Bancomat dei certificati

settembre 30, 1994


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Caro senatore Debenedetti, d’accordo, ci sto! La sua «proposta da cittadino» mi ha convinto. Del resto, non ho nemmeno dovuto rifletterci granché, proprio per la ragione che lei stesso ricorda molto opportunamente: la promessa, sulla quale questo governo ha ottenuto la fiducia del Paese, di introdurre nella gestione pubblica cre­scenti elementi di efficienza manageriale e – ovunque possibile – di pri­vatizzazione.

Ricordo breve­mente la sostanza della sua proposta: scegliere un gros­so servizio informativo pubblico e indire una gara per chiamare a rac­colta l’esperienza dei privati. Obietti­vo: quello di «appaltare» al miglior of­ferente non solo risparmi di costo, ma anche incrementi di efficienza or­ganizzativa. La formula dell’outsour­cing non è certo nuovissima, nemme­no nel nostro Paese, dove molti mini­steri la praticano da anni: Finanze, Pubblica istruzione, Sanità… La diffe­renza con ciò che viene ora proposto è però abissale e anche qui concordo pienamente con lei. Finora si è pub­blicizzato il privato; d’ora in avanti dovremo privatizzare il pubblico.

Qualcuno storcerà forse il naso. Ma credo che si possa trattare soltanto di chi non ha capito nulla e che non si è comunque reso conto del nuovo e del tempo in cui vive. Faccio un solo esempio, ma pregnantissimo. Nel piano triennale per l’informatizzazione della pubblica amministrazione figurano i cosiddetti sportelli polifunzionali; una sorta di bancomat dei servizi pubblici, il cittadino possa in qualsiasi momento otte­nere informazioni e documenti, concernenti una vasta pluralità di enti pubblici. Sarebbero un vero toccasana per tutti; e prima li realizzeremo meglio sarà. Ma il problema oggi qual è? Molto semplice: non abbiamo le risorse finanziarie sufficienti. E allora delle due l’una: o si ricorre a pratiche come l’outsourcing (creando insieme ai priva­ti un nuovo mercato a loro aperto) o i cittadini non avranno nulla. Chiaro?

Ecco, allora, il vero stato di neces­sità in cui ci siamo venuti a trovare. O diamo luogo a pratiche radicalmente nuove come sarebbe l’outsourcing non più realizzato «all’italiana», oppu­re dovremo tagliare la gran parte degli investimenti nel settore delle pubbli­che amministrazioni. E senza investi­menti ogni tentativo di modernizza­zione diventerebbe davvero proibitivo.

Ecco, insomma, perché la proposta del senatore Debenedetti è di quelle che non si possono rifiutare a cuor leg­gero. Ed ecco perché mi sento in dove­re di farla mia, così su due piedi. Met­tendo immediatamente al lavoro un piccolo gruppo di esperti per appurare la concreta fattibilità proprio di quan­to detto finora: l’affidamento ai privati della creazione di una rete di sportelli per il cittadino. Certo, il senatore Debenedetti con la sua vista lunga ha già elencato molti degli ostacoli che do­vranno essere superati: «concerto dei colleghi, risentimenti di autorità, di­sposti legislativi, sindacati…». Ma tant’è. Invece che giudicare la sua pro­posta «maliziosa» la considero solamente lungimirante. E per questo posso essergli solo riconoscente. Vantando però nei suoi confronti almeno un diritto: quello di chiedere il suo autorevole aiuto nella non facile opera di convincimento che toccherà fare anche in Parlamento. Data la rispettiva collocazione topografica, posso chiedere al senatore Debenedetti che si impegni adeguatamente nel centro sinistra mentre io mi do da fare sul centro destra? E se mi risponde di sì, come spero, che Iddio ce la mandi buona.

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di Franco Debenedetti – Panorama, 30 settembre 1994

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