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→  maggio 8, 2019


Al Direttore.

La chiamano “porn law”: è la legge per evitare che i minorenni possano accedere a siti con contenuti per soli adulti; dovrebbe consentire al Regno Unito di diventare “il posto più sicuro per essere online”. Prevede che a quei siti si possa accedere solo esibendo dati di documenti (passaporti, patenti, carte di credito). A parte l’efficacia del provvedimento (i giovanetti che hanno messo a profitto gli insegnamenti digitali non avranno difficoltà ad aggirarlo usando i Virtual Private Networks; gli altri potranno accedere tramite i social, a cui la norma per il momento non si applicherà) ci sono i rischi derivanti dal mettere in rete dati che consentono di identificare persone adulte. Una delle aziende private che dovranno verificare questi dati appartiene a una società che possiede anche i maggiori siti pornografici; i dati degli utenti potrebbero venire collegati alla loro cronologia di ricerca, e magari rivenduti ad altri.

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→  aprile 25, 2019


Dai caratteri mobili ai bit. In Europa la tutela della democrazia online deve superare l’approccio vestfaliano

Gli scontri tra sovranisti ed europeisti, moltiplicatisi in vista delle elezioni europee, non si ridurranno granché , qualunque sia il loro esito: i partiti sovranisti avranno difficoltà a collaborare tra di loro, la loro proposta economica continuerà a oscillare tra una improponibile uscita dall’euro e la tentazione di rovesciare il tavolo rinnegando il dogma che vieta la monetizzazione del debito. Più o meno acute, le contrapposizioni continueranno come prima: questo perché, secondo Martin Belov, il comparatista di leggi costituzionali che sul tema ha curato una raccolta di saggi (Global Constitutionalism and the Challenge to Westphalian Constitutional Law), esse sono radicate a un livello molto più profondo della contingenza e degli interessi politici: risultando infatti dalla contrapposizione di due sistemi costituzionali, quello globale e quello vestfaliano. Nel primo, ci stiamo vivendo. Il secondo ebbe origine dal trattato del 1648 che pose fine alle guerre di religione in Europa, e che, sancendo il principio della sovranità assoluta degli Stati nei propri confini (“cuius regio eius religio”) consolidò la grande invenzione europea, lo stato-nazione.

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→  febbraio 14, 2019


Al direttore.

Abbiamo litigato per niente: l’analisi costi benefici ha decretato che questi ultimi sono maggiori, e che quindi nulla più si oppone a terminare l’opera. Infatti l’errore che ha portato a una diversa lettura delle risultanze deriva non da una valutazione tecnico-politica di dati materiali, ma da una errata imputazione bilancistica. Mi riferisco ai €1,6 miliardi di riduzione delle accise sui carburanti, ed ai €2,9 miliardi di riduzione dei pedaggi autostradali, secondo quanto ricavo dall’articolo di Alberto Brambilla del 13 febbraio. La somma, pari a €4,5 mld, più che annulla lo scarto di €2,7 che appare dal rapporto. Infatti il conto costi benefici si riferisce al Paese, non è il conto finanziario del Tesoro. Questo incassa 4,5 miliardi di meno, ma per il Paese non cambia di un €. Le minori entrate del Tesoro sono un minor costo per i cittadini, che quindi si trovano più soldi in tasca. Quei €4,5 miliardi non sono un costo. E prescindo dai vantaggi per così dire di secondo livello di quello che equivale a un taglio delle imposte. Tutto a posto dunque, tutti d’accordo: il conto è stato fatto, gli ingegneri avevano ragione, hanno sbagliato i ragionieri.

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→  dicembre 9, 2018


Al direttore.

Giovedì sera Marco Travaglio, dalla posizione sovrastante di cui gode a “Otto e Mezzo”, pontificava con tono perentorio sull’inutilità della Tav – “passerà solo qualche treno merci semivuoto” – e quindi ne sanciva le definitiva cancellazione. Mi ha fatto tornare in mente le riunioni a Torino con Sergio Pininfarina senior, a quel tempo presidente della Trieste-Lione. Era il 1994, e anche allora c’era una vivace opposizione all’Alta velocità: sarà solo un treno per i ricchi, dicevano. Fu solo cambiando il progetto in “Alta velocità Alta capacità” che si riuscì a superare l’ostacolo: con un aumento di costo, dovendosi ridurre la livelletta e costruire svincoli, quali si vedono percorrendo in auto la Torino-Milano. Ma l’opera è stata fatta, e ha totalmente cambiato l’economia del paese e le possibilità – di lavoro e di svago – degli italiani in modi che, credo, neppure il suo artefice Lorenzo Necci poteva immaginare. Dà da pensare sentire qualcuno che, dall’alto del suo scranno, spaccia per comune buon senso l’angustia della propria visione.

→  novembre 27, 2018


Libertà dei mercati, in cui le lobby non la facciano da padroni; mobilità del lavoro e, invece della protezione ad infinitum di imprese decotte, spostamento di risorse da settori e imprese meno produttivi a quelli più produttivi; premi al merito per favorire la mobilità sociale; una tassazione che non penalizzi chi lavora; blocco dei trasferimenti a pioggia a questa o quella categoria che riesce ad alzare la voce più di altre. Dieci anni fa era alla sinistra che bisognava insegnare che liberalizzare fa bene all’economia, e non solo. “Il liberismo è di sinistra”, il libro di Alesina e Giavazzi del 2007, voleva dimostrare che le ricette liberali sono coerenti con i principi cardine della sinistra, anzi sono i soli che li possono inverare.

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→  novembre 6, 2018


Al Direttore.

Alla riuscita della giornata dell’Ottimismo hanno certo contribuito le interviste “provocate” da Claudio Cerasa: lo slancio, inaspettato e liberatorio, di Vincenzo Boccia; la sicura fermezza di Marco Bentivogli; perfino i distinguo di Tria sono parsi rassicuranti. Ma sotto sotto, a rovinar la festa, anche quando si parlava d’altro, si aggirava sempre la preoccupazione per il nostro debito.

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