Authority, più i pregi che i difetti

dicembre 15, 1998


Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore


L’undici dicembre l’Antitrust ha reso noto il suo parere in merito alla legge sulle fondazioni bancarie. Ieri il testo è arrivato in Aula a Montecitorio. Ma già il 12 le agenzie hanno battuto una dichiarazione del Presidente della Camera, Luciano Violante, in cui egli puntava il dito contro la “autoreferenzialità” della Autorità, metteva in dubbio la democraticità di poteri che esprimono regole ma, non essendo direttamente eletti, non sono “punto di incontro della responsabilità politica nei confronti dei cittadini”.

La riflessione di Violante segue di poche settimane la reazione di insofferenza con cui furono accolte osservazioni e proposte avanzate – come la legge prescrive – dall’Autorità per l’Energia elettrica e per il gas. Allora a parlare erano stati membri dell’esecutivo, e in questione era la modalità della comunicazione al pubblico.
Ora ciò che viene messo in questione é la legittimità stessa dell’operato dell’Antitrust, e a parlare é la terza carica istituzionale dello stato, anzi il Presidente dell’Assemblea che prima o poi voterà questa legge. E ciò dà la misura di quanto vivace debba essere stata la reazione suscitata dal parere dell’Antitrust presso il Tesoro, che di questa legge è autore e difensore.
La medaglia ha però anche un suo rovescio: infatti é proprio in questi casi che l’indipendenza dell’autorità si dimostra qualcosa di più di una nobile parola: oggi abbiamo una prova in più che in Italia effettivamente c’è un’Antitrust indipendente.
Chi, come il sottoscritto, sostiene che mercato e concorrenza sono beni pubblici se ne rallegra, e trova conferma dell’opportunità di garantirli costituzionalmente in modo esplicito e non solo in modo derivato dai trattati comunitari.

L’esternazione del Presidente Violante fornisce l’occasione per un paio di altre riflessioni.
Una riguarda i problemi di tipo giuridico che pongono le Autorità indipendenti, in qualche modo corpi estranei, soggetti anomali nel nostro ordinamento amministrativo. Ci sono difformità nei regolamenti che le istituiscono, nei poteri, nei criteri di nomina, nella durata in carica, nella retribuzione, nei vincoli dopo la cessazione dalla carica: sarebbe logico eliminarle. Anche a me e ai colleghi della Commissione Industria del Senato, sembrava logico fare una specie di Testo unico delle Autorità di settore. Logico, invece, non sembrò al partito RAI-Stet: tant’è che l’Autorità delle Comunicazioni poté essere varata solo a patto che a dirigerla fosse un parlamentino eletto dalle Camere con voto di lista. Vogliamo sperare che quando parla di Autorità che “rientrano nel circuito parlamentare” il Presidente della Camera non faccia riferimento a questo esempio, e non auspichi tanti parlamentini gemmati sul gran tronco del Parlamento nazionale.
In tutto il mondo, per proteggere alcuni valori e per svolgere alcune funzioni si ricorre ad autorità specializzate. Esiste ormai dovizia di letteratura teorica e di indagine empirica a dimostrazione che la loro efficienza ed efficacia, i benefici che esse apportano nei campi di loro attività, sono direttamente legati al loro grado di indipendenza. L’indipendenza é un dogma universalmente accettato per le Banche centrali, solo così si garantisce ai cittadini la costanza di valore della loro moneta e si impedisce ai Governi di manipolarla. Ma anche il diritto dei cittadini a svolgere attività economiche deve essere protetto dagli abusi di posizioni dominanti; anche il sanare la distorsione creata da tanti anni di monopolio pubblico nei servizi richiede un intervento regolatore.
Ci sono molti modi di assicurare l’indipendenza, tutti sono stati variamente impiegati: la legge ordinaria e il sistema giudiziario; la legge ed i Tribunali amministrativi; articolazioni della Pubblica amministrazione, con cui il Governo garantisce un particolare status. Di tutti ci sono esempi in vari Paesi. Da noi é stato il Parlamento stesso a riconoscere che né la giustizia ordinaria, meno che mai quella amministrativa (abbiamo presente i Tar?), erano in grado di svolgere queste funzioni; a indicare nella Pubblica amministrazione il vero ostacolo da superare. Quando ad ogni occasione, il Parlamento stesso richiede nuove Autorità indipendenti, è verso l’amministrazione che esprime sfiducia. Che garanzia di indipendenza può dare un Ministero delle Comunicazioni simbiotico con la vecchia Stet, o un Ministero dell’Industria ancor oggi così attento alle ragioni dell’Enel? Che credibilità ha di indicare spazi alla libertà di mercato e alla concorrenza un’amministrazione prodiga di esempi di comportamenti monopolistici e di prepotenza?
Certo, con il proliferare delle Autorità si introdurrebbero duplicazioni di organi ed incertezze di attribuzioni, la soluzione del problema si allontanerebbe vieppiù. Certo, sarebbe bene dare una disciplina unitaria alle norme che si sono dettate nel tempo. Ma se qualcosa si é fatto in questi anni per ammodernare questo paese, per garantire libertà essenziali, lo dobbiamo in gran parte a Bankitalia, all’Antitrust (a Roma e a Bruxelles), alle ultime Consob, e, almeno stando alle loro prime prove, alle nuove Autorità di regolazione. Metterne in dubbio la legittimità non pare utile.
Farlo in difesa di una legge come quella sulle Fondazioni bancarie non pare opportuno.

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