Riforma dei controlli, l’Ulivo non fa barricate per il Governatore

gennaio 4, 2004


Pubblicato In: Corriere Della Sera, Giornali

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Dopo l’ intervista di Amato critici anche Letta, Bersani, Debenedetti e Turci. Ma Visco e Angius: attenzione ai diversivi di Tremonti

«E’ stato certamente un errore pensare, come qualcuno di noi ha fatto all’ inizio, che il nemico del nostro nemico dovesse per forza essere nostro amico. Insomma, che il Governatore Antonio Fazio, messo sotto accusa da Giulio Tremonti, dovesse essere difeso per principio» dice il senatore Franco Debenedetti.

«Siamo riformisti e aperti a tutto, anche alla revisione dei compiti delle autorità, in pieno spirito bipartisan e senza nessuna riverenza sacrale, da parte nostra, rispetto agli assetti attuali» assicura Pierluigi Bersani. «Non possiamo più giocare di riflesso condizionati da Tremonti», avverte Lanfranco Turci. «Dobbiamo ragionare con assoluto pragmatismo» sintetizza Enrico Letta, della Margherita. L’iniziale imbarazzo con cui il centrosinistra aveva assistito alla singolare contesa tra il ministro dell’ Economia e il Governatore della Banca d’Italia sugli sviluppi del caso Parmalat comincia a sciogliersi. Se la diffidenza verso l’atteggiamento del governo resta intatta, tanto che il presidente dei senatori Gavino Angius ha chiesto ieri a Tremonti di riferire immediatamente in Parlamento sulle sue posizioni, nessuno dalle parti dell’ Ulivo pare disposto a far guerre di religione per difendere Antonio Fazio, il Governatore che nella passata legislatura aveva fatto letteralmente vedere i sorci verdi a Romano Prodi e a Massimo D’ Alema. La sua «Linea del Piave» il centrosinistra l’ ha spostata oltre, collocandola sulla garanzia di indipendenza e di autonomia della Banca e delle Autorità preposte alla vigilanza sul risparmio. Le tesi di Giuliano Amato («Bankitalia ha commesso errori, ma dobbiamo tutelare la sua autonomia» ha detto ieri al Corriere) coagulano consensi quasi unanimi. La riflessione, insomma, è più che avviata, è matura. C’è una proposta concreta sul tavolo, alternativa a quella del governo che punta all’ autorità unica, e un appuntamento già fissato per discuterla al massimo livello: mercoledì sera, sette gennaio, tra Piero Fassino, Massimo D’ Alema, Francesco Rutelli, oltre a Bersani e allo stesso Letta. «E’ un’operazione oggettivamente difficile», ammette Debenedetti, ma «non c’è dubbio che si debba rivedere il sistema dei controlli e andare fino in fondo anche nella ricerca delle responsabilità che rischiano di rovinare la reputazione del Paese, senza lasciare questo compito solo alla magistratura. E sono preoccupato, perché questo è un governo che con la sua stessa caratura politica non dà alcuna garanzia di rispetto per l’autonomia e l’ indipendenza delle istituzioni» dice il senatore ds. «Riorganizzare i controlli in un’ unica autorità come vuol fare Tremonti – aggiunge Bersani – significa uccidere lo stesso concetto di indipendenza dell’autorità. E’ una tendenza dirigistica, politicistica e faziosa. Perché poi buttare tutto il peso sui regolatori e non sui regolati? Perché non discutiamo dei paradisi fiscali, dei centri off-shore, della riforma del diritto societario e fallimentare? A una discussione aperta siamo disponibili, purché sia a 360 gradi. E non sia una vendetta». Il centrosinistra, comunque, si muove. Il progetto allo studio, che ricalca la vecchia proposta di legge di Amato e Letta prevede il rafforzamento delle competenze, dei poteri, delle capacità di indagine, e di comminare sanzioni della Consob. Ma anche di togliere alla Banca d’Italia i poteri sulla concorrenza, da affidare all’Antitrust. «Il suo intreccio con la vigilanza sulla stabilità del sistema è stato usato da Bankitalia solo per limitare la concorrenza nel settore, per mantenervi una patina di opacità» dice Debenedetti. Critiche pesanti, che ad esempio l’ex ministro del Tesoro dei Ds, Vincenzo Visco, non condivide fino in fondo. «Non capisco, come non capisco certe accuse di Giuliano Amato: doveva essere avvertito da qualcuno che le imprese emettevano obbligazioni? Certo – aggiunge Visco – noi abbiamo il dovere di verificare se qualcosa può essere migliorato, se ci sono responsabilità. Ma questo non giustifica in nessun modo l’ attacco di Tremonti a Fazio, che su questa vicenda della Parmalat c’entra davvero poco. Vediamo questa riforma del governo, ma ragioniamo anche sulla riforma del diritto societario, il conflitto di interesse, le norme penali, il rafforzamento della Consob. Invece la tendenza del governo mi pare un’altra: la ricerca di un colpevole, il tentativo evidente di creare diversivi. Tutta questa inisistenza con la Banca d’ Italia è sospetta… E allora perché non chiedersi anche se per caso non ci siano appetiti sulle banche italiane da parte di qualcuno»? Anche Lamberto Dini, per quindici anni direttore generale di Bankitalia, poi ministro del Tesoro nel primo governo Berlusconi, presidente del Consiglio e ora deputato della Margherita, ha i suoi dubbi sull’opportunità di rimettere mano alle competenze di Bankitalia. Anche lui, come Visco, sostiene che «di fronte a chi truffa e falsifica i bilanci ci sono pochi controlli che tengono». Anche se, aggiunge, «questo non vuol dire che non debba rimettere mano alla legislazione. Penso ad esempio alla legge varata negli Usa dopo il caso Enron. L’autorità unica di Tremonti? Se il suo modello è la Fsa inglese – dice Dini – si ricordi che dei 33 fallimenti dopo l’Enron, la metà si è verificata proprio in Gran Bretagna».

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