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→  marzo 29, 2006

il_riformista
APPELLO. MODIFICARE LA GASPARRI E INTRODURRE LA CONCORRENZA

di Paolo Messa

Riportiamo qui sotto l’appello lanciato dal direttore di Formiche, pubblicazione a cura di Paolo Messa, sulla questione televisiva. Che non è solo una questione di proprietà, né solo (anche) di conflitto di interessi tra politica e controllo del principale mezzo di comunicazione di massa (in attesa che venga scavalcato da Internet). La questione televisiva riguarda la libertà, che si basa su concorrenza e pluralismo. Il Riformista lo pubblica e ne sostiene lo spirito e la sostanza. Siamo convinti che chiunque vinca alle prossime elezioni si troverà ad affrontare un nodo intricato. Che non si taglia con una spada. E’ anche questo il senso della tavola rotonda che abbiamo organizzato due settimane fa con i maggiori rappresentanti delle imprese che fanno televisione e telecomunicazioni. E’ nostra intenzione ospitare e stimolare una discussione vera, tenendo fuori la propaganda.

In Italia c’è abbastanza pluralismo televisivo? Esiste un settore meno protetto di quello televisivo? Temiamo di no. Non pensiamo che la questione riguardi il conflitto d’interessi. Anzi, riteniamo che bene abbia fatto questa maggioranza a varare un provvedimento sul quale c’era, almeno inizialmente, un’intesa con l’opposizione. Sarebbe insensato prevedere una ritorsione legislativa nel caso in cui vincesse il centrosinistra.

Il tema del pluralismo però rimane. C’è da prima che il fondatore del più importante gruppo televisivo privato italiano scendesse nell’arena politica ma non è stato affatto risolto dalla legge Gasparri. L’espediente del digitale si è rivelato inefficace (ha riprodotto il duopolio in una versione tecnologicamente più innovativa), la diffusione del satellite (dove vanno affermandosi realtà indipendenti di ottimo livello) è stata di fatto bloccata o rallentata, la crescita delle tv locali più importanti (quattro o cinque davvero significative) limitata. Nel frattempo, il mercato evolve nel senso della tv digitale mobile (quella sui telefonini, per intenderci) ed i grandi gruppi editoriali manifestano l’interesse di crescere proprio sulla tv.

Se le condizioni legislative lo consentissero in tempi relativamente rapidi potremmo avere una piccola ma significativa ’rivoluzione del telecomando’. Si tratta quindi di intervenire per modificare nel profondo la legge Gasparri. Non per punire l’attuale presidente del Consiglio e capo di Mediaset ma per introdurre, anche in questo settore, maggiore concorrenza. Meno protezionismo e più libertà economica: questo il nostro suggerimento per entrambi i Poli.

Paolo Messa – Formiche

Primi firmatari: Gustavo Piga – docente di Economia, Università di Roma Tor Vergata: Giuseppe Pennisi – docente di Economia, scuola superiore della pubblica amministrazione: Alberto Mingardi – Istituto Bruno Leoni.

→  aprile 6, 2005


Intervista a CaffèEuropa

“Esiste un vecchio proverbio ebreo: quello che non costa niente, non vale niente. Perché non dovrebbe andar bene per i programmi televisivi?”.
“Chi l’ha detto che un programma tv deve essere pagato da tutti, anche da chi non lo vede o non gli piace?”.
“Perché mai il servizio pubblico deve necessariamente essere erogato dallo Stato e non da un privato?”.

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→  gennaio 2, 2005

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La Rai oggi è pubblica, rimarrrà di controllo pubblico anche dopo la vendita, prevista dal Governo, di una quota di minoranza.

La Rai oggi è pubblica, rimarrrà di controllo pubblico anche dopo la vendita, prevista dal Governo, di una quota di minoranza. Non sarebbe quindi una novità se Prodi, con la sua lettera al Corriere della Sera del 30 Dicembre, si fosse limitato a dire “Allo Stato il servizio pubblico”. La novità è: “ Ai privati la RAI commerciale”.

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→  dicembre 14, 2004

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A un anno di distanza dal passaggio al Senato della legge Gasparri, sul riassetto del sistema televisivo, una rivisitazione dei punti oggetto di polemica: Il SIC; il drenaggio di pubblicità a danno dei giornali; il digitale terrestre; la privatizzazione

A un anno di distanza dal cruciale passaggio al Senato della legge Gasparri, sul riassetto del sistema televisivo, può essere utile rivisitarla nei punti che erano stati oggetto di più vivaci polemiche: Il SIC; il drenaggio di pubblicità a danno dei giornali; il digitale terrestre; la privatizzazione.

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→  dicembre 14, 2004

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Risposta aperta all’intervento di Mario Segni su La Stampa del 12 dicembre 2004

Caro Mario, per evitare che Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio, abbia il controllo della quasi totalità delle reti televisive nazionali ci sono, in teoria, due soluzioni: pubblicizzare Mediaset oppure privatizzare RAI. La prima é palesemente assurda. Resta la seconda: l’Ulivo la mise nel suo programma e non la realizzò, anche quando l’esito delle elezioni del 2001 era già prevedibile, e quindi anche la situazione a cui avrebbe dato luogo.

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→  ottobre 22, 2004

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Intervista di Federico De Rosa

«Condizione indispensabile perché un bene sia venduto, è che chi ce l’ha voglia venderlo. La Rai è controllata dalla politica, e non esiste una maggioranza politica disposta a perdere questo controllo». Il senatore Franco Debenedetti non ha dubbi. Pur essendo favorevole alla privatizzazione della tv pubblica, dietro il percorso tracciato dalla Legge Gasparri vede un rischio: «La Gasparri mantiene il controllo della politica sulla Rai, lo scherma dalle critiche maggiori, lo perpetua per sempre».

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