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→  marzo 31, 2021


Stato & Mercato

C’è voluto del tempo per smaltire, almeno in parte, il populismo, cresciuto parossistico sulla tragedia del crollo del ponte di Genova. Alcune criticità sono diventate evidenti e rimediabili: ad esempio quella dei margini molto elevati che le precedenti concessioni lasciavano al concessionario, in via di risoluzione man mano che i metodi tariffari convergeranno verso lo standard definito dall’Autorità. Altre risentono ancora di quella temperie: ad esempio quella relativa agli assetti proprietari, dove sembra prevalere l’idea di fare acquistare ASPI da CDP. Lungi dall’essere una soluzione, sarebbe invece un grave, duplice errore: perché così il perimetro dell’intervento dello Stato si amplierebbe significativamente, inglobando una struttura privata rilevante per dimensione e per importanza. Ma soprattutto perché verrebbe fatta passare come risposta ai problemi sistemici che il crollo ha messo in luce. Sistemici, perché Genova non è il solo caso di crollo verificatosi sulla rete stradale, anche là dove non era di proprietà privata. Perché si verificano i crolli? Che cosa si deve fare per evitare il che si ripetano? A queste domande la nazionalizzazione non offre risposte.

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Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore
→  marzo 25, 2021


Il ruolo dello Stato e il perimetro dei suoi interventi dovranno essere valutati con attenzione». È Mario Draghi a dirlo, il 17 febbraio, nel discorso in cui chiede la fiducia al Senato. E a quanti credono che il mercato assicuri prosperità ai Paesi e libertà ai loro cittadini si è allargato il cuore: per un governo che «nasce nel solco dell’appartenenza all’Unione Europea», il valutare «con attenzione» può solo voler dire, se non ridurre, almeno non aumentare il «perimetro dei suoi interventi» che già fa dell’Italia un’anomalia in Europa. E invece sull’agenda dell’esecutivo incombono due problemi di tale portata che, se dovessero portare a ulteriori ampliamenti dei perimetro di intervento dello Stato farebbero dell’anomalia un’alterità. Si tratta della rete a banda ultra larga, e delle autostrade. Parafrasando Indro Montanelli, in questo articolo si parla solo del primo.

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Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore
→  marzo 20, 2021


Caro Direttore,

“Elisir di sì perfetta,/di sì rara qualità,/ne sapessi la ricetta,/conoscessi chi ti fa!”
Pfizer o AstraZeneca? Turbati, già se lo chiedevano Felice Romani e Gaetano Donizetti.


Pubblicato In: Giornali, Il Foglio
→  marzo 18, 2021


Gli attacchi a un’azienda quotata da parte dei fondi attivisti sono sempre interessanti, a volte eccitanti: per gli azionisti, perché nell’aspettativa di successo il corso del titolo in Borsa sale, e per il pubblico in generale, perché a essere messe alla prova sono strategie e assetti di comando consolidati nel tempo. L’attacco portato alla Danone dai fondi attivisti Bluebell Capital Partners e Artisan Partners lo è anche per una serie di motivi ulteriori: perché Danone è un’azienda francese, e in quel rigido mondo imprenditoriale questo tipo di attacchi è piuttosto raro; poi perché gli yogurt Danone e Activia, e l’acqua minerale Evian ci sono familiari; e infine perché alla guida di Bluebell ci sono gli italiani Francesco Trapani (amministratore delegato di Bulgari quando venne venduta alla Lvmh di Bernard Arnault), Giuseppe Bivona e Marco Taricco, una squadra che ha già agitato i sonni dei manager di Lufthansa e Hugo Boss.

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Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore
→  marzo 16, 2021


Riformare il capitalismo o riformare lo stato? Il duello che manca nell’éra di Letta

Dopo le elezioni del 2018, a sostenere la causa europeista, a riconoscere il valore delle competenze e della necessità di avvalersene per governare è stato sostanzialmente il solo Pd (Forza Italia era minoranza nella destra). A tre anni di distanza, di uscita dall’euro non parla più nessuno: europeisti, più o meno caldi, lo sono tutti; e quanto alle competenze, alla testa del governo c’è la persona che tutta l’Europa considera la più autorevole nel suo ruolo. Non male il bilancio per un partito che alle elezioni non era arrivato neppure al 20%. Vantarsene esplicitamente potrebbe destabilizzare gli equilibri nella coalizione, il governo Draghi non è il suo governo, ma nelle circostanze è quanto di più vicino alla propria cultura e alle proprie posizioni il Pd possa immaginare. Neppure ricordarlo quando dà le dimissioni colui che del partito in questo periodo è stato segretario è un fatto che suscita qualche interrogativo: anche perché il Pd è stato un soggetto attivo di questa evoluzione. O forse è proprio questo il motivo: perché sia il passaggio dal Conte 1 a Conte 2, sia quello successivo a Draghi sono dovuti alla visione e alla determinazione di Matteo Renzi. E questo è ciò che il Pd non vuole accettare.

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Pubblicato In: Giornali, Il Foglio
→  marzo 15, 2021


Intervista di Matteo Martinasso

La ripresa della crescita dipenderà dall’aumento della produttività, ma per il rilancio c’è molto da correggere

Che ruolo hanno davvero le imprese nella società? Perseguire gli utili in un mondo sconvolto da crisi ambientali e pandemie è immorale o, al contrario, è proprio questa l’unica loro vera responsabilità? Prova a dare una risposta l’ingegner Franco Debenedetti che nel suo ultimo libro Fare profitti (edizioni Marsilio) guida i lettori attraverso un’analisi dell’etica dell’impresa. «L’impresa è l’unità base dell’economia capitalistica, potremmo dire il suo “mattoncino di lego”. Ad essa viene assegnata la responsabilità di creare ricchezza, producendo beni e servizi che la società vuole comprare a un prezzo superiore a quello degli imput necessari a produrli», spiega Debenedetti. «Questo surplus è il profitto, e i profitti di tutte le imprese formano la ricchezza della nazione. La pandemia distrugge ricchezza quindi a maggior ragione è necessario che le imprese che possono farlo lavorino e producano profitti, perché quelle che non ci riescono chiudono e chi vi lavorava al suo interno perde il proprio lavoro».

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Pubblicato In: Giornali