→ ottobre 19, 2009

di Sergio Romano
Il caso del regista Roman Polanski è davvero molto penoso.
Sul piano umano, è triste che una persona di 76 anni venga perseguita per un reato che ha commesso trent’ anni prima. Sul piano sociale, la mobilitazione del mondo del cinema a difesa di un suo appartenente evidenzia, se mai ce ne fosse bisogno, come gli atteggiamenti di critica sociale che il cinema pretende di esprimere guardino non all’ etica ma al botteghino. Infine, il più penoso di tutti è l’ atteggiamento che si esprime nell’ assunto: gli stupratori non sono tutti uguali. Se si considera che in Italia è stato condannato a due anni un uomo reo di avere messo le mani sulle natiche di una donna appare chiaro il paradosso di difendere chi ha abusato di una ragazzina tredicenne.
Francesco Deambrois
Anche a me non è piaciuto lo spirito con cui alcuni intellettuali, uomini politici e rappresentanti del mondo dello spettacolo sono accorsi alla difesa di Roman Polanski. Lo hanno fatto con spirito di corporazione e, implicitamente, con la convinzione romantica che il genio abbia diritto alle sue sregolatezze: un atteggiamento che in questa vicenda mi è parso completamente fuori luogo.
Debbo confessarle tuttavia che altri aspetti di questa storia mi sono piaciuti ancora meno. Non mi è piaciuta ad esempio l’ improvvisa insistenza del procuratore californiano in un caso che, a giudicare dalle circostanze, era stato per molti anni informalmente archiviato. Non mi è piaciuto che la magistratura svizzera abbia tenuto in prigione sino al ricovero in ospedale, prima di pronunciarsi sulla richiesta di estradizione, un uomo che risiede nella Confederazione e avrebbe potuto facilmente ottenere gli arresti domiciliari. In un articolo apparso sul Riformista del 1° ottobre Franco Debenedetti osserva che la Svizzera è sempre stata «terra d’ asilo» e si chiede se l’ atteggiamento assunto verso Polanski non abbia qualche rapporto con le difficoltà della Confederazione dopo l’ offensiva del Tesoro americano contro i conti segreti di una delle maggiori banche svizzere.
Non mi è piaciuto infine che un vecchio reato venga giudicato oggi con criteri alquanto diversi da quelli che prevalevano nel periodo in cui fu commesso. Sarebbe giusto ricordare che gli anni Settanta furono quelli della «liberazione» sessuale, dell’ amore libero, dei «figli dei fiori», delle battaglie per la legalizzazione della droga. Sarebbe giusto osservare che la vittima, a quanto pare con l’ assenso della madre, frequentava registi e produttori cinematografici nella speranza di un provino. Un articolo recente del New York Times ricorda che in «Manhattan», un film del 1979, una ragazza dice all’ uomo di cui è l’ amante da qualche anno (Woody Allen nella parte di un quarantaduenne sceneggiatore televisivo): «Oggi ho compiuto 18 anni. Sono legale eppure mi sento ancora una ragazzina». Si potrà osservare che la Lolita di Woody Allen, a differenza della tredicenne di Polanski, era consenziente. Per questo appunto Polanski, se non fosse fuggito, avrebbe passato in prigione 41 giorni. Oggi, tuttavia, non se la caverebbe probabilmente con meno di cinque anni. È questa la ragione per cui esistono (e dovrebbero essere restaurate là dove sono state soppresse) le prescrizioni. Anche la morale è soggetta alle mode, agli umori del tempo, alle correnti di opinione. Noi stiamo attraversando oggi, a dispetto di certe libertà e licenze conquistate negli ultimi trent’ anni, un periodo particolarmente puritano. E la sentenza di Polanski, se venisse estradato, sarebbe puritana. Ma ciò che appare giusto oggi non sarebbe stato giusto 33 anni fa.
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Polanski e la Svizzera
di Franco Debenedetti – Il Riformista, 1 ottobre 2009
→ ottobre 12, 2009

di Giacomo Vaciago
OUT: 35 ORE
Il concetto cui possiamo con serenità dire addio è quello relativo alle 35 ore. E’ un’idea che oramai appartiene al passato e che non può essere presa più in considerazione. Per anni si è ritenuto che questa fosse la durata massima della settimana lavorativa. I francesi ci hanno fatto sopra anche una legge. Oggi invece è quanto di più vecchio si possa ipotizzare e il motivo è semplice: con l’avvento della crisi, è finita l’idea che la ricchezza sia a disposizione di tutti e che si possa anche lavorare meno.
IN: CAMBIAMENTO
Prima la “rupture” di Sarkozy, poi il “Yes, we can” di Obama. Il futuro, in politica come in tutti gli altri ambiti, è segnato dalla voglia di discontinuità, dal bisogno di cambiamento su tutti i fronti. I prossimi anni saranno segnati dall’urgenza della trasformazione: non a caso i due uomini politici hanno vinto proprio facendo leva su questa necessità. E come dice il Papa nella sua vecchia enciclica Caritas in Veritate, il “nuovo” che uscirà dalla crisi – grazie al discernimento e alla nuova progettualità – avrà bisogno di etica per il suo corretto funzionamento.
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FRANCO DEBENEDETTI
di Franco Debenedetti – Il Sole 24 Ore, 12 ottobre 2009
→ ottobre 12, 2009

di Ferdinando Targetti
OUT: CICLO A W
Il Ciclo a W è un rischio che le economie di tutto il mondo stanno correndo. Significa che dopo una breve ripresa, leconomia subisce un tracollo. E’ un fenomeno che si presentò negli anni Trenta. Oggi può succedere se le autorità monetarie e fiscali dei principali paesi sbagliano la “exit strategy”.
Se è troppo presto i boccioli della ripresa vengono gelati, se è troppo tardi si rischia un aggravarsi della spirale del debito pubblico e l’insorgere dell’inflazione, soprattutto da materie prime, a causa della grande liquidità nei mercati.
IN: G20
La crisi ha insegnato una cosa importante, che le sorti economiche dei paesi sono talmente intrecciate nel bene e nel male che è necessaria una forte azione di coordinamento delle politiche economiche, quella che si chiama una “Governance mondiale”.
Rispetto al passato si ampliano gli ambiti di “governance” alla regolazione dei mercati finanziari e al riequilibrio delle cosiddette “macroimbalances” e si ampliano i paesi coinvolti negli accordi degli otto paesi del G8, alle economie emergenti dei Bric.
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FRANCO DEBENEDETTI
di Franco Debenedetti – Il Sole 24 Ore, 12 ottobre 2009
→ ottobre 12, 2009

di Pietro Reichlin
OUT: CARTOLARIZZAZIONI
Molti economisti ritengono che, quando tornerà la calma sui mercati, le cartolarizzazioni torneranno importanti come prima della crisi. Non dimentichiamo i benefici: maggiore accesso delle imprese al capitale, minori costi di intermediazione, migliore allocazione del rischio e maggiore liquidità per le banche. Tuttavia il modello ha molti difetti. Le banche d’affari cartolarizzano crediti di cui è difficile valutare il rischio sottostante, il modello originate-and-distribute è caratterizzato da rischio morale, la valutazione del rischio di obbligazioni complesse si basa su modelli statici incapaci di valutare il rischio sistemico. Per il momento, e forse per anni, la parola cartolarizzazioni manterrà un’accezione negativa.
IN: BRIC
La crisi finanziaria ha coinvolto le economie sviluppate, mentre quelle dei principali paesi emergenti hanno resistito in modo inaspettato. La Cina non ha solo evitato una grave crisi economica, ma ha anche contribuito ad attutirne gli effetti mediante un gigantesco piano di stimoli ed il sostegno al dollaro. Il superamento degli squilibri mondiali dipende da una domanda interna dei Bric. Le soluzioni ai problemi economici (e politici) del mondo dipendono sempre meno dalla volontà dei governi europei e sempre più dai paesi emergenti. La vecchia Europa potrà ancora insegnare agli altri qualcosa sui temi della sicurezza sociale e delle politiche contro la disuguaglianza, ma la sua leadership è a rischio.
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FRANCO DEBENEDETTI
di Franco Debenedetti – Il Sole 24 Ore, 12 ottobre 2009
→ ottobre 12, 2009

di Marco Onado
OUT: FINANZA STRUTTURATA
La finanza strutturata è quella che ha messo in circolazione i prodotti più complessi, poi definiti “tossici”. Titoli il cui valore dipende da altri strumenti e/o prodotti rischiosi come i derivati. Questo tipo di finanza era opaca e dunque nessuno, a cominciare dagli investitori, era in grado di capire effettivamente i rischi sottostanti. In futuro non possiamo abolire questo tipo di strumenti finanziari, perché ci sono aspetti positivi dell’innovazione, ma possiamo chiedere che la finanza oltre che essere strutturata sia anche “sostenibile” con un termine abusato, ma richiamato anche dall’ultimo G20 di Pittsburgh. Che vuol dire che la finanza deve essere utile anche agli utilizzatori, non solo ai profitti di chi la produce.
IN: TRASPARENZA
Le crisi portano a riscoprire i vecchi valori. Il disastro finanziario che abbiamo attraversato ci fa capire quanto sia importante avere prodotti finanziari trasparenti, cioè chiari e comprensibili e quanto sia importante l’azione delle autorità che vigilano in questo campo. Ma attenzione: abbiamo anche imparato che trasparenza non vuol dire solo informazione. È stato calcolato che per capire un Cdo bisognava leggere prospetti per oltre un milione di pagine: ovviamente non lo ha fatto nessuno e tutti si sono fidati delle agenzie di rating. Trasparenza vuol dire innanzitutto semplicità: Warren Buffett ha sempre sostenuto di non essere disposto a comprare prodotti finanziari che non capiva. È diventato uno degli uomini più ricchi del mondo.
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FRANCO DEBENEDETTI
di Franco Debenedetti – Il Sole 24 Ore, 12 ottobre 2009
→ ottobre 12, 2009

di Alberto Mingardi
OUT: AZZARDO MORALE
La consapevolezza di essere assicurati incide sulla nostra propensione al rischio.
L’azzardo morale viene dal vocabolario delle assicurazioni ma ora è dappertutto.Il fatto che i regolatori siano disponibili e pronti ad offrire un paracadute distorce le decisioni degli attori economici, facendo entrare in campo altri fattori: la capacità di acquisire influenza politica, per esempio.
Il modo in cui il mercato impara dagli errori rallenta, perché nessuno è più responsabile dei propri e la propensione a prendere rischi viene falsata.
IN: SPECULAZIONE
Assieme con l’avidità, la speculazione è fra i “colpevoli” più accreditati della crisi finanziaria.
Speculazione viene da specula, la vedetta dei legionari, che a sua volta deriva da specere: guardare,osservare.
Lo speculatore è in effetti il tipo più puro di imprenditore: quello che compie delle scelte oggi, in vista di quello che immagina essere il cambiamento dei valori domani. I suoi profitti sono in misura delle sue diottrie.
Ma proprio nella ricerca egoistica del suo profitto, egli facilita i processi di apprendimento dei mercati.
Senza l’odiato speculatore, l’ampiezza e la liquidità dei mercati stessi sarebbero molto minori.
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FRANCO DEBENEDETTI
di Franco Debenedetti – Il Sole 24 Ore, 12 ottobre 2009