→ Iscriviti
→  marzo 19, 2007

larepubblica_logo
di Alberto Statera

“Un allarme per la democrazia”, scandì Romano Prodi quando nella Commissione Antitrust, regnante Berlusconi, furono nominati da Pierferdinando Casini e Marcello Pera, rispettivamente presidenti di Camera e Senato, Giorgio Guazzaloca e Antonio Pilati. Un allarme così grave perché l’ Autorità per la concorrenza, in un paese democratico, è la più importante e, in un sistema bipolare si richiede che sia una “forte e robusta istituzione di garanzia”. Pena, tra l’ altro, “la delegittimazione dell’ Italia nel contesto europeo”, aggiunse Prodi. Lo scandalo, pur in un momento in cui i conflitti d’ interessi erano ben altri, era allora più che legittimo, visto che a garantire il mercato, la concorrenza e i consumatori d’ Italia erano stati chiamati due personaggi che il rispetto sostanziale della legge avrebbe dovuto escludere a priori: Giorgio Guazzaloca, di professione macellaio ed ex sindaco di Bologna, quindi a digiuno totale di mercato e concorrenza, e Antonio Pilati, tutt’ altro che digiuno, ma autore del testo della Gasparri, la legge sulle telecomunicazioni fatta su misura per l’ allora presidente del Consiglio in carica, un signore competente che assurgeva a controllore delle leggi da lui stesso elaborate. Sudamerica, panorama sudamericano.
Passati gli anni, Guazzaloca e Pilati sono restati a piè fermo, senza che l’Europa per la verità ci abbia espulsi come vaticinava Prodi. Due commissari scaduti, Carlo Santagata e Nicola Occhiocupo, sono stati invece sostituiti giorni fa, con nomina firmata dai presidenti delle Camere Fausto Bertinotti e Franco Marini, ben impreparati entrambi in tema di mercato e di concorrenza, si presume sentito Palazzo Chigi. I fasti dell’ era berlusconiana si spera siano inimitabili, e nessuno avrebbe avuto il coraggio di proporre la nomina all’ Antitrust del panettiere bolognese della signora Flavia Prodi, nè del grande banchiere Nanni Bazoli, o del furbissimo consigliere presidenziale Angelo Rovati, autore del famoso piano di riassetto della Telecom, che tante grane procurò al premier. Ma la scelta di Marini e Bertinotti non è quella che ci si sarebbe aspettata. Non certo quella che ribalta la valutazione delle Autorità, che dovrebbero essere garanti dei consumatori e della democrazia, pena l’ allarme denunciato tre anni fa dall’ attuale premier.
Sono personaggi indiscutibilmente di vaglia Carla Rabiti Bedogni e Piero Barucci, nominati all’ Antitrust da Bertinotti e Marini. La prima è docente di diritto del mercato finanziario alla Sapienza di Roma. L’ altro, ex ministro del Tesoro, è presidente della Banca Leonardo e ha ricoperto posizioni di vertice in molte banche, dal Credito Italiano al Monte dei Paschi di Siena, fino a Mediobanca. Ma soprattutto è stato presidente dell’ Abi, l’ Associazione Bancaria Italiana, che è la lobby dei banchieri, più volte oggetto delle attenzioni non proprio amichevoli dell’ Antitrust per i sospetti di cartello. Nel primo caso, come ha notato Franco Debenedetti, ex senatore dei diesse che, non ricandidato, fa ora il giornalista con impatto assai più efficace di prima, c’ è quantomeno uno “sgarbo istituzionale”, in quanto i presidenti delle Camere sapevano benissimo che c’ è all’ esame delle loro assemblee una legge che prevede il divieto del passaggio da un’ Autorità all’ altra, per evitare il “professionismo” delle Autorità. E la Bedogni, purtroppo, viene dalla Consob. Nel secondo caso, è piuttosto evidente che la storia personale, come si dice, non fa del professor Barucci, nonostante la stima che se ne coltivi, il più puro difensore delle regole della concorrenza, del mercato, il più inflessibile persecutore delle posizioni dominanti, degli abusi, né l’irrogatore senza cuore di sanzioni a banche, di cui magari è stato per anni amministratore delegato o consigliere. Credevamo francamente che l’ “allarme democratico” lanciato a suo tempo dall’ ex presidente della Commissione Ue, avrebbe guidato meglio, “qui e ora”, la mano digiuna di mercato di Bertinotti e Marini.

ARTICOLI CORRELATI
Antitrust. Gli errori di Marini e Bertinotti
di Franco Debenedetti – Il Sole 24 Ore, 12 marzo 2007

→  marzo 12, 2007

sole24ore_logo
Fra le Autorità indipendenti l’Antitrust ha una posizione a sé. È compito suo far rispettare le regole del gioco concorrenziale, creare e mantenere il mercato come level playing field, assicurare cioè le condizioni di sistema perché altre Autorità possano esplicare le loro attività: regolazione di specifici settori economici; controllo del mercato in cui si scambiano i diritti di proprietà.

leggi il resto ›

→  febbraio 3, 2007

corrieredellasera_logo
Caro Direttore,

La presenza della Cassa Depositi e Prestiti (CdP) nel Fondo Infrastrutture Italiane (F2I) è finanziariamente rilevante e strategicamente decisiva. La CdP ha il 14,3% del capitale (senza contare, per evitare di parlare del sesso degli angeli, la Cassa di Previdenza dei Geometri e le Fondazioni bancarie). Il fondo é presieduto dall’ex presidente della CdP stessa e per presentarlo ai mercati si sono scomodati il Ministro Padoa Schioppa e il Viceministro Pinza.

leggi il resto ›

→  gennaio 27, 2007

corrieredellasera_logo
di Francesco Giavazzi

I fondi che investono in infrastrutture (autostrade, porti, aeroporti, ma anche ospedali, reti elettriche e per la distribuzione del gas) sono sempre più numerosi. Solo negli ultimi mesi ne sono nati 5 o 6, ad esempio quello lanciato dalla società americana Carlyle, con una dotazione iniziale di oltre un miliardo di dollari. I fondi dell’australiana Macquarie (che in Italia possiede il 44,5% degli Aeroporti di Roma) investono nel mondo un totale di circa 40 miliardi, abbastanza per costruire otto ponti sullo Stretto di Messina.

In Italia accade raramente che opere pubbliche siano finanziate ricorrendo a questi fondi: il motivo per cui esse non decollano è l’incertezza regolamentare. Esemplare è il caso Autostrade: dopo aver firmato una concessione trentennale, oggi il governo ha deciso di riscriverla. E’ vero che quella concessione era forse troppo favorevole ai privati, ma lo Stato avrebbe dovuto pensarci prima: rinnegare un contratto firmato ha effetti deleteri e tiene alla larga gli investitori. E quando ciò accade, per finanziare opere pubbliche non rimane che ricorrere alle tasse dei cittadini.
La scorsa settimana il governo ha creato un fondo per le infrastrutture nel quale investiranno la Cassa depositi e prestiti, le nostre banche maggiori e le fondazioni bancarie. Ce n’era davvero bisogno? E perché le banche, anziché creare un proprio fondo, come Macquarie o Carlyle, ne sottoscrivono uno la cui regia è saldamente in mano al governo e la cui guida è affidata a Vito Gamberale, già manager delle Partecipazioni statali, poi passato dalla parte dei «cattivi rentier » di Autostrade e ora redento?

Il motivo contingente che ha indotto a creare il nuovo fondo è la decisione dell’Antitrust che impone alla Cassa depositi e prestiti di cedere o la partecipazione in Enel o quella in Terna, la società che possiede la rete elettrica. Per non perdere il controllo né dell’una né dell’altra, Terna sarà trasferita al nuovo fondo e quindi rimarrà nella sfera pubblica. Ma a che prezzo avverrà la cessione? Se fosse troppo basso ci perderebbero i contribuenti, se fosse troppo alto a perderci sarebbero gli azionisti delle banche che partecipano al fondo. Per garantire entrambi ci vorrebbe una gara aperta ai fondi internazionali. Ma di gare non si parla.

Senza gare e finanziato da banche amiche (ora si capisce perché il governo ha applaudito alla nascita di Intesa-San Paolo) il fondo crescerà: dopo Terna, acquisterà la partecipazione dell’Eni in Snam Rete Gas, poi la rete fissa di Telecom Italia, secondo il principio che le reti devono essere separate dai gestori dei servizi. Questo è giusto. Ma non c’è ragione che siano anche pubbliche. E così, grazie alla tenacia di Prodi, il piano di settembre del suo (ex) consigliere Rovati — che prevedeva appunto la nazionalizzazione della rete fissa di Telecom — arriverà in porto.
Vent’anni fa Prodi, allora presidente dell’Iri, cercò di togliere ai privati il controllo di Mediobanca. Non ci riuscì. La nuova Mediobanca nasce oggi, sotto l’ala protettiva di Palazzo Chigi e degli azionisti bresciani di Intesa-San Paolo. Non mi sorprenderei se il prossimo passo fosse la nomina all’Antitrust e all’Autorità per l’energia di qualche commissario perbene, che tuttavia nutre dubbi sulle proprietà taumaturgiche del mercato. Autorità amiche non obietteranno a canoni un po’ più alti per l’accesso alle reti possedute dal nuovo fondo. Le risorse del fondo cresceranno e così i suoi orizzonti, per arrivare ad altre mete più ambiziose. Può darsi che tutto ciò sia nell’interesse del Paese ma è legittimo chiedere che un passo tanto importante sia preceduto da una grande e libera discussione.

ARTICOLI CORRELATI
Sotto quel fondo moderno c’è molto di antico, l’Iri
di Franco Debenedetti – Il Sole 24 Ore, 26 gennaio 2007

Chi dice che privato è meglio?
di Salvatore Bragantini – Il Corriere della Sera, 06 febbraio 2007

… a proposito di F2i -Fondo Italiano per le Infrastrutture
la risposta di Vito Gambarale, 27 gennaio 2007

→  gennaio 26, 2007

… a proposito di F2i -Fondo Italiano per le Infrastrutture

di Vito Gamberale

Ho letto con la solita attenzione l’articolo del Senatore Franco De Benedetti, riportato sul Sole 24 Ore di oggi, a proposito di “F2i -Fondo Italiano per le Infrastrutture”.
Rispetto pienamente le opinioni espresse. Ci tengo però a precisare talune assunzioni frutto senz’ altro di un’eccessiva ermeticità nel mio speach di presentazione a Milano, durante la conferenza stampa.
I parametri del Fondo, che saranno tendenzialmente al di sotto della media del mercato, riguardano esclusivamente il management fee ed i pacchetti retribuitivi del management.
Sono due aspetti già dibattuti sia in Italia che sui mercati finanziari occidentali. Infatti, gli investitori nei Fondi, vista la liquidità disponibile, tendono a pagare commissioni di gestione inferiori alla forchetta di 1,5–2 per cento, che è la media del mercato.
Le retribuzioni dei manager, negli ultimi tempi, hanno fatto scalpore, e non solo in Italia, per taluni eccessi.
Il fondo F2i guarderà con attenzione a questi due aspetti, mantenendosi, come detto, al di sotto dei relativi standard, contenendo, quindi, i costi sia per gli investitori che per la Sgr.
Di sicuro, invece, non potrà essere al di sotto del mercato la resa che verrà offerta agli Investitori. Questa non potrà che riflettere le attese del mercato, con l’impegno convinto di poterle soddisfare al meglio. E proprio perchè si potesse parlare di effettivo mercato, non si è voluto limitare l’ammontare del Fondo al pur importante globale apporto degli Sponsors (per circa 1 miliardo di euro).
Si andrà a fare placing sui mercati internazionali, principalmente del nord America ed Europa. E’ stato scelto un placement Agent, selezionato anch’esso in un opportuno contesto competitivo. Il commitment per l’Agent sarà di raccogliere un importo perlomeno uguale agli apporti degli Sponsors (e cioè un altro miliardo di euro).
I mercati nazionali ed internazionali, non possono investire se non attratti da normali, e forse più incoraggianti, prospettive di rendimento.
Ho voluto precisare questi aspetti perchè il dibattito e le riflessioni possano svilupparsi su quelli che saranno i reali punti cardinali del fondo F2i.

ARTICOLI CORRELATI
Sotto quel fondo moderno c’è molto di antico, l’Iri
di Franco Debenedetti – Il Sole 24 Ore, 26 gennaio 2007

Chi dice che privato è meglio?
di Salvatore Bragantini – Il Corriere della Sera, 06 febbraio 2007

Capitalismo di stato
di Francesco Giavazzi – Il Corriere della Sera, 27 gennaio 2007

→  gennaio 26, 2007

sole24ore_logo
Mentre i giornali devono ricorrere alla grafica perché i lettori riescano ad orizzontarsi tra le varie “lenzuolate” di liberalizzazioni, rischia di non ricevere adeguata attenzione una iniziativa che, per quanto è dato saperne, sembra andare in una direzione diametralmente opposta. Mentre Bersani e Rutelli, in santa e meritoria concorrenza, propongono misure volte ad eliminare l’ingerenza dello Stato nelle attività di barbieri e benzinai, nella vendita di giornali e di assicurazioni, promettono di restituirci libertà anche leggere, quali lo sceglierci la targa della nostra automobile, martedì scorso il Governo ha dato vita a una iniziativa assai pesante, che sembra trasportarci agli anni della pianificazione, ai non rimpianti tempi delle partecipazioni statali. A Milano, officiante il Ministro dell’Economia in persona, si è tenuto a battesimo F2I Sgr, Fondo Italiano per le Infrastrutture.

leggi il resto ›