→ gennaio 26, 2021

Non esistono né procedure né strutture competenti per attuare i progetti concordati con l’Europa. Svegliamoci
Mai sprecare una crisi”. E invece è quello che fanno quelli che accusano Renzi di irresponsabilità, aver aperto una crisi in piena pandemia. Così facendo, ci occupiamo della crisi sbagliata: assai più grave è quella del Recovery fund. Non basta infatti la modifica del primo progetto, che Renzi ha chiesto o ottenuto: mancano i piani per accedervi, per non parlare delle capacità di eseguirli. Tutto personale e preconcetto questo strabismo? La pandemia la conosciamo ormai da quasi un anno: sappiamo misurarne l’andamento, ci siamo abituati al rimedio per contrastarla, abbiamo iniziato a distribuire i vaccini. I problemi per vaccinare il 70 per cento della popolazione sono di tipo logistico e organizzativo: la linea di comando dovrebbe avere imparato dai propri errori. Del Recovery fund invece la sola cosa che conosciamo con precisione è la somma prevista per l’Italia.
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→ gennaio 22, 2021

In risposta a Luciano Floridi sulle regole dei social network
La decisione presa da Twitter e da Facebook di bloccare gli account di Donald Trump che, durante l’assedio a Capitol Hill, buttava benzina sul fuoco incitando i suoi sostenitori con la falsa affermazione che le elezioni erano state truccate, ha aperto discussioni e suscitato prese di posizioni.
Per sostenere che gli Stati debbano “riprendersi la sovranità digitale”, ad Angela Merkel bastano poche parole (come quando con il “wir schaffen das” autorizzò l’ingresso in Germania di 2 milioni di siriani). Luciano Floridi, l’illustre filosofo di etica del digitale, lo spiega in un’intervista ad Adele Sarno su HuffPost del 13 gennaio: che si presta a osservazioni anche radicali.
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→ gennaio 7, 2021

Fare profitti.
L’etica dell’impresa.
di Franco Debenedetti
2020, Marsilio
Come era accaduto durante la Grande Depressione, il capitalismo è oggi sotto attacco, tra voci critiche che vorrebbero «resettarlo» e nuove improbabili forme di responsabilità sociale attribuite alle aziende. Nell’epoca post-rivoluzione digitale, in cui sono migliorate le comunicazioni e si sono moltiplicati i canali di accesso all’informazione, politici ed economisti si domandano se società per azioni e industria finanziaria, vere artefici di questa rivoluzione, siano all’origine dei grandi problemi sistemici. Che fare, allora? «Cambiare tutto, modificare le regole di un capitalismo che ha mantenuto le sue promesse, fare profitti e creare ricchezza per tutti?», si chiede Franco Debenedetti. «No, certo. Ci sono altri sistemi per aumentare i salari minimi, per ridurre le emissioni, per modificare il finanziamento della politica: la certezza della legge e le iniziative delle democrazie».
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→ settembre 21, 2020

Il caso Autostrade lo dimostra: a forze come Movimento 5 Stelle e Lega mancano le basi culturali per rinnovare il Paese. Perciò è impossibile discutere con chi ha fatto ammalare la gente di reddito di cittadinanza e quota 100
È del 2003, per la precisione del 23 ottobre, il primo articolo che scrissi sul Riformista. Al governo c’era Berlusconi e noi eravamo all’opposizione. Ma se qualcuno mi avesse chiesto quali riforme avremmo voluto fare, avrei parlato per mezz’ora. Oggi non saprei che dire: perchè oggi pregiudiziale al parlare di riforme è avere in Parlamento una maggioranza e un’opposizione diverse.
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→ settembre 19, 2020

“In Italia seicentoquaranta” sono, nel catalogo di Leporello, le “belle che amò” Don Giovanni, . Sono invece solo 368 le società per azioni quotate alla Borsa di Milano, per un valore complessivo di €532mld.
Il tema della Borsa italiana è ritornato di attualità dopo che l’Unione Europea ha imposto al London Stock Exchange, con cui al momento è fusa, di alienarla, se vuole proseguire la sua fusione con Refinitiv, la società di piattaforme tecnologiche controllata da Blackstone e Reuters. La soluzione al momento più probabile è quella ibrida, metà fusione con una grande Borsa, la francese Euronext (ma potrebbero essere anche i tedeschi o gli svizzeri), metà ri-nazionalizzazione, con Cassa Depositi e Prestiti e Banca Intesa.
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→ settembre 14, 2020

Le intuizioni di Friedman
Se quella sulla responsabilità sociale dell’impresa fosse una battaglia, l’eroe eponimo sarebbe Milton Friedman. Lui stesso osservava che la critica demolitrice della CSR (Corporate Social Responsibility), pubblicata sul New York Times Magazine il 12 settembre 1970 di cui celebriamo il mezzo secolo, “sembra che abbia conquistato il quasi completo monopolio del campo di battaglia” e, da monopolista, incassava le royalty quando le classi dirigenziali discutevano delle sue idee e gli accademici polemizzavano furiosamente contro le sue tesi, qualificando lui come una canaglia e le sue tesi contro la CSR piena di fallacie e di ipersemplificazioni. Iper-semplificazione sarebbe ridurre la sua critica della CSR a un criterio di condotta aziendale: quello che gli sta a cuore è il funzionamento di un’economia in cui le decisioni sulla allocazione di risorse scarse siano prese non in base a meccanismi politici, ma di mercato. Soprattutto è tutt’uno con la sua preoccupazione per il problema dei monopoli. La sua argomentazione non è in positivo sulle ragioni per cui “c’è una e una sola responsabilità globale dell’impresa: accrescere i suoi profitti”, ma in negativo contro coloro che sostengono che le società ne abbiano altre e diverse. Gli imprenditori che tanto parlano di responsabilità sociale d’impresa in un sistema di libera iniziativa, in realtà stanno predicando un puro e genuino comunismo: sono le marionette delle forze intellettuali che minano le basi di una società libera. Forse avrà avuto in mente la decisione della U.S. Steel di cancellare nel 1962 l’aumento del prezzo dell’acciaio, dopo che il presidente Kennedy aveva pubblicamente manifestato il proprio disaccordo e l’azienda era stata fatta oggetto di larvate minacce di rappresaglia, procedimenti antitrust, indagini fiscali sui suoi dirigenti.
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