Riformare il lavoro non è la priorità

settembre 22, 2014


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di Giorgio La Malfa

Caro direttore,

Sul piano strettamente economico la decisione del governo di procedere in questo momento a un’ulteriore riforma del mercato del lavoro per aumentarne la flessibilità a me sembra un errore. Anzi un errore grave che può compromettere ulteriormente una situazione economica che è già molto seria.

Non è questa solo l’opinione mia e di molti economisti. Oggi è una posizione che trova importanti convalide nelle analisi delle organizzazioni internazionali. Ha cominciato il Fondo Monetario riconoscendo che gli effetti della correzione accelerata dei conti pubblici ha avuto effetti depressivi molto forti. Ma quello che più conta è l’analisi, largamente ignorata in Italia, che ha fatto il Presidente della BCE, Mario Draghi, in un cruciale discorso tenuto il 22 agosto scorso negli Stati Uniti.

In quel discorso Draghi ha spiegato che nella disoccupazione europea vi sono due componenti, una strutturale collegata alle condizioni di rigidità del mercato del lavoro ed una ciclica collegata alle condizioni della domanda. Subito dopo ha detto che oggi la priorità è risollevare la domanda aggregata: “Le politiche di intervento sulla domanda non sono giustificate soltanto dalla significativa componente ciclica della disoccupazione. Esse sono rilevanti perché, data l’incertezza che prevale in questo momento, esse contribuiscono ad evitare il rischio che la debolezza dell’economia produca un effetto di isteresi [un circolo vizioso in cui la depressione della domanda causa una parziale distruzione della capacità produttiva ndA].” Ed ha concluso: “Oggi […] i rischi di ‘fare troppo poco’ – e cioè il rischio che la disoccupazione divenga strutturale – sono maggiori dei rischi ‘di fare troppo’ – cioè di determinare un’eccessiva pressione in aumento per i prezzi ed i salari.”

Se questa è la diagnosi di un autorevole economista che per di piu siede al vertice di una istituzione che è, per cosi dire, istituzionalmente conservatrice, come si può pensare che il problema di cui oggi ha bisogno l’Italia sia un’ulteriore flessibilità del mercato del lavoro? Il primo effetto della maggiore flessibilita sarebbe un ulteriore aumento della disocccupazione e un ulteriore avvitamento dell’Italia nella crisi. Il governo dovrebbe concentrare la sua attenzione sullo stimolo della domanda e lasciar stare il mercato del lavoro che la crisi di questi anni ha già reso anche troppo flessibile.

Non discuto le ragioni politiche che possono indurre il presidente del Consiglio a ingaggiare una polemica con I sindacati. I sindacati non sono molto popolari oggi, nemmeno fra I loro aderenti, e quindi scontrarsi con loro può creare delle simpatie nell’opinione pubblica. E il governo può averne bisogno essendo palpabile la disillusione di una parte dell’elettorato che aveva votato Renzi alle elezioni europee. Tutto questo si capisce, ma non vorrei che la ricerca della popolarità ci facesse fare nuovi e costosi errori.

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