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→  novembre 16, 2006


di Massimo Mucchetti

La storia dei giornali s’intreccia da sempre con quella dei potentati dell’economia. Lo si è visto anche nella calda estate del 2005 con la scalata al “Corriere della Sera”. Ma proprio gli esiti di quel resistibile assalto e, poi, la crisi al vertice di Telecom Italia, il rastrellamento di azioni Fiat fatto dagli Agnelli e i contrasti tra Capitalia e Capitalia portano in superficie tutti i limiti della coalizione economico-finanziaria che sta a capo del primo gruppo editoriale italiano. E inducono Massimo Mucchetti – vicedirettore del “Corriere” spiato assieme all’amministratore delegato di Rcs fin dal 2004 – a chiedersi se e come possa cambiare il vecchio modello che assegna la proprietà del primo gruppo editoriale italiano a un “patto di sindacato” formato da banche e industriali, i cui interessi di fondo confliggono con quelli della libera informazione.

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→  ottobre 23, 2006


di Pietro Ichino

Nell’ottobre del 2000, proprio mentre la Fiat prendeva la decisione di chiudere lo stabilimento dell’Alfa Romeo di Arese, la casa automobilistica giapponese Nissan annunciava di voler produrre in Europa un suo nuovo modello destinato al mercato comunitario. Si candidarono un sito industriale spagnolo, uno francese e uno inglese. Da noi, invece, a candidare lo stabilimento di Arese, con i suoi duemila operai in procinto di perdere il posto, non ci pensò nessuno. Fu distrazione? No. Il sistema italiano dei rapporti di lavoro e sindacali non avrebbe neppure consentito di aprire una trattativa sulla base delle proposte della casa nipponica.
La gara venne vinta dalla Gran Bretagna. Bassi stipendi? Lavoro precario? Niente affatto: nello stabilimento inglese, scelto poi dalla Nissan, il lavoro è retribuito il doppio di quello dei metalmeccanici italiani, è sicuro e altamente qualificato. Ma è regolato da un accordo sindacale incompatibile con il contratto collettivo italiano di settore.

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→  ottobre 2, 2006


di Claudio Velardi

Dalla sconfitta annunciata di Berlusconi alla sua quasi-vittoria. Dai 4 milioni e mezzo di elettori delle primarie ai 25mila voti che consentono a Prodi di governare tra condizionamenti estremisti, riforme annunciate e rimangiate, un voto di fiducia dopo l’altro. Sullo sfondo la solita operetta italiana, con le retoriche speculari del “ce la faremo” e del “non c’è niente da fare”, l’abisso del debito pubblico e il trionfo dei compromessi, spie che ci tramano contro, giudici che danno spettacolo, intercettazioni da pochade, affari e manette: regolari tragedie che finiscono in farsa. Mentre i politici parteggiano e dividono invece di unire e governare.
E dire che il 2006 doveva cambiare l’Italia: l’anno uno della Nuova Era dell’Unione di Prodi, dopo il Grande Fallimento berlusconiano. Una lunga corsa, suggellata da schiaccianti vittorie in tutte le elezioni intermedie e conclusa con le trionfali regionali della primavera 2005.

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→  giugno 14, 2006

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da Peccati Capitali

Sfida ardua scrivere storie in cui protagonista è il tempo, il susseguirsi delle generazioni di una grande famiglia, il volgere di un secolo, l’incrociarsi di vicende private e pubbliche. Marco Ferrante (Casa Agnelli, Mondatori, 2007) questa sfida l’affronta con un sentimento intenso, di rispetto e di amore, per le “storie e personaggi dell’ultima dinastia italiana”, avendo sempre presente che “i rapporti umani sono abissi”. Lo dimostra la penetrante attenzione con cui analizza i dettagli delle fotografie in cui i personaggi sono ritratti, tra le cose migliori del libro.

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→  marzo 17, 2006

“La fortuna di un popolo non sta principalmente nei beni di cui dispone, ma nella coesione tra le sue parti, nella loro capacità di dividersi il lavoro e concordarne la distribuzione dei frutti; litigando, magari, ma sempre nella consapevolezza che non c’è un futuro per nessuno se non insieme agli altri. Allo stesso modo, la ricchezza di una grande metropoli sta tutta nella capacità di ogni sua parte di coordinarsi con le altre, nella percezione diffusa della prontezza reciproca come fonte di sicurezza e benessere per tutti: un grande gioco in cui tutti hanno da guadagnare”.

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→  gennaio 23, 2006


di M. Gaggi ed E. Narduzzi

Nuovi ricchi che spuntano ovunque e ostentano la loro opulenza, improvvise povertà anche tra i lavoratori e i pensionati, progressivo assottigliamento dei ceti medi che perdono reddito e sicurezze. Ma anche una nuova massa di consumatori low cost, con piú facilità nell’organizzarsi e piú forza per soddisfare le proprie esigenze.