Progressista e disperato

novembre 13, 2008


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di Luigi La Spina

Nei Sinistrati di Berselli la sconfitta di una fede

In Italia, se perde la destra, si tratta di un disguido. Un piccolo errore della storia o un grande broglio dell’urna. Se perde la sinistra, è la maledizione di un truce destino e la catastrofe di un’esistenza. Perchè nei pensieri di un conservatore, la rivincita è dietro l’angolo, in quelli di un progressista, la sconfitta è la naturale condizione di un errore genetico: quello di essere nato dalla parte sbagliata della vita. Questo sentimento profondo dell’elettore di sinistra, nel nostro paese, sembra essere esploso in un urlo di vera disperazione dopo l’ultimo verdetto elettorale.
Come se il risultato dell’aprile 2008 non avesse prodotto un normale avvicendamento governativo, in una normale democrazia dell’alternanza, ma avesse segnato l’avvio di un’epoca, come avvenne in un altro aprile, quello del 1948. Allora cominciava l’era democristiana, ora è cominciata la perpetua dittatura del berlusconismo. è questo il clima psicologico, prima che politico, dal quale nasce l’ultimo libro di Edmondo Berselli, I sinistrati, edito da Mondadori. L’autore, come è suo costume, esorcizza lo sgomento di chi si sente condannato alla sconfitta permanente con una esilarante, anche se un pò masochistica, cronistoria degli ultimi trent’anni di Repubblica.

Con leggerezza calviniana (quella di Italo, da non confondersi con la cupezza del riformatore ginevrino), l’autore sbeffeggia i vizi, i tic, i conformismi della nostra sinistra. Dagli orgogli inutili della diversità berlingueriana alle realtà virtuali delle illusioni veltroniane. Al contrario di tanti medici sapienti, Berselli confessa però di non avere una ricetta per curare il male oscuro della sinistra, ma suggerisce solo di cercarla con le due virtù meno praticate dalle sue parti: il realismo e l’umiltà. Accanto a queste qualità, forse alla sinistra farebbe bene, però, aggiungerne un’altra, almeno in dosi omeopatiche: l’ottimismo. Se si pensa che la destra sia “naturalmente” vittoriosa, la sconfitta sarà costantemente la consolazione del vittimismo, peccato originale dei progressisti italiani. La storia è sempre più imprevedibile di quanto possano pensare anche le intelligenze più spregiudicate. Se è toccato a un vescovo tedesco, per di più anche cardinale di Santa Romana Chiesa, proprio di nome Marx, gridare all’attualità del suo omonimo di Treviri, coraggio, o uomini della sinistra, perchè tutto è possibile. Dopo la vittoria di Obama negli Stati Uniti, la più bella battuta, di saggia e consolante autoironia, è venuta da un comico americano liberal: “So bene che Obama, nei prossimi anni, mi deluderà. Ma da quanto tempo, un politico non mi illudeva?”.

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