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→  luglio 6, 2010



estratto da una recensione di Giorgio Basevi

Al tema generale proposto l’anno scorso per le serate sui classici –Il dio denaro— si potevano dare almeno due impostazioni: una relativa al significato etico-filosofico che i classici attribuivano al denaro, l’altra a quello più propriamente tecnico-economico.
La relazione di Debenedetti, ispirata all’attuale crisi finanziaria internazionale, solleva un tema, fra gli altri, cioè quello della regolamentazione e sorveglianza dei mercati finanziari. Debenedetti non è particolarmente favorevole a tale regolamentazione, timoroso che essa possa soffocare il funzionamento dei mercati.

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→  giugno 20, 2010


di Alessandro De Nicola

Quando viene pubblicato un nuovo libro sulla corporate governance, invece che discuterne, si potrebbe far ricorso al tradizionale approccio medievale dell’ipse dixit. Ma laddove i filosofi dell’età di mezzo per troncare ogni diatriba su postulati ed assiomi teoretici ne facevano risalire la paternità ad Aristotele, in campo economico le veci dello Stagirita le assume Adam Smith il quale nella sua The wealth of the nations osservò:
“Gli amministratori delle società per azioni, tuttavia, essendo i gestori del denaro di qualcun altro piuttosto che del proprio, non ci si può aspettare che se ne prendano cura con la stessa ansiosa vigilanza con i quali i soci di una società di persone frequentemente si prendono cura del loro.

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→  giugno 13, 2010


dalla Domenica del Sole 24 Ore

Mercati e logiche del capitalismo

Le crisi finanziarie sono prevedibili? Nessuno è più credibile di Nouriel Rubini per rispondere affermativamente: nel febbraio 2008 , sette mesi prima del fallimento della Lehman (ma già nel 2006 lanciava i suoi ammonimenti), nel suo paper “12 passi verso il disastro” prevedeva con accuratezza la dinamica per cui una crisi tutto sommato di modeste dimensioni – Bernanke stesso all’epoca la stimava in alcune centinaia di miliardi di $ – avrebbe provocato il disastro che abbiamo visto.

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→  maggio 30, 2010


dalla Domenica del Sole 24 Ore

Lo scrittore inglese demolisce ambiguità,trasformismo e retorica di figure emergenti promosse dagli affari.

Da giovane, Michael Beard, in un breve periodo di esaltata concentrazione intellettuale, aveva tratto una conseguenza inaspettata dal famoso lavoro di Einstein sull’effetto fotoelettrico: la “Conflation Beard-Einstein” gli aveva valso il premio Nobel per la fisica. All’inizio di Solar, l’ultimo romanzo di Ian McEwan, Beard ha 53 anni; il suo quinto matrimonio sta andando a rotoli; è calvo e fisicamente appesantito, imbolsito e intellettualmente spento, etilista e sessualmente compulsivo. “Un solipsista, con una pepita di ghiaccio al posto del cuore”.

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→  maggio 26, 2010


Una raccolta di oggetti augurali progettati
da Lorenzo Prando e Riccardo Rosso
per Franco Debenedetti.

Fotografie di Santi Caleca

Saggio introduttivo di Federico Vercellone

Editore 22 Publishing
Anno di pubblicazione 2010

→  maggio 12, 2010


di Giuseppe Turani

Gli ultimi giorni della Fiat sono già cominciati. Non nel senso che la Fiat si appresti a chiudere i battenti. Ma nel senso che la casa torinese sta per diventare un’altra cosa, molto diversa da quella che abbiamo conosciuto fino a oggi e che in parte pensiamo ancora che sia. Dire che cosa era la Fiat non è difficile. È stata, a partire dal nome – Fabbrica Italiana Automobili Torino – sinonimo dell’industra in Italia. La più grande azienda, e anche quella che ha esercitato il maggior potere sui nostri destini e sul nostro modo di vivere. Dire che cosa dovrebbe diventare è altrettanto facile. La Fiat dovrebbe trasformarsi in un’azienda mondiale dell’auto, con un azionariato diffuso a livello planetario. E quindi se ne deve andare dall’Italia.