L’occasione persa di non sdraiarsi sulle volontà dei taxisti

febbraio 24, 2017


Pubblicato In: Giornali, Huffington Post


Abbiamo perso un’occasione: non bisognava sprecare i disagi procurati dai numerosi giorni di serrata e tenere duro. È troppo chiedere a questo Governo di risolvere il problema per tutto il servizio Uber, invece di limitarsi a prorogare di un anno, e sempre in via provvisoria, il permesso per la sola versione black; ma questo Governo aveva ragioni, e interesse, a non lasciarsi imporre una modifica del testo, sdraiandosi sulle richieste dei tassisti. Così, dopo Rutelli, dopo Bersani, dopo la proposta della seconda licenza gratis, dopo le vicende di Milano, nell’album delle “foto di gruppo con tassisti” vanno a finire immagini sempre più brutte.

I taxi lavorano in un settore regolamentato i comuni decidono il numero delle licenze, i prezzi, gli orari, gli spazi di posteggio. Aiutare economicamente la transizione sarà necessario: ma i diritti dei taxisti non possono arrivare a impedire il diritto di altri a farsi pagare per trasportare persone. Oltretutto la rendita monopolistica, rappresentata dal valore della licenza, può diminuire ma di certo non annullari: in nessuna delle città in cui Uber è attivo, i taxi sono scomparsi, anzi all’apparenza lavorano come prima.

O forse più di prima? Perché questa è la cosa che si continua a non capire, e che è all’origine di ingiustizie verso le persone e di impoverimento del Paese: il mercato non è una torta, dove la sola questione è dove si mette il coltello, un po’ più in qua o un po’ più in là. Il bello del mercato è che il diametro della torta varia, e se funziona bene e le circostanze sono propizie, aumenta. Chi entra nel mercato offre sempre qualcosa di più e di diverso, e questo induce altri clienti ad entrarvi comperando. O magari si limita a indurre i vecchi fornitori a migliorare la propria offerta: dove c’è Uber i tassisti accettano le carte di credito.

Si dimentica troppo spesso che quando si estende la protezione di un diritto, c’è un altro diritto che viene negato. Far diventare il servizio di un taxista un diritto esclusivo, nega ad altri il diritto di fornirne uno analogo, lasciando che siano le necessità e le preferenze dei clienti, e non la pigrizia di un burocrate, a determinare, in modo automatico, la quantità di offerta. Nelle città in cui c’è Uber, centinaia di miglia di persone arrotondano lo stipendio usando nei ritagli di tempo la propria vettura, tanto che a New York è considerato un efficiente programma di welfare. Efficiente perché va senza intermediazione a chi ne ha bisogno.

Nelle fabbriche, l’art.18, di cui chi l’ha visto conserverà memoria per il resto della sua vita, proteggeva gli insider e lasciava fuori gli outsider. Nelle scuole, il tabù della paga uguale per tutti gli insegnanti, senza che il giudizio di merito si traduca in premio, protegge i meno capaci a danno di quelli migliori. E di converso, priva gli studenti di potere avere una migliore educazione. Salvo poi constatare afflitti che non funziona più l’ascensore sociale. La protezione delle aziende meno efficienti rendere più difficile la crescita di quelle più efficienti dello stesso settore, e ai lavoratori della prima di andare nell’altra. E poi ci lamentiamo se da anni perdiamo di competitività.

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