Debenedetti: imprenditori in rivolta? Temono per l’immagine del paese

maggio 23, 2005


Pubblicato In: Corriere Della Sera, Giornali

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INTERVISTA

Fazio «bocciato» dagli industriali? «E per quale motivo gli imprenditori dovrebbero essere a favore di un sistema di regolazione del mondo bancario accentrato, al punto da apparire personalistico, preoccupato più di limitare la concorrenza che di promuoverla?». Franco Debenedetti non è certo sorpreso del mal di pancia che, stando al sondaggio dell’«Espresso», gli industriali avrebbero maturato per il numero uno di Bankitalia nei mesi delle battaglie su Antonveneta e Bnl.

Nemmeno le percentuali «bulgare» sullo sgradimento di Fazio, sia pure espresse da un campione contenuto di imprenditori, sorprendono Debenedetti. «Per nulla. Penso che sarebbe stato lo stesso anche se le domande fossero state rivolte a un campione più significativo. E, semmai, mi stupirebbe il contrario. Ma per esser chiari e non fare sconti a nessuno, credo, se è ammessa un po’ di malizia, che per avere un risultato meno bulgaro si sarebbe dovuto calcolare il risultato del sondaggio non col principio “una testa un voto”, ma dando a ogni voto un peso proporzionale alla quantità dei debiti. Ma neppure così si sarebbe rovesciato l’esito».
La durezza del mondo imprenditoriale nei confronti di Fazio resta dunque un segnale importante, tanto più a ridosso dell’appuntamento di fine mese con le Considerazioni Finali. E ad ancor meno giorni dall’assemblea di Confindustria che segna il primo anno della gestione di Luca Cordero di Montezemolo. Una gestione che da subito si è impegnata a stemperare le asprezze del passato tra banche e imprese. Un ritorno al passato, dunque, tra i colonnelli di Confindustria o nei confronti di Fazio c’è dell’altro? «Il punto – riflette Debenedetti – è che in queste modalità di regolazione del credito gli imprenditori vedono le cause di un sistema bancario in cui c’è poca competizione, poca competitività e, in molti casi, poca competenza. Dove nell’erogazione del credito le relazioni contano più del merito». Ma gli industriali non credono nemmeno al merito della «battaglia» che palazzo Koch combatte contro l’arrivo delle banche estere: per 9 su 10 la difesa a ogni costo dell’italianità delle banche è un errore. Del resto, osserva Debenedetti, «quella che le banche straniere investano soldi in Italia per raccogliere il risparmio delle nostre famiglie e prestarlo alle imprese dei loro Paesi d’origine è una castroneria, neppure buona al bar sport. Figurarsi per degli imprenditori». Che, a questo punto, voltano le spalle a Fazio e gli chiederebbero di farsi da parte. «Diciamo che gli industriali sentono sulla loro pelle e nei loro conti i danni che producono all’estero certe vicende italiane, temono che si dissolva la credibilità di un’istituzione che è stata preziosa per 1′Italia negli anni bui. Non è più accettato in Europa un regolatore che appare come colui che “giudica e manda secondo ch’avvinghia”. Che il regolatore possa essere catturato dal mercato, è un rischio noto: ma la cattura del mercato da parte del regolatore è un’anomalia diversa». Se gli industriali escono allo scoperto, sia pure attraverso un sondaggio, qualcosa si è invece fermato in Parlamento. La riforma del risparmio, ora in attesa di approvazione definitiva, è passata con la sterilizzazione di tutte quelle norme che avrebbero inciso sulla «governance» dell’autorità di vigilanza.
Una riforma a parole voluta e sostenuta da tutti, maggioranza, opposizione, gli stessi industriali. Secondo Debenedetti ci si sono messi in tanti per svuotarla fino al punto da eludere alcuni dei temi di maggior rilievo: «C’è da chiederselo: perchè il Berlusconi che nei 2001 a Parma diceva agli imprenditori “il vostro programma è il mio”, oggi fa respingere in aula gli emendamenti approvati in commissione sull’Antitrust bancario e sul mandato a termine del governatore? Io credo che sia per l’influenza locale delle fondazioni bancarie e delle banche popolari. Sono interessi particolari, ma organizzati. E si sa che questi ultimi prevalgono rispetto agli interessi largamente diffusi ma che individualmente non hanno ragioni sufficienti per organizzarsi. E’ un fenomeno che puntualmente si riproduce, ad esempio nei servizi». Debenedetti si ferma qui. E a chiedergli se sta paragonando le resistenze che ci sono state sulla riforma della Banca d’Italia a quelle che ci sono per le licenze dei taxi, fa una gran risata. Poi aggiunge: «Il paragone è un po’ azzardato, ma il concetto è quello».

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