Le Borse e i governi d’Europa si muovono al ritmo dei titoli di stato

luglio 30, 2011


Pubblicato In: Giornali, Il Foglio


Se il Corriere chiede al Cav. di intervenire su Merkel, “siamo alla disperazione”

Come si sta nel club del 6 per cento? In illustre compagnia – la Spagna ha superato ieri, per la seconda volta a luglio, questa soglia di rendimento sui titoli di stato decennali, l’Italia ci si è avvicinata con il 5,57 – ma decisamente scomodi. Al termine di una settimana nera, soltanto nel finale parzialmente rischiarata dall’ipotesi di accordo bipartisan sul debito statunitense, Moody’s ha messo sotto osservazione la Aa2 di Madrid, lo stesso rating attribuito all’Italia (Standard & Poor’s e Fitch sono già più malevoli con il nostro debito), e questo segnale si è subito riflesso sulla Borsa.

Ma l’intervento di Barack Obama non ha cancellato del tutto gli effetti negativi di un’altra notizia: nel secondo trimestre dell’anno il pil degli Stati Uniti è cresciuto dell’1,3 per cento contro il più 1,8 previsto dal mercato. Così, durante la giornata di ieri, il differenziale di rendimento tra Btp italiani e titoli tedeschi è arrivato a quota 338 punti, segnalando l’innalzarsi del rischio paese percepito dagli investitori, mentre lo spread tra titoli spagnoli e Bund è arrivato a 354 punti.
Alzare oltre il sei per cento l’asticella dei rendimenti garantiti agli investitori affinché acquistino il debito degli stati sembra avere pure un costo politico. Così ieri, mentre il premier spagnolo José Luis Zapatero convocava elezioni anticipate a novembre, il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, drammatizzava il proprio tasso di europeismo: “Qui o si fa l’Europa o si muore”, ha detto intervistato durante “Uno Mattina” su Rai Uno. “Il problema”, ha dichiarato al Financial Times lo strategist Nicholas Spiro, “è che si sta creando nel cuore
dell’euro un’area soft, molle, che oltre a Spagna e Italia comprende anche il Belgio, ed è qui che si concentrano i maggiori rischi di contagio dai paesi in semi default come Grecia, Irlanda, Portogallo”. Per chi
non si vuole far mancare nulla esiste anche un indice di rischio dell’Europa occidentale – si chiama Markit’s iTraxx SovX Index – che rispetto a metà luglio è sceso da 300 punti base a 267 (bene per tutti), ma ciò che
evidenziano gli esperti è che all’interno del paniere la parte del leone non la fanno più i paesi Pigs, quanto, appunto, i paesi “soft” (male per l’Italia).
Che sia la premessa per la creazione di quell’euro di serie B del quale si mormora da tempo? I dietrologi puntano l’indice sulla Germania, dopo che è emerso che la Deutsche Bank ha ridotto da otto miliardi a uno l’esposizione in Btp (mentre Ubs si è mossa all’inverso): il Corriere della Sera vi dedica l’editoriale di apertura di Massimo Mucchetti, affermando senz’altro che Silvio Berlusconi dovrebbe “telefonare ad Angela Merkel”. Scende in pista anche Romano Prodi: si è detto “molto turbato” definendo la condotta della Deutsche Bank “un suicidio e una chiara mancanza di solidarietà europea”. Vittimismo, complottismo? Ne è convinto l’ex senatore ds, l’imprenditore Franco Debenedetti:

“Avverto segnali di disperazione anche nella nostra classe dirigente – dice al Foglio – Da una parte la commissione Finanze della Camera che all’unanimità chiede al governo di denunciare in sede europea, alla European Securities Market Authority (Esma), le agenzie di rating che farebbero aggiotaggio e destabilizzerebbero il mercato dei titoli di stato; dall’altra il Corriere che con un editoriale consiglia all’esecutivo di interloquire con un altro governo, quello di Berlino, per chiedere conto dell’operato dei soggetti privati tedeschi”. Si tratterebbe di “segnali scomposti che, letti dai mercati, rischiano
perfino di farci del male”.

Senza giungere a vette autolesionistiche, neppure Tremonti è parso immune da un eccesso di scetticismo. “Non si governa l’euro con 17 paesi, 17 contabilità, 17 parlamenti. Abbiamo una moneta comune ma non un Tesoro comune”, ha detto ieri il ministro, concludendo che “o si fa l’Europa o si muore”, e rilanciando la sua idea di Eurobond.
Idea che la Germania continua ad avversare pubblicamente, considerandola l’anticamera di una deresponsabilizzazione dei paesi più indebitati, ma che in queste ore per Via XX Settembre è qualcosa di più
che un puntiglio. Tutti continuano infatti ad arrovellarsi sul costo per l’Italia del nuovo piano salva-Grecia: al punto che nelle ultime 48 ore si è diffusa la voce che il nostro governo potrebbe non concorrere alla prima
tranche del prestito ad Atene, a settembre, esercitando l’opzione di disimpegno (“step-out”) prevista dal meccanismo.

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