Servono da subito procedure più sicure

marzo 17, 2006


Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore

sole24ore_logo
E’ una fortuna che l’operatore tlc sia una società privata: la garanzia sui controlli è maggiore

Per fortuna che Telecom è privata, ho pensato leggendo dello scandalo delle intercettazioni telefoniche, tanto comuni e diffuse da avere persino un listino prezzi. Il perché apparirà evidente alla fine del ragionamento.

Finché riguardavano solo personaggi in vista, politici di vario livello e furbetti di vari quartierini, quello delle intercettazioni era considerato dalla maggior parte delle persone più una soluzione che un problema. Adesso invece sappiamo che chiunque di noi può essere spiato e ricattato: essere intercettati è un fenomeno di massa. Prima si guardava con un ammiccamento malizioso chi invitava ad alzare la guardia, perché la pubblicazione delle intercettazioni si insinuava, violandolo, nel processo con cui un politico, discutendo con colleghi, collaboratori, privati cittadini, giunge alla formulazione di un giudizio o di una proposta. Oggi ci accorgiamo che a rischio di essere violata è la libertà di chiunque abbia un conoscente disponibile, per invidia, gelosia, interesse, a spendere poche centinaia di euro.
Il meccanismo è semplice: esiste in Telecom un ufficio che provvede ad effettuare i collegamenti per le intercettazioni disposte dall’autorità giudiziaria: la corruzione di un impiegato di quell’ufficio è un anello debole della catena che consente la fuga verso qualche “agenzia investigativa”. Come fare per avere indietro la sicurezza della nostra libertà individuale, che ci è stata sottratta? Il problema è di ordine generale: posto che chiunque abbia accesso a un contenuto “sensibile” è corrompibile, come fare a proteggersi?
Se non ci fossero intercettazioni legali, quello sarebbe un lavoro da topi (o da “idraulici”, come vennero chiamati quelli del Watergate). Ma l’intercettazione su filo è un lavoro da camice bianco, tecnologico, di responsabilità, dunque di prestigio: il rischio che il lavoro illegale si insinui in quello legale aumenta con l’aumentare del numero delle intercettazioni, è tanto maggiore quanto più grande è l’ufficio, quanti più sono gli addetti. E noi sappiamo che in Italia la percentuale di telefoni intercettati è di gran lunga maggiore che negli altri Paesi. Chi lo sosteneva trova oggi una ragione di più al proprio allarme: ridurre questa patologica proliferazione è la prima delle misure da prendere.
Ma poi ci vuole un’azione specifica: bisogna mettere in atto le procedure che si usano quando si tratta materiale prezioso o pericoloso: doppie chiavi in mano a due persone diverse, registrazione automatica di tutte le operazioni, rilevazioni biometriche, controlli incrociati, rotazioni e controllo della vita privata del personale.
Il cittadino che teme per la propria libertà si chiede: sono in opera queste procedure di sicurezza? Adesso che è scoppiato lo scandalo, si pensa di rivederle? Da un lato, qual è la catena di comando interna che porta al responsabile ultimo dell’azienda? E dall’altro, qual è l’ente esterno che certificherà la validità delle procedure e della loro scrupolosa osservanza, e che restituisce al cittadino la libertà che sente minacciata?

Per questo dico: per fortuna che Telecom è privata. Perché se a eseguire materialmente le intercettazioni telefoniche fossero uomini della Guardia di Finanza oppure della Polizia (così come è, perlopiù, delle intercettazioni ambientali), si opporrebbe il segreto militare o di Stato, e si avrebbero solo assicurazioni generiche. E non andrebbe meglio se Telecom fosse ancora di proprietà dello Stato: ad affermarlo è il Ministro Tremonti, in un caso del tutto analogo, quello delle dichiarazioni dei redditi. Il loro trattamento informatico è eseguito dalla Sogei, e la delicatezza dei dati imporrebbe, secondo il Ministro, che la società resti pubblica: essere dipendente pubblico sarebbe, secondo lui, garanzia di per sé di incorruttibilità (sic!) e dunque, aggiungo io con un ulteriore passaggio, non avrebbe bisogno dei controlli del tipo a cui prima accennavo.
Ma Telecom, per nostra fortuna, è privata, ha migliaia di azionisti, un Consiglio di Amministrazione, un vertice aziendale. Gli interessi degli azionisti, della società, e dei cittadini sono perfettamente allineati: noi abbiamo interesse a sapere, e la società ha interesse a farci sapere in dettaglio, che ha adottato procedure e controlli interni, che essi sono stati validati da esperti esterni all’azienda, e che sono stati giudicati adeguati da un’Autorità indipendente (che penso dovrebbe essere il Garante della Privacy, dotato eventualmente di competenze specialistiche).
Questo non è un lavoro da fare una tantum, questa è una battaglia di guardie e ladri: la prima partita l’hanno vinta i ladri, e adesso non resta che acciuffarli. Ma per evitare che qualcuna tra le guardie nuove messe al posto dei ladri smascherati col tempo non diventi ladro, ci vuole un processo continuo di aggiornamento di procedure. Di questo vogliamo avere conoscenza e non solo generiche assicurazioni. E siccome quello che lo scandalo del Lazio ci ha svelato ci sottrae la cosa a cui teniamo di più, la nostra libertà, siamo ansiosi che ciò avvenga molto in fretta.

ARTICOLI CORRELATI
Il comunicato Telecom
17 marzo 2006

Invia questo articolo:
  • email
  • LinkedIn



Stampa questo articolo: