: le fondazioni non potranno avere partecipazioni di controllo fuori dai settori istituzionali rilevanti, e dalla promozione dello sviluppo economico é esclusa l’attività di finanziamento di imprese.
Nomine: si mette fine alla prassi di cooptare i membri degli organi direttivi delle fondazione, dovranno essere rappresentati gli enti locali. Alla attività di utilità sociale, nuova ragion d’essere delle fondazioni, deve corrispondere un controllo pubblico: i politici locali risponderanno davanti ai loro elettori dell’operato degli amministratori che essi avranno posto a capo delle fondazioni.
I punti fondamentali per cui si é battuta la maggioranza diessina alla Camera, ed una sparuta pattuglia della maggioranza al Senato, sono stati dunque in buona parte recepiti, ed affidati all’impegno solenne preso dal Ministro Ciampi. Tenuto conto di quello che é toccato sentire nel corso del dibattito, si deve esprimere moderata soddisfazione per come si é chiusa questa fase. Adesso c’è il lungo cammino per arrivare alla legge delegata: si dovrà mantenere attenta la guardia, e cercare di allargare i consensi: ormai che il vento del mercato ha incominciato a spirare, diventerà alla lunga difficile difendere il potere di alcune elites rispetto agli interessi di tutti.
Ma non si può chiudere questa nota senza una considerazione politica. Ho sempre criticato il provvedimento per la scarsa incisività dello strumento – e cioè gli incentivi fiscali – e per le ambiguità nell’impiego dei proventi delle dismissioni – vedendo il rischio di non privatizzare le banche e di pubblicizzare le aziende private. Ma ho sempre condiviso l’obbiettivo: privatizzare le banche, proteggere e mettere a reddito il patrimonio delle fondazioni, farne i protagonisti nella fornitura di beni pubblici, nella cultura, istruzione ricerca. Invece nelle aule parlamentari, anziché chiarire le ambiguità, si é corso il rischio che rispetto all’obbiettivo riformatore facesse aggio l’interesse di accaparrarsi il favore di notabilati locali vicini ai vertici delle fondazioni, soprattutto di quelle minori, di blandirli assicurando la continuità in posizioni di potere. Che l’opposizione abbia scelto questa linea é logico; che l’abbiano seguita i popolari, é ascrivibile ad un retaggio storico.
Ciò che stupisce é che siano stati alcuni membri dei DS ad anteporre la rappresentanza di pur legittimi interessi locali ad un progetto politico alla cui definizione il loro partito ha dato un rilevante contributo. Essi hanno fatto pagare un prezzo politico elevato al partito di maggioranza relativa ed al Governo: la sua immagine liberalizzatrice ne é uscita appannata, a un certo momento si é trovato contro tutta la stampa di opinione, Confindustria e Cgil. Un prezzo politico ha finito per pagarlo anche il Parlamento: questa opposizione in seno alla maggioranza lo ha di fatto spogliato della possibilità di dire la propria parola con lo strumento principe della legge: cosicché non solo per l’attuazione della delega, ma anche per la sua l’interpretazione sarà costretto ad affidarsi ancora una volta ad un potere “tecnico”.

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