Antitrust, il vento di destra

giugno 20, 2002


Pubblicato In: Giornali, La Stampa

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Una sentenza del Tribunale europeo dà torto al Commissario Monti

Un mercato concorrenziale che assicuri libertà di intraprendere e offra protezione dai monopoli è uno dei capisaldi su cui si fonda la costruzione dell’Europa. Tant’è che l’Antitrust è uno dei due poteri esecutivi in capo direttamente alle autorità comunitarie, l’altro essendo quello di fissare i tassi di interesse.

Ma mentre la Banca Centrale Europea fu introdotta solo nel 1992 con il trattato di Maastricht, l’Antitrust vi è fin dall’inizio, dal trattato di Roma del 1957.
E’ quindi un fatto di eccezionale importanza che la Commissione per la concorrenza sia diventata oggetto di critiche, fattesi sempre più vivaci e audaci. Così quando, la settimana scorsa, il Tribunale di prima istanza europeo, giudicando sul caso Airtours, ha dato torto all’Antitrust accusandola di aver compiuto “una serie di errori” e di aver mancato di “logica economica”, si è avuta la netta percezione che nella costruzione europea si fosse prodotta un’incrinatura.
La sconfitta va ben oltre la normale vicenda giudiziaria – che di per sé poteva perfino essere una dimostrazione che esistono sistemi di garanzia – e intacca il prestigio stesso della Commissione.

Mario Monti – l’attuale Commissario alla concorrenza – non è certo uno che si tira indietro. E’ intervenuto in vicende che riguardavano anche imprese USA (la fusione GE–Honeywell, forse la Microsoft); è inflessibile verso gli aiuti di Stato, a costo di scontrarsi con il Governo italiano per i provvedimenti a favore del Mezzogiorno o con quello tedesco per le garanzie che i Laender forniscono alle banche regionali; non ha risparmiato i rapporti consolidati tra costruttori di automobili e i loro rappresentanti commerciali. Ma alle polemiche con le imprese, normali per chi fa questo mestiere, si sono aggiunte critiche di principio.
Alcune riguardano aspetti organizzativi – su cui Monti ha già avanzato proposte con un libro verde del dicembre 2001 – altre i criteri economici in base a cui giudicare e gli obbiettivi a cui dare priorità – il vantaggio diretto dei consumatori oppure quello indiretto di una più vivace concorrenza. Un argomento appare particolarmente rilevante: quello che critica il fatto che oggi l’Antitrust è insieme accusa e giudice dei provvedimenti, e che propone di separare radicalmente le funzioni, in modo che sia una autorità giudiziaria terza ad accettare o respingere le proposte della Commissione.

Preoccupa che la vicenda cada in un momento politico estremamente delicato. Non si può escludere il pericolo che il processo di revisione istituzionale europea diventi occasione per gli Stati nazionali di riappropriarsi di poteri anche in materia di concorrenza, e che ne escano ridimensionati i poteri di iniziativa e di decisione dell’Antitrust. Questa deve già scontare, nei rapporti con gli USA, la debolezza dell’UE in politica estera e la sua inconsistenza quanto a capacità militare. Potrebbe dover scontare, nei rapporti con gli Stati membri, il vento che percorre l’Europa, se i governi di destra fossero, come tradizionalmente furono, più vicini agli interessi delle aziende che a quelli dei consumatori.
Ma si deve guardare anche dagli entusiasmi. Quelli dei puristi pronti ad accusare il “deficit di democrazia” (a torto in questo caso, perché la nomina del Commissario spetta ai governi eletti e quella degli altri membri è sottoposta all’approvazione del Parlamento Europeo). O quelli degli appassionati sostenitori del “pilastro politico” che controbilanci il “pilastro economico”: con l’aria che tira bisogna innanzi tutto difendere quello che c’è, i poteri dell’Antitrust contro i rigurgiti protezionisti, e quello della BCE dalle nuove invenzioni di finanza creativa o dalle vecchie tentazioni dei deficit di bilancio.

Si deve all’Antitrust, a personaggi come Peter Sutherland, Leon Brittan, Karel van Miert, se l’Europa dei campioni nazionali, dei monopoli di stato, delle industrie protette, inizia a diventare un mercato libero e aperto. Mario Monti ne è il degno successore, la sua statura intellettuale è apprezzata anche da coloro che ne criticano l’autorità un po’ distaccata, il rigore un po’ giacobino. La decisione del tribunale, e ancor più il vivace dibattito che vi ha fatto seguito, hanno messo in luce debolezze gravi e reali. Se la Commissione e Mario Monti non affronteranno con lungimiranza le riforme necessarie – in modo particolare per quanto riguarda la separazione tra potere di inchiesta e di giudizio – il vento della nuova Europa finirà per travolgerli.

Sarebbe un disastro: perché senza una rigorosa politica pro-concorrenziale, in Europa non ci saranno mai un’economia vivace, crescita e innovazione.

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