Benvenuti nel feudalesimo economico. Su Tim una sorta di jus primae noctis societario

agosto 6, 2020


Pubblicato In: Giornali, Huffington Post


È appena uscito in libreria “Contro il sovranismo economico” di Alberto Saravalle e Carlo Saravalle che ci sarebbe da aggiungere un nuovo capitolo: infatti da ieri siamo entrati nel feudalesimo economico. Con i tribunali del popolo presieduti da Danilo Toninelli e il seguito della vicenda autostrade, era stato chiaro a tutti che il sovrano dispone degli asset di una società privata come meglio crede, se del caso espropriando, designando il nuovo proprietario (pubblico), riservandosi il diritto di approvare i soci che questi sceglierà. Ieri, con la lettera a firma dei Ministri Roberto Gualtieri e Stefano Patuanelli in cui si chiede a TIM di sospendere la firma dell’accordo con il fondo USA KKR, si segnala che il vassallo deve non solo rispettare la volontà del feudatario, ma attendere finchè questi abbia avuto il tempo per formare la sua volontà: una sorta di jus primae noctis societario.

Per chi non l’avesse presente: TIM e Fastweb hanno siglato l’accordo per fondare Fibercop, a cui apportare il famoso “ultimo miglio” di TIM, cioè la rete che dall’armadietto di strada entra nelle abitazioni degli utenti. KKR era pronto ad acquistarne, a un prezzo interessante, il 37,5%, Tim avrebbe avuto il 58% e Fastweb il 4,5%. Erano pronti i comunicati stampa: entro il 2025 la società avrebbe portato la banda ultra larga al 56% delle abitazioni, nelle aree nere e grigie del Paese. Sarebbe stata aperta a chiunque volesse investire, le altre società di TLC e persino Open Fiber, il concorrente creato da Renzi in nome della concorrenza tra reti. Ora Open Fiber è in grave ritardo, è chiaro che l’idea di fondersi con la rete TIM ma mantenendone il controllo grazie al “sovranismo economico” imperante, ha il suo fascino.

Dalla privatizzazione in poi, TIM è stata continuamente oggetto di interferenze da parte del potere pubblico: questa volta si battono tutti i record, anche sul piano formale. La richiesta di dar tempo al governo di far sapere che cosa deciderà, è stata consegnata al Presidente di TIM mentre era in corso la riunione del Consiglio di Amministrazione. Nel quale siedono 10 consiglieri nominati dal fondo Elliot che ormai ha venduto; mentre CDP, socio e concorrente di TIM, non esprime consiglieri che la renderebbero “parte correlata” nelle decisioni sulla rete in fibra, questione da cui dipende la vita stessa di TIM. Infatti se il “sovrano” la obbligasse a perdere il controllo della sua rete, diventerebbe un distributore di servizi come gli altri.

“Quando un settore viene liberalizzato e l’ex monopolista privatizzato – scrivono Stagnaro e Saravalle – il destino dell’azienda si separa da quello del mercato. L’interesse pubblico consiste nel buon funzionamento del mercato, liberalizzazione e privatizzazione hanno prodotto miglioramento del servizio con forte riduzione dei prezzi. Tuttavia politici e commentatori continuano a lamentarsi della performance aziendale di Tim: mentre questa non riflette più alcun interesse pubblico, i costi e i benefici della gestione dell’azienda ricadono sui suoi azionisti, non sui cittadini, i quali hanno la libertà di cambiare fornitore se si ritengono insoddisfatti”.

Il fatto che la lettera avesse le firme di Gualtieri e di Patuanelli rimanda a una questione ancora più importante, una questione politica. Le previsioni delle prossime elezioni regionali evidenziano il rischio che “il PD perda il Nord”: cosa che avrebbe conseguenze che vanno molto aldilà della sia pure non irrilevante questione della tenuta del Governo. Non ci sono solo i modi in cui la proprietà privata è trattata nei casi “grossi”. Lo stato vuole entrare dappertutto: ad esempio ha usato il Golden Power in più casi nei primi sei mesi del 2020 che in tutto il 2019, e a seguito delle modifiche approvate, si attende in aumento esponenziale delle operazioni soggette ad autorizzazione governativa. Dove va il Paese, se la sua parte più produttiva non ha più un partito riformista in cui riconoscersi? E perchè dovrebbe, se troppe volte il PD cede al rosario delle “questioni identitarie” del M5S? Identitarie, per il PD, sono state le privatizzazioni di Amato, Ciampi e Prodi, e tutto quello che si è fatto e cercato di fare per avvicinare il Paese all’Europa: e che oggi viene un pezzo per volta smantellato. È stata per la paura del Cavaliere che la sinistra scelto Prodi, e (si licet parva) ha mandato in Parlamento gente come me. Che il Paese finisca nelle mani dei populisti non fa abbastanza paura?

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