Caro senatore Debenedetti, d’accordo, ci sto! La sua «proposta da cittadino» mi ha convinto. Del resto, non ho nemmeno dovuto rifletterci granché, proprio per la ragione che lei stesso ricorda molto opportunamente: la promessa, sulla quale questo governo ha ottenuto la fiducia del Paese, di introdurre nella gestione pubblica crescenti elementi di efficienza manageriale e – ovunque possibile – di privatizzazione.
Ricordo brevemente la sostanza della sua proposta: scegliere un grosso servizio informativo pubblico e indire una gara per chiamare a raccolta l’esperienza dei privati. Obiettivo: quello di «appaltare» al miglior offerente non solo risparmi di costo, ma anche incrementi di efficienza organizzativa. La formula dell’outsourcing non è certo nuovissima, nemmeno nel nostro Paese, dove molti ministeri la praticano da anni: Finanze, Pubblica istruzione, Sanità… La differenza con ciò che viene ora proposto è però abissale e anche qui concordo pienamente con lei. Finora si è pubblicizzato il privato; d’ora in avanti dovremo privatizzare il pubblico.
Qualcuno storcerà forse il naso. Ma credo che si possa trattare soltanto di chi non ha capito nulla e che non si è comunque reso conto del nuovo e del tempo in cui vive. Faccio un solo esempio, ma pregnantissimo. Nel piano triennale per l’informatizzazione della pubblica amministrazione figurano i cosiddetti sportelli polifunzionali; una sorta di bancomat dei servizi pubblici, il cittadino possa in qualsiasi momento ottenere informazioni e documenti, concernenti una vasta pluralità di enti pubblici. Sarebbero un vero toccasana per tutti; e prima li realizzeremo meglio sarà. Ma il problema oggi qual è? Molto semplice: non abbiamo le risorse finanziarie sufficienti. E allora delle due l’una: o si ricorre a pratiche come l’outsourcing (creando insieme ai privati un nuovo mercato a loro aperto) o i cittadini non avranno nulla. Chiaro?
Ecco, allora, il vero stato di necessità in cui ci siamo venuti a trovare. O diamo luogo a pratiche radicalmente nuove come sarebbe l’outsourcing non più realizzato «all’italiana», oppure dovremo tagliare la gran parte degli investimenti nel settore delle pubbliche amministrazioni. E senza investimenti ogni tentativo di modernizzazione diventerebbe davvero proibitivo.
Ecco, insomma, perché la proposta del senatore Debenedetti è di quelle che non si possono rifiutare a cuor leggero. Ed ecco perché mi sento in dovere di farla mia, così su due piedi. Mettendo immediatamente al lavoro un piccolo gruppo di esperti per appurare la concreta fattibilità proprio di quanto detto finora: l’affidamento ai privati della creazione di una rete di sportelli per il cittadino. Certo, il senatore Debenedetti con la sua vista lunga ha già elencato molti degli ostacoli che dovranno essere superati: «concerto dei colleghi, risentimenti di autorità, disposti legislativi, sindacati…». Ma tant’è. Invece che giudicare la sua proposta «maliziosa» la considero solamente lungimirante. E per questo posso essergli solo riconoscente. Vantando però nei suoi confronti almeno un diritto: quello di chiedere il suo autorevole aiuto nella non facile opera di convincimento che toccherà fare anche in Parlamento. Data la rispettiva collocazione topografica, posso chiedere al senatore Debenedetti che si impegni adeguatamente nel centro sinistra mentre io mi do da fare sul centro destra? E se mi risponde di sì, come spero, che Iddio ce la mandi buona.
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