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→  febbraio 5, 2014


Al direttore.

Finmeccanica, Salini, Todini, Ansaldo, Eni (possibilmente), Expo, Alitalia (of course), il credito, le fondazioni. Intercettato il “Letta viaggiatore”: “Abbiamo un’altra Cdp!”.

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→  dicembre 24, 2013


Una delle ragioni della bassa crescita, italiana ed europea, è che troppi lavoratori sono impiegati e troppi capitali investiti nei settori diventati meno dinamici dell’economia. E’ il tema di uno dei dossier preparati per il semestre europeo a presidenza italiana, per essere proposti a Enrico Letta. Spostare capitali e persone in settori trainanti richiede cambiamenti radicali: può non bastare il cambiamento del management, servono culture diverse, può essere necessario l’innesto di outsider, fino al trasferimento del controllo.

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→  ottobre 17, 2013


Condividendo al 99 per cento il testo dell’appello “Contro il riflusso statalista” promosso dal Foglio, l’ho firmato. Più che esplicitare a cosa sia dovuto l’1 per cento mancante, mi sembra interessante ragionare sul perché di questo rigurgito statalista, e a quali interessi esso serva.

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→  ottobre 8, 2013


intervista di Nando Santonastaso

Non è un caso, dice Franco Debenedetti, ingegnere, già senatore DS, ora presidente dell’Istituto Bruno Leoni, se lo scontro politico sull’Imu ha ripreso vigore ora che è iniziato l’iter della decadenza da parlamentare di Silvio Berlusconi e il governo si è rafforzato. «Perché non so se è finito o meno un ventennio, come sostiene il premier Letta, ma è un dato di fatto che la fisionimia politica dell’esecutivo ne è uscita modificata. E questo genera tensioni.

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→  ottobre 2, 2013


Troppa grazia Sant’Antonio! I liberisti (e i liberali) d’Italia non possono che registrare con soddisfazione che in un passaggio molto difficile del Paese, e cruciale per la sua sorte politica, Enrico Letta abbia iniziato e finito il suo discorso citando i due padri del pensiero liberale italiano, Luigi Einaudi e Benedetto Croce.

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→  agosto 30, 2013

Renzi ha conquistato notorietà e consenso come “rottamatore”. Adesso deve portarsi dietro il PD nel progetto di innovazione politica, dovrebbe avere il coraggio di trasformare in atto concreto il suo vecchio teorema (Berlusconi va sconfitto alle urne, non possiamo permetterci di farlo uscire di scena per via giudiziaria). E dopo di che il Partito Democratico dovrebbe seguirlo, a meno che non creda di potersi rafforzare con un tiro in porta senza portiere. In sostanza: deve accettare concorrenza elettorale vera, tra idee politiche, non tra somme di voti. Se mancano questi incentivi all’autoriforma e all’innovazione organizzativa, il PD rischia di essere, come dice Rosy Bindi, “il più grande gruppo misto della storia”. Certo che Renzi rischierebbe. Ma a guardar bene per lui oggi questa è l’unica strada.

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