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→  novembre 9, 2011


di Martin Wolf

L’euro sopravviverà? I leader di Francia e Germania ora si pongono questa domanda per quanto riguarda la Grecia. Se i governanti vent’anni fa avessero saputo quello che sanno adesso, non si sarebbero lanciati nell’avventura della moneta unica. Ormai solo la paura delle conseguenze di una spaccatura li tiene insieme. Il dubbio è se sarà sufficiente. Sospetto di no.
Gli sforzi per riportare la crisi sotto controllo finora sono falliti. La leadership dell’Eurozona è riuscita a rimuovere dal tavolo gli effetti dirompenti del desiderio di legittimazione democratica di Papandreou. Ma Italia e Spagna sono in seri guai finanziari. Con un tasso di interesse reale del 4,5% circa e una crescita economica dell’1,5% (media dal 2000 al 2007), l’avanzo primario dell’Italia (prima dei tassi di interesse) dovrà essere costantemente intorno al 4% del Pil. Ma il rapporto debito/Pil è troppo alto e questo significa che l’avanzo primario dovrà essere molto maggiore, oppure il tasso di crescita dovrà essere molto più alto, oppure il tasso di interesse dovrà essere molto più basso. Con Berlusconi al potere, nessuno dei cambiamenti necessari potrà avvenire. Un altro leader potrebbe risolvere la faccenda? Ne dubito.

Il problema fondamentale è stata l’incapacità di comprendere la natura della crisi. Nouriel Roubini, professore alla Stern School of Business dell’Università di New York, enumera i punti rilevanti in un recente studio. Distingue fra stock e flussi. I secondi sono più importanti, e sono fondamentali per ripristinare la competitività con l’estero e la crescita economica. Come osserva Thomas Mayer, della Deutsche Bank, «la crisi della zona euro superficialmente è una crisi del debito pubblico e del settore bancario, ma alla base c’è una crisi della bilancia dei pagamenti causata da un disallineamento dei tassi di cambio interni reali». La crisi finirà se, e solo se, i Paesi più deboli recupereranno competitività. Al momento, i loro disavanzi strutturali esterni sono troppo ingenti per poter essere finanziati spontaneamente.

Roubini illustra quattro scenari possibili per affrontare i problemi di stock e di flusso: primo, ripristinare la crescita e la competitività con politiche monetarie di espansione quantitativa aggressive, un euro più debole e misure di stimolo nei Paesi del nocciolo duro, mentre i Paesi della periferia si sottopongono a misure di austerità e riforme; secondo, un aggiustamento deflazionistico nei Paesi della periferia, abbinato a riforme strutturali, per spingere in basso i salari nominali; terzo, finanziamento permanente di una periferia non competitiva da parte dei Paesi del nocciolo duro; quarto, una ristrutturazione del debito su ampia scala e parziale frattura dell’euro. Il primo scenario potrebbe raggiungere l’obiettivo dell’aggiustamento limitando al minimo il default. Il secondo non riuscirebbe ad arrivare in tempo all’aggiustamento di flusso e probabilmente si trasformerebbe nel quarto. Il terzo eviterebbe un aggiustamento, di stock e di flusso, nei Paesi della periferia, ma rischierebbe di trascinare all’insolvenza i Paesi del nocciolo duro. Il quarto sarebbe la fine.

Purtroppo esistono ostacoli di rilievo a questi scenari. Il primo è quello che ha maggiori probabilità di funzionare da un punto di vista economico, ma è inaccettabile per la Germania. Il secondo è politicamente accettabile per la Germania (anche se avrebbe effetti negativi sulla sua economia), ma finirebbe per essere inaccettabile per i Paesi della periferia. Il terzo è politicamente inaccettabile per la Germania e potrebbe rivelarsi inaccettabile perfino per i Paesi della periferia. Il quarto è inaccettabile per tutti, almeno per ora.
Quello che sta succedendo è un miscuglio poco felice della seconda e della terza opzione: austerità unilaterale più un finanziamento a denti stretti da parte del nocciolo duro. Mayer sostiene che potrebbe finire per tramutarsi nel primo scenario. La sua tesi è che l’attività di prestatore di ultima istanza svolta dal sistema europeo delle Banche centrali in favore delle banche che non sono in grado di finanziarsi sul mercato sta finanziando i passivi della bilancia dei pagamenti. La conseguenza è che le Banche centrali dei Paesi in surplus stanno accumulando grossi crediti nei confronti della Banca centrale europea, mentre quelle dei Paesi in deficit stanno accumulando debiti. Questa è un’unione dei trasferimenti. Sul lungo periodo, suggerisce Mayer, il finanziamento monetario dei saldi passivi della bilancia dei pagamenti produrrà inflazione e si trasformerà nel primo degli scenari prospettati da Roubini. Non sono sicuro che il pericolo di inflazione sia reale. Ma i tedeschi sicuramente temono che lo sia.

Sul lungo periodo, il primo e il secondo degli scenari di Roubini sembrano più probabili: o tutta l’Eurozona procede all’aggiustamento, o va in frantumi. La Germania dovrebbe accettare i rischi della prima via. Lo so che è tormentata dall’incubo dell’iperinflazione del 1923, ma fu la brutale austerity del 1930-1932 che portò al potere Adolf Hitler.
L’interrogativo è se sia possibile uscire dall’euro senza far saltare per aria il mondo intero. Partiamo dalla decisione di un’uscita cooperativa, considerando i gravissimi problemi di competitività di un Paese come la Grecia. La Grecia introdurrebbe una valuta, la “nuova dracma”. I nuovi contratti in base alla legge greca e le tasse e le spese del Paese ellenico sarebbero in questa valuta. I contratti esistenti rimarrebbero in euro. Le banche avrebbero conti correnti in euro e nuovi conti correnti in dracme. Il tasso di cambio della nuova valuta rispetto all’euro verrebbe stabilito dal mercato. La nuova dracma si deprezzerebbe rapidamente, ma di questo c’è un disperato bisogno.

→  novembre 9, 2011


Fosse solo per il signor Melani, che compera una pagina del Corriere per invitare “le molte persone che dispongono” di qualche ricchezza a comperare Bot e così salvare il Paese, la si può considerare una innocua bizzarria o un tollerabile esibizionismo: al massimo annotare che che l’idea di dare l’oro alla Patria non sembra il massimo per rassicurare la City, e voltare pagina. Ma l’idea è stata ripresa dalle grandi banche, che anzi sarebbero disposte in tal caso a rinunciare alle commissioni. E’ allora il caso di chiedersi: riacquistarsi il debito migliorerebbe o peggiorerebbe la situazione del Paese?

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→  novembre 8, 2011


dalla rubrica Peccati Capitali

L’usura è un delitto odioso: chi, in un momento di difficoltà, cade nelle spire degli strozzini, non ne esce più. Intervenga dunque lo Stato, punisca chi la esercita, aiuti chi ne soffre. La legge antiusura è una delle prime proposte del primo Berlusconi, nel 1994: prevede ben due fondi, uno di solidarietà per le vittime, uno per la prevenzione, poi li unifica, ci mette sopra un Comitato di solidarietà, istituisce nuclei di valutazione, sottoscrive protocolli di intesa. Nell’ultimo decennio i mutui erogati sono 175 milioni: ma il 40% deve essere revocato perché manca la prova dell’impiego, l’80% perché i recuperi sono marginali; sovente si constata “contiguità ambientale sociale ed economica tra usurato e usuraio”. Scatta la risposta “forte”: formazione, piano media, materiale pubblicitario, sito internet, numero verde.

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→  novembre 5, 2011


di Aldo Cazzullo

Ieri il signor Giuliano Melani è stato sommerso per tutto il giorno da mail e telefonate. Erano le risposte al suo appello, lanciato a pagina 24 del Corriere. Un cittadino sconosciuto, che assicura di non avere alcuna ambizione politica, ha invitato i suoi compatrioti a comprare titoli di Stato. Ma soprattutto ha sollecitato l’orgoglio nazionale. Noi crediamo che entrambi gli stimoli siano condivisibili.

L’Italia non è la Grecia, e non lo sarà mai. Ripeterlo è ovvio ma non inutile. Non c’è alcun pericolo che i titoli emessi dallo Stato italiano non siano onorati. I risparmiatori che in queste stesse ore hanno annunciato l’intenzione di spostare i loro investimenti dal nostro ad altri Paesi esprimono preoccupazioni comprensibili, ma sbagliate. L’Italia è la nazione descritta ieri a Cannes dal presidente Obama, che non ha le inclinazioni politiche del nostro governo e neppure una particolare simpatia per il nostro premier, ma ha voluto ricordare al mondo che l’Italia è un grande Paese, «con un’enorme base industriale e con asset straordinari». Una considerazione oggettiva, che per primi noi italiani dovremmo tenere sempre a mente.

Comprare Buoni del Tesoro, come il signor Melani e si spera altri milioni di risparmiatori potranno fare in piena libertà nei prossimi giorni, non è un azzardo. Se lo fa e lo ha fatto la Banca centrale europea perché non dovremmo farlo noi? Non si tratta di chiedere slanci patriottici, come quelli sollecitati in altri tempi, che non hanno portato fortuna. Si tratta di essere consapevoli di noi stessi, degli interessi comuni che ci legano, del rapporto che ci unisce a una patria unificata proprio 150 anni fa e a uno Stato a volte sentito come distante e nemico (e che a volte si comporta in modo tale da confermare questo pregiudizio), ma in realtà non è «altro» rispetto a noi.

Ognuno è tenuto a fare la propria parte. La politica deve trovare una soluzione che metta in sicurezza i conti pubblici, introduca subito le misure necessarie a tranquillizzare l’Europa e a far ripartire la crescita, e dia al Paese un governo stabile e un’ampia maggioranza parlamentare, se necessario anche attraverso elezioni. I cittadini sono chiamati a offrire una prova di orgoglio e insieme una dimostrazione di razionalità, evitando catastrofismi e fughe di capitali che sarebbero controproducenti due volte, per i rendimenti privati e per il bilancio pubblico. Ma neppure le banche possono chiamarsi fuori. Se a tutti è chiesto un segno di responsabilità, anche le banche possono dare il loro. Il modo è semplice, anche se inedito: rinunciare, per un giorno, alla commissione sulla vendita dei titoli pubblici. Si tratta di un sacrificio non indifferente, in un momento delicato per l’intermediazione finanziaria (per quanto le banche italiane siano messe meglio di quelle di altri Paesi, a cominciare dalla Francia). Ma il sacrificio degli istituti di credito darebbe un ulteriore vantaggio ai risparmiatori e un notevole sollievo allo Stato. Non si tratta di fare un favore a politici che non lo meritano. È il nostro stesso futuro a essere in gioco; è su noi stessi che stiamo investendo.

→  ottobre 28, 2011



Le norme contro l’usura come esempio di stato criminogeno

La legge 108/96 l’ho conosciuta in fasce, nel 94, nei primi mesi della mia vita parlamentare, che erano anche i primi mesi del Governo Berlusconi. Del fatto che non mi fosse piaciuta molto non c’è traccia nei verbali del Senato: la Senato la legge fu approvata non in aula ma nella seconda Commissione, in sede deliberante. Io ero alla 10 che doveva solo dare parere consultivo.

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→  ottobre 26, 2011


dalla rubrica Peccati Capitali

E poi c’è quella della scatola di sardine che al mercato di Tel Aviv passa di mano in mano tra ebrei a prezzi sempre crescenti, finché la compera un arabo e la apre. “Ma sono marce!”, protesta. E l’altro: “Ma chi ti ha detto di aprire la scatola?” Vecchiotta e un po’ razzista: ma spiega quello che è capitato alla Dexia, la grande banca belga.

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