La sinistra e l’assassinio di Biagi
Tragico è il destino dei riformisti nel nostro paese: questa la dolorosa realtà che vive nella morte di Marco Biagi. I temi del lavoro sono il campo pietroso si cui maggiormente suda e fatica il riformista.
Dei tre filoni culturali in cui il pensiero riformista sul mercato del lavoro si è venuto articolando dagli anni 80 in poi – quello nato per sviluppo interno dalla CGIL, di Accornero, D’Antona, Ichino; quello cattolico di Treu; quello socialista di Giugni e Biagi – tutti hanno avuto le loro vittime. Parlano le pistole, e il pensiero riformista è costretto ad attenuare i toni e a sfumare i temi.
E nessuna delle due parti politiche se ne avvantaggia. Non la destra, perché è del loro contributo intellettuale e della tensione morale dei riformisti che ha bisogno per attuare il proprio programma. Non la sinistra, perché dal successo del riformismo dipende l’unica possibilità che ha di tornare a governare il paese.
Ma dal variegato arcipelago di una sinistra costretta all’opposizione e priva di riferimenti, si è staccata una zolla, cui i terroristi provano ad aggrapparsi.
C’è una frattura quando il capo della FIOM, Claudio Sabattini dice che Berlusconi ” non può essere battuto in una dialettica parlamentare tra maggioranza e opposizione” ma solo dallo scontro duro di piazza. C’è una frattura quando i riformisti vengono chiamati traditori, e se ne chiede la proscrizione (è accaduto anche al sottoscritto). C’è una frattura quando, come fa quotidianamente l’Unità, a forza di accostare l’oggi a fascismo e nazismo, di vedere in ogni atto di governo un attentato alla Costituzione, di invocare interventi emergenziali del Capo delle Stato, si dà corpo e sostanza al fantasma del regime.
Al regime la sola risposta non è quella delle urne, ma delle armi. Sta nell’aver creato questa atmosfera la terribile responsabilità, sia pur tutta politica e nulla penale, di chi ha spinto l’opposizione a toni, giorno dopo giorno, sempre più estremi: perché se le parole sono dette con convinzione, c’è sempre qualcuno che viene convinto.
Ieri, D’Alema ha giustamente richiamato la necessità di scongiurare che l’assassinio di Biagi criminalizzi tutte le forme di opposizione. Al contempo, ha attaccato i “rivoluzionari da salotto” e ” i giornali che li coccolano”. Tra questi, c’è l’Unità. Ma l’Unità è il quotidiano dei gruppi parlamentari DS: lo è nel senso preciso richiesto dalla legge che a questo collegamento esplicito condiziona i finanziamenti pubblici da cui dipende la vita del giornale. C’è quindi una responsabilità dei gruppi DS, e della direzione politica del partito, in quello che ogni giorno viene stampato e diffuso.
L’assassinio di Biagi oggi, di D’Antona ieri, per non tradursi nella radiazione dei riformisti dalla sinistra italiana chiede ora ai leader della sinistra, politica e sindacale, una scelta netta.
Non è quella di fare meno opposizione a Berlusconi, ma quella dei toni e degli argomenti da usare. Chi pensa di poter tenere tutto insieme, giustizialismo e garantismo, resistenza al regime e opposizione nell’alternanza, i diritti di chi li ha acquisiti e le ragioni di chi non li ha, ripropone tragicamente quella sconfitta che il massimalismo ha tante volte già inflitto in un secolo ai riformisti.
Non solo nella sinistra, ma nel Paese.
marzo 21, 2002