Centrali Enel, il rischio di un oligopolio bloccato

settembre 28, 2000


Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore


Asta competitiva o beauty contest?

Asta competitiva o beauty contest? Avvicinandosi la data d’inizio per le dismissioni delle centrali Enel, si ripropone la questione del metodo da adottare, che già aveva fatto discutere nel caso delle frequenze UMTS. Se ne è parlato pochi giorni fa in Confidustria, dove si è autorevolmente contestata la richiesta di Franco Tatò di procedere con l’asta. La vendita delle centrali è il “piatto forte” del piano di liberalizzazione del mercato dell’energia; il grado di concorrenza che si avrà dipende da quali imprese vi opereranno, e dalle loro strategie; e l’esito della selezione delle imprese dipende dalla procedura adottata.

Non è dunque un problema tecnico, quello che fa discutere, bensì un passaggio cruciale ai fini del risultato di uno degli atti politicamente qualificanti della questa legislatura: la riforma del settore elettrico.

Le imprese che si aggiudicheranno le tre GenCo – le società costituite dall’ENEL apportandovi centrali per 15.000 MW e parte del proprio personale – venderanno l’energia prodotta spot sulla Borsa elettrica, e con contratti a medio termine ai clienti “idonei”. Queste imprese saranno in concorrenza con un operatore dominante, l’Enel, che disporrà del 60% della capacità produttiva del paese. La struttura dei costi dei nuovi entranti è molto rigida: sul combustibile già sarà difficile avere gli stessi prezzi con volumi tanto inferiori; i costi del personale derivano dai vincoli che l’acquirente deve accettare; gli impianti sono quelli che Enel ha deciso di apportare e il loro rendimento termico non migliora cambiando la proprietà. Ridotti sono i margini per fare efficienza, e soprattutto quelli per adottare strategie industriali diverse. Infatti la strategia di un’impresa elettrica è praticamente determinata dal tipo di impianto.
Quelli che gli acquirenti comprano dall’Enel sono impianti costruiti in funzione della logica del monopolio, vale a dire di una gestione programmata della capacità. Per fare veramente concorrenza bisognerebbe invece disporre di impianti non solo di maggiore efficienza termica, ma soprattutto di maggiore flessibilità di impiego, necessaria per operare con profitto sulla Borsa elettrica. Già di regola è il market leader a fare i prezzi, ancor più in questo caso in cui questo si è creato concorrenti a sua immagine e somiglianza, con la stessa struttura dei costi, e con impianti che li obbligheranno ad adottare la stessa strategia di impresa.

Con la vendita delle GenCo, al posto dell’unico operatore Enel ne avremo quattro: l’Enel stessa con capacità produttiva pari al 60% del mercato, e tre rispettivamente con il 10%, l’8% e il 4%. Al posto del monopolio, avremo un oligopolio bloccato. In vendita sono tre fette di questo oligopolio, in palio sono le sole tre tessere di ammissione ad un club esclusivo. Certo, nel club potrà entrare anche chi realizzerà i propri impianti ex-novo, partendo dal prato verde.
Sono state presentate domande per 30.000 MW: ma su di loro incombe l’incertezza della valutazione di impatto ambientale, dovranno superare i percorsi di guerra dell’approvazione dei siti. Cinque anni sono tanti per una legislatura, sono pochi per rendere operativi i nuovi impianti: nel frattempo perché mai chi è entrato nel club dovrebbe far guerra al socio dominante?
Tutto diverso è il caso dell’UMTS. Là alle quattro imprese già oggi in vivace concorrenza nel GSM se ne aggiungerà una quinta che le avrà tutte contro: l’asta serve a selezionare chi scommette di avere le maggiori capacità di farcela. Qui ci sono tre nuovi operatori che acquistano il diritto di entrare in un gioco, di cui carte e regole sono date dal quarto giocatore.
Per massimizzare il proprio profitto i tre dovranno accordarsi con lui, non competere: l’asta seleziona non l’impresa che pensa di essere più efficiente, ma quella che si pensa più capace di colludere con l’operatore dominante. Anzi, più pagherà e più vorrà evitare di correre rischi: un’asta combattuta assicura all’Enel maggiori ricavi oggi, e fornisce maggiori garanzie per domani.
Quella della collusione non e’ un’ipotesi remota, si è verificata in Inghilterra: dato che la borsa elettrica segna il prezzo del KWh che esce dall’impianto marginale, se i produttori riescono a produrre gran parte dell’energia con impianti efficienti, ma fanno in modo che l’equilibrio tra domanda e offerta sia assicurato mettendo in funzione un impianto a bassa efficienza, lucrano per tutti gi impianti il prezzo – elevato – fissato dall’impianto marginale.

L’alternativa tra asta e beauty contest è fuorviante e mal posta. Fuorviante, perché poco importa con quale procedura si vende una rendita di oligopolio. Mal posta, perché non sono le procedure di assegnazione quelle che rendono concorrenziale un mercato. Non ci sono scorciatoie: se si vuole concorrenza ci vogliono più operatori che lottino per più Megawatt. L’asta serve quando si pensa che il mercato disponga di maggiori informazioni: bisogna creare le condizioni per cui l’asta abbia senso. Il terreno è compromesso, la legislatura volge al termine: se vuole salvare il salvabile di questa riforma, il Governo deve concentrarsi sulle cose certe che può fare subito. E quindi:

  1. assumere la decisione di vendere altri 15.000 MW di centrali ENEL, specificando che questa volta la cessione avverrà vendendo le centrali una per una, e non cedendo le azioni di una società a cui siano stati conferiti gli assetti.

  2. individuare i siti per i quali è credibile che i cantieri si aprano entro marzo 2001; e ottenere gli impegni formali delle amministrazioni locali.
  3. vietare che Enel possa fare uno swap, cioè vendere proprie centrali contro centrali di un altro produttore estero; ciò consoliderebbe due oligopoli a livello europeo.

Questi provvedimenti devono essere assunti prima dell’inizio della vendita delle GenCo; bisogna che risultino da atti di Governo, non da deliberazioni del Consiglio di Amministrazione ENEL, che, come sta accadendo per l’impegno a uscire da Wind, possono essere disattese o annullate da delibere contrarie.

In gioco non è una procedura di vendita, ma il risultato della riforma di uno dei settori fondamentali e di grande valore emblematico per tutta l’economia. Quanto alle fasi di trasporto e distribuzione, su questo giornale si sono bene illustrati i perché del dissenso. Quanto alla fase di cui oggi si tratta, quella della produzione, che cosa si è fatto? prima si è venduto il 35% del monopolio ai privati ed ora si trasforma il monopolio in un oligopolio condiviso con altri tre piccoli operatori. Francamente un brutto risultato.
E non basta: se Enel acquista Infostrada, il pubblico rientrerà nel settore delle telecomunicazioni da cui era uscito con il colpo maestro di Ciampi, che aveva venduto Telecom in blocco. Con il che oltre ad una riforma riuscita male, quella elettrica, si rovinarà anche una riforma di successo, quella delle telecomunicazioni. Per questo, insieme ai provvedimenti “in positivo” di cui sopra, il Governo dovrebbe immediatamente assumerne uno “ in negativo”: vietare a Enel di acquistare Infostrada. Anche perché è proprio l’Enel a correlare strettamente le due operazioni, dato che intende finanziare l’acquisto di Infostrada con i ricavi della vendita delle GenCo.

La legislatura volge al termine, è tempo di consuntivi. Il rischio è di dilapidare una parte consistente del patrimonio politico accumulato da questa legislatura. Oltretutto, nella memoria degli elettori sono gli ultimi fotogrammi quelli che contano di più.

Ormai l’acquisto di Infostrada è stato deciso, di esso giudicheranno mercati e opinione pubblica. Ma la partita non è chiusa. In questi pochi mesi, il Governo ha ancora la possibilità di scegliere se vuole essere ricordato come un governo liberalizzatore, oppure captive del monopolista. Prima di tutto decida di non lasciare all’Enel i proventi della vendita delle GenCo, cosa che tra l’altro faciliterebbe la vendita di una seconda tranche di azioni Enel. E poi non lasci il solo Ministro Letta a tirare per accelerare la liberalizzazione del settore elettrico. Anticipare la vendita delle Genco a prima della fine di questa legislatura, decidere subito di vendere altri 15.000 MW, far partire i siti per nuove centrali: queste cose sì che il Governo ha ancora il potere per farle. Basta volerlo.

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