Quanti errori su Malpensa

settembre 18, 1998


Pubblicato In: Giornali, La Stampa


Ma la vera debolezza sta nel governo che controlla la compagnia di bandiera. Un tema che riguarderà anche Caselle…
Brutta storia quella della bocciatura europea di Malpensa. Oltre al danno economico, c’è il prezzo pagato sul piano dei rapporti europei: a pochi mesi dal faticato e sudato ingresso nella moneta unica, a molti italiani l’Europa è apparsa forse per la prima volta ingiustamente arcigna; ai nostri partner europei l’Italia si è confermata, per l’ennesima volta, ingiustificatamente inadempiente e “furba”. A stupirsi e a scandalizzarsi perché gli altri cercano di fare i loro interessi si fa la figura degli ingenui; a fare del vittimismo dopo che si è riusciti ad avere contro la coalizione degli interessi di tutti, si fa la figura degli sciocchi. Meglio meditarci su bene, su questa brutta storia, almeno per evitarne delle altre.

La prima considerazione è per così dire di marketing. La mancanza di un grande aeroporto nella regione d’Italia che produce il 20% del PIL nazionale, una delle zone più ricche e dinamiche d’Europa, è un’opportunità sprecata. Ma un’opportunità non è un diritto. I passeggeri che partono da Linate e vanno in America o in Oriente facendo scalo a Londra o in qualche altro grande aeroporto europeo non sono proprietà di nessuno, sono clienti di cui guadagnarsi la preferenza, non sudditi da cui esigere un pedaggio. E’ l’aeroporto che serve ai viaggiatori, non i viaggiatori che devono riempirlo a forza di sacrifici. Se questa fosse stata la preoccupazione, il problema di come attirare i passeggeri su Malpensa sarebbe stato prioritario; una volta risolto, le compagnie aeree avrebbero fatto a gara per mettere a disposizione i collegamenti. Invece non essendo riusciti ad attirare i passeggeri si è pensato di dirottarli. Certo, le ragioni dei consumatori sono state strumentalizzate dalle linee aeree e dagli aeroporti concorrenti: ma se l‘argomento risulta vincente è perché nella coscienza collettiva la possibilità di scegliere è diventata un diritto, e i divieti e le imposizioni appaiono un sopruso; non solo per le auto e i detersivi, ma anche per i servizi pubblici. Lezione costosa, ma considerazione consolante.
La seconda considerazione riguarda il conflitto di interessi. Gli aeroporti sono magneti di attività economiche indotte. Si stima che Malpensa dovrebbe dar luogo ad un giro di affari di 20.000 miliardi l’anno, con un indotto di 50.000 lavoratori. I passeggeri arrivano in taxi o parcheggiano la macchina, si registrano, acquistano nei negozi, mangiano nei ristoranti e dormono negli alberghi. Certo, comprano anche il biglietto da una compagnia aerea: ma quale essa sia non ha, per chi ha investito nell’aeroporto, nessuna importanza. A meno che non sia anche proprietario di una linea aerea. Già essere investitore a Malpensa e proprietario a Fiumicino espone il Governo a polemiche sgradevoli, ma essere proprietario di Alitalia e regolatore del traffico lo espone a insostenibili accuse di conflitto di interessi. Se Alitalia fosse già stata venduta, se fosse diventata parte di un grande gruppo europeo, ai concorrenti di Malpensa sarebbe venuto meno un formidabile argomento. Certo in Alitalia un management determinato ha di molto aumentato il valore dell’azienda, ma la vicenda Malpensa, così come in altri casi la caduta della Borsa, sono lì a ricordarci che anche i rinvii hanno costi, e che essi perlopiù arrivano non previsti. E’ questa la seconda lezione: anche questa costosa, e considerazione purtroppo inutile.
Il tema del conflitto di interesse potrebbe riguardare anche Caselle. Le polemiche su Malpensa dimostrano ancora una volta che nel mercato ogni azione produce reazioni, e che agli spazi che si chiudono corrispondono altre opportunità che si aprono: all’ultima conferenza IATA Caselle ha registrato un aumento di richieste da parte dei vettori del 28%. Per cogliere queste opportunità ci vuole iniziativa imprenditoriale e rapidità decisionale. Non sono le caratteristiche che si chiedono ai poteri pubblici, e il Comune ha quindi deciso di avviare le procedure per privatizzare Caselle ingaggiando un consulente, la Roland Berger, per curare (entro quando?) raccolta e comparazione delle offerte. Nella valutazione conterà il prezzo, conterà assai di più il piano di sviluppo che l’acquirente saprà prospettare.
Qualora non si chiarisse che si tratterà di vera privatizzazione, che riguarderà la totalità del capitale, potrebbe darsi luogo ad un conflitto di interessi. Infatti compito degli enti pubblici è di rendersi garanti verso i cittadini che i piani di sviluppo verranno effettivamente realizzati.
Se invece Comune, Provincia e Regione – oggi proprietari dell’Aeroporto Sandro Pertini – non uscissero completamente dal capitale, come potrebbero contestare l’eventuale mancato rispetto dei patti, se magari in esercizi precedenti hanno approvato la gestione col loro voto? E’ la terza lezione di Malpensa: non è per noi costosa, resta la speranza che sia utile.

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