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→  settembre 8, 2005


di Luca Ricolfi

Un malato d’eccezione: la sinistra italiana. Una malattia subdola: l’antipatia. Una cura possibile: prenderne coscienza e correre ai ripari. In questo libro si evidenzia come la sinistra sia antipatica non solo alla destra, ma anche ai non schierati, al vasto arcipelago degli elettori che non si sentono né di destra né di sinistra. Quattro sono le sue malattie: il linguaggio codificato (io sì che la so lunga), il politicamente corretto (tu non devi parlare come vuoi), gli schemi secondari (tu non puoi capire) e la supponenza morale (noi parliamo alla parte migliore del paese). Luca Ricolfi insegna Metodologia della ricerca psicosociale all’Università di Torino, dirige l’Osservatorio del Nord Ovest e una rivista di analisi elettorale.

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→  maggio 30, 2005


di Timothy Garton Ash

Quindici anni dopo il crollo del Muro di Berlino, l’Occidente sta vivendo una grave crisi di identità.

L’Europa, una volta avviato il processo di unificazione politica, ha tentato di definire se stessa in opposizione agli Stati Uniti, che, colpiti al cuore l’11 settembre 2001, tendono sempre più a considerare il Vecchio continente un fastidioso ostacolo alla riaffermazione della loro leadership mondiale. Al punto che le contraddizioni esplose fra gli alleati occidentali dell’America in occasione della seconda guerra del Golfo, e culminate nel rifiuto di Francia e Germania di partecipare al conflitto iracheno, hanno fatto parlare di europeismo come alternativa all’antiamericanismo.

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→  febbraio 15, 2005


di Francis Fukuyama

Dopo aver clamorosamente predetto la fine della storia e l’egemonia della liberaldemocrazia, Francis Fukuyama analizza in questo suo nuovo libro un tema decisivo: la costruzione dei nuovi stati-nazione. La fine della storia, sostiene Fukuyama, non è un destino automatico e una politica di buon governo sarà sempre necessaria. Gli stati deboli e quelli falliti sono la causa di alcuni dei problemi più seri che minacciano il mondo. Fukuyama spiega in particolare come si possono trasferire a questi stati delle istituzioni pubbliche forti e funzionanti, le sole in grado di assicurare a essi e al mondo intero un futuro stabile e pacifico, e impartisce alcune lezioni tanto semplici quanto spesso disattese su come gli Stati Uniti e l’Europa possono gestire al meglio i casi più scottanti di state-building: l’Afghanistan e l’Iraq.

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→  novembre 11, 2004


di Buruma Ian, Margalit Avishai

Venticinque anni fa “Orientalismo” di Edward Said svelava come il concetto di “Oriente” fosse il prodotto dello sguardo colonialista dell’Occidente. Cosa succede quando “gli altri” ci osservano e vedono in noi solo i rappresentanti di un pensiero idiota, votato al culto del denaro e del successo? Attraverso una “spedizione archeologica” nella cultura occidentale, gli autori dimostrano come l’Occidente senz’anima e capace solo di pensiero-calcolo è un’immagine nata e alimentata in Occidente. E ora si rovescia nella versione “occidentalista” dei fondamentalisti islamici che ritraggono un’intera società come una massa di decadenti avidi, premessa intellettuale alla loro distruzione.

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→  ottobre 11, 2004


di Robert Kagan

Robert Kagan torna ad analizzare il rapporto Usa-Europa nel quadro di uno scenario internazionale sconvolto dai preparativi, dallo svolgimento e dalle conseguenze della guerra in Iraq. L’intervento militare americano ha infatti prodotto in Occidente una profonda spaccatura, che minaccia di indebolire tanto l’Europa quanto gli Stati Uniti, afflitti sul piano internazionale, per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale, da una crisi di legittimità. La maggior parte degli europei ritiene oggi che l’amministrazione Bush abbia esagerato la gravità dei pericoli costituiti dalla proliferazione di armi di distruzione di massa e dal terrorismo, e contesta non solo la dottrina della “guerra preventiva”, ma anche l’”unilateralismo” americano.

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→  luglio 27, 2004


La public company e i suoi nemici
di Mark J. Roe
Prefazione di Franco Debenedetti
Il Sole 24 Ore S.p.a., 2004
pp. 309


Le società a proprietà diffusa sono uno strumento potente per la creazione e la distribuzione della ricchezza. Ma esse sembrano essere una caratteristica del solo mondo anglosassone. Capire quali sono le condizioni che ostacolano e quali quelle che favoriscono il loro formarsi è questione politica della massima importanza.

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