Caro Direttore,

settembre 23, 2006


Pubblicato In: Giornali, Il Foglio

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ha qualcosa di indecente lo scambio che qualcuno avrebbe proposto a Berlusconi, si comperi pure Telecom, ma rinunci per sempre alla politica (Telecompromessi, il Foglio di giovedì). Se poi viene avanzata da sinistra, la proposta è anche autolesionistica: dimostra infatti la strumentalità con cui vengono branditi i sacri principi della limitazione dei poteri e del divieto al formarsi di posizioni dominanti, i cavalli di battaglia contro le leggi Frattini e Gasparri.

Scambio infatti può istituirsi solo fra due diritti entrambi legittimi: e dunque il proprietario di Mediaset ha pieno diritto di candidarsi e, se eletto, di governare. Alla faccia dei severi assertori di incompatibilità, ineleggibilità, incandidabilità. Né i proponenti lo scambio battono ciglio di fronte ai problemi antitrust che sorgerebbero se il proprietario di tre reti televisive acquisisse anche un broadcaster con una rete che entra in venti milioni di case. Alla faccia delle regole del mercato e della concorrenza, utili da invocare quando si tratta di demonizzare il famigerato SIC, ma liberamente scambiabili sul tavolo della politica. Il conflitto di interessi è terreno scivoloso, e dispiace che a farne la prova sia l’ottimo Antonio Panzeri. Vorrei suggerirgli anche di non lasciarsi sedurre dal miraggio di “camere di compensazione del capitalismo italiano”: il luogo dove raccogliere capitali è il mercato, e lo strumento principe è l’aumento di capitale. Non so bene che cosa la politica dovrebbe “tenere insieme”, o di che cosa si dovrebbe discutere in una ipotetica Yalta. Rispetto agli immediati entusiasmi (bancari), ai rancorosi battibecchi (telefonici), ai premurosi suggerimenti (nazionalizzatori), meglio allora il pragmatismo del Cavaliere (“Telecom? troppi debiti”).

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