Antitrust: il monopolio danneggiai consumatori e non rafforza le aziende

luglio 1, 1998


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di Giuseppe Tesauro

Stralci del testo letto dalprofessor Giuseppe Tesauro, Presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in occasione della relazione annuale tenuata a Roma il 20 maggio scorso.

La riconsiderazione degli stessi obiettivi dell’intervento pubblico e la realizzazione di un contesto regolamentare più snello rappresentano dunque compiti di grande importanza (…). In Italia il settore dei servizi pubblici è caratterizzato da limitazioni legali all’accesso e da un’ampia diffusione di diritti speciali esclusivi (…).

Le politiche di liberalizzazione nei servizi di pubblica utilità non sempre trovano un contesto di agevole applicazione. Le resistenze a una piena apertura alla concorrenza vengono giustificate, soprattutto rispetto ad alcuni settori, facendo leva sulla necessità di garantire su base nazionale un insieme uniforme di prestazioni, a condizioni ragionevoli e alla generalità degli utenti. In particolare, viene evidenziato il timore che l’eliminazione degli ostacoli regolamentari all’ingresso favorisca l’entrata di nuovi operatori unicamente nelle attività più redditizie, con significativi peggioramenti del conto economico dell’impresa soggetta agli obblighi del servizio universale e conseguente abbassamento del livello qualitativo del servizio offerto. Si tratta tuttavia di argomenti troppo spesso pretestuosi.
Invero anche nei casi in cui gli obblighi del servizio pubblico siano prevalenti, tanto da far temere che una piena liberalizzazione possa condurre a una indesiderata riduzione della qualità e dell’e-stensione del servizio, la soluzione appropriata non può essere il mantenimento del monopolio legale su tutte le attività svolte dell’impresa titolare dei servizi speciali ed esclusivi. L’isolamento del confronto concorrenziale tende infatti a ridurre l’incentivo a innovare e migliorare la qualità dei servizi offerti, ciò che, come sottolineato dall’Autorità a più riprese, non solo danneggia i consumatori ma neppure rafforza le imprese coinvolte. Si tratta, dunque, di individuare soluzioni regolamentari idonee a conciliare l’apertura alla concorrenza con il rispetto degli obblighi del servizio universale. Una possibile soluzione potrebbe ad esempio consistere nell’assoggettare i nuovi entranti, quando abbiano raggiunto quote di mercato di un certo rilievo, all’obbligo di partecipare per quanto di ragione al finanziamento del servizio universale. Occorre comunque prestare attenzione alle modalità di individuazione dei costi effettivamente sostenuti dall’impresa che fornisce il servizio universale, anche al fine di evitare che le siano attribuiti vantaggi ingiustificati. Alcune importanti esperienze in altri Paesi mostrano infatti che le attività soggette agli obblighi di servizio pubblico non sempre necessitano di un intervento di sostegno, potendo spesso trovare un’adeguata remunerazione nel mercato.
È, in ogni caso, di rilevanza cruciale che i processi di liberalizzazione siano attentamente guidati dalla preoccupazione che il venir meno del monopolio legale non si risolva in una sua sostituzione con un monopolio di fatto. A tal fine, è necessaria un’attenta vigilanza affinché quelle imprese che si trovavano originariamente in posizione protetta di monopolio non vengano ad avvantaggiarsi della condizione di essere già attive nei rispettivi mercati per porre in essere, dopo la liberalizzazione, comportamenti atti ad ostacolare l’ingresso dei nuovi entranti o comunque alterare il corretto funzionamento dei meccanismi concorrenziali (…).
Esistono numerosi settori in cui l’Amministrazione pubblica fornisce direttamente una quota molto consistente della domanda e nei quali i beni e i servizi offerti vengono pagati dai consumatori a un prezzo significativamente inferiore al costo di produzione. In tali casi, i relativi disavanzi gestionali, che rappresentano una parte rilevante dei costi totali, sono coperti da finanziamenti pubblici che vengono attribuiti direttamente all’ente o all’azienda cui sono destinati, senza che venga valorizzato il ruolo dell’utente nel processo di controllo sull’allocazione dei fondi. In numerose circostanze, infatti, esistono effettive possibilità di scelta, sia pure talvolta tra servizi tutti forniti dall’Amministrazione pubblica, e una maggiore efficienza potrebbe essere perseguita consentendo all’utente di influenzare attraverso le sue decisioni i risultati gestionali delle imprese o degli enti erogatori. Il finanziamento a piè di lista dei disavanzi gestionali delle imprese introduce nel sistema economico privilegi che riguardano sia i lavoratori di queste strutture, che possono mantenere posti di lavoro e mansioni che altrimenti il mercato non consentirebbe, sia gli stessi comportamenti d’impresa, non favorendo l’aggiustamento dell’offerta alle esigenze anche qualitative della domanda.
Le soluzioni organizzative più efficienti potrebbero essere individuate direttamente dalle amministrazioni pubbliche coinvolte, ove fossero effettivamente responsabili delle spese da esse sostenute in relazione a un vincolo di bilancio stringente. In tale ipotesi, a meno di non consentire significativi aumenti dei prezzi per i servizi pubblici forniti, le amministrazioni sarebbero infatti costrette a individuare le soluzioni organizzative economicamente più convenienti. Ciò potrebbe anche condurre, ad esempio, a un sostanziale allargamento geo-grafico dei mercati nei quali i diversi servizi vengono erogati. Le amministrazioni, invece di sentirsi obbligate a fornire in proprio, o attraverso aziende appositamente costituite, i servizi pubblici che le comunità locali richiedono, potrebbero infatti presentarsi anche congiuntamente sul mercato, domandando servizi pubblici locali che imprese (pubbliche e private) in concorrenza fra loro potrebbero fornire in contesti geografici più ampi, con vantaggi di costo rilevanti.
Muovendosi in tale prospettiva l’Autorità ha auspicato, in un recente parere concernente la normativa sul trasporto pubblico locale, che il ricorso alle procedure concorsuali rappresenti la forma ordinaria di affidamento della gestione del servizio di trasporto locale. L’unica eccezione ammessa dovrebbe essere quella in cui sia la stessa Amministrazione a fornire direttamente il servizio. Per contro, anche laddove siano state costituite società miste con la partecipazione al capitale azionario delle amministrazioni pubbliche e di soci privati, la procedura della gara pubblica aperta a tutti resta l’unica in grado di garantire il contribuente circa l’economicità della gestione e la qualità del servizio acquistato. Peraltro, la gara pubblica potrebbe permettere la stessa individuazione dei bacini ottimali di utenza all’interno dei quali eventuali economie di coordinamento possano effettivamente sviluppare tutti i loro effetti positivi.

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di Franco Debenedetti – Rivista Anci, Luglio 1998

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