La legge elettorale e tutti i nodi di Matteo Renzi

dicembre 12, 2013


Pubblicato In: Giornali, Varie


Il neosegretario Pd è nel suo “momento magico”, che finirà con l’approvazione della legge elettorale

Ma come, si sono chiesti alcuni, ai membri della segreteria chiede di svegliarsi presto perché la riunione inizia alle 7 30, e Letta lo lascia riposare perché la riforma elettorale basta che si faccia entro il 25 Maggio? Quella è la data limite entro la quale è possibile andare a votare nel 2014, dopo diventa di fatto non più agibile far cadere il Governo se non si è fatta la legge elettorale: da quel giorno Enrico Letta sarà sfuggito al nodo che lo minacciava. È fondata la preoccupazione che vi vede un cedimento di Renzi?

Io sono più propenso a interpretare quella come una generica indicazione, magari messa lì per sicurezza, a consentire anche modifiche costituzionali, se mai si rendessero necessarie. Ma la preoccupazione deve ricordare a Renzi, semmai ne avesse bisogno, che il voto a lui è tutt’uno con la richiesta di una legge elettorale diversa da quella dataci dalla Corte proprio alla vigilia della sua elezione, dunque maggioritaria. Renzi lo ha ribadito dopo la vittoria, sa che se non portasse a casa questo risultato adesso avrebbe finito la gara prima di averla iniziata, e che non può perdere il momentum. «Il nuovo inizio è oggi» può valere per Letta, che lo ha detto nel discorso per la fiducia. Per Renzi l’inizio è l’approvazione di quella legge: è la condizione di accesso al suo futuro politico, come segretario e oltre.

«Matteo Renzi è nella sua Wunderkammer , e in questa sua magica camera delle meraviglie, […] sembra poter fare qualsiasi cosa, e dunque trattare con Silvio Berlusconi e con Nichi Vendola, persino con Beppe Grillo»,

scrive il Foglio. Renzi sa che in questo momento è «intoccabile». Monti lo era all’epoca dello spread, Letta lo è stato tanto da rendere possibile la spaccatura del PdL. Oggi intoccabile è lui: lo possono ostacolare, gli possono opporre dinieghi ma, se si va al dunque, nessuno può permettersi di farlo cadere.

Dopo la condanna di Berlusconi, e ancor più dopo la decadenza e la secessione, si riteneva che fosse lui a modo suo l’intoccabile, nel senso di non utilizzabile per qualsiasi combinazione politica. Gianni Cuperlo, parlando la sera della sua sconfitta, era stato esplicito nel mettere i paletti, verso il Cavaliere e verso Grillo. Renzi con naturalezza ha subito sciolto i nodi che altri avevano legato in passato o con cui pensavano di poterlo legare. Se i voti per approvare la legge elettorale dovessero essere gli stessi che dànno la fiducia al governo, Alfano diventerebbe l’ago della bilancia. E Renzi degli inessenziali Alfano e Quagliariello e Lupi e Cicchito dice che sono “quelli che la riforma non la faranno mai”: mostrarsi sprezzante verso di loro, gli serve per stabilire che non intende né fare né lasciarsi imporre preclusioni. I “teorici dell’inciucio” a cui dice “vi è andata male” li si può intendere sia come quelli che oggi usano la parola per legittimare, sia quelli che anni fa la inventarono per demonizzare. Non è più tempo di “conventio ad excludendum”: quella è stata per quasi mezzo secolo la posizione del PCI, figuriamoci se il rottamatore vuole tirar fuori un così vecchio arnese, quando neppure c’è più la nobiltà degli antenati a riscattarlo.

Il tempo è sempre la variabile fondamentale in politica. «Il nuovo inizio è oggi», dice Letta, e ci invita a guardare alle pianure che si aprono dopo il fatidico Maggio. Dopo viene il nostro semestre: far credere che il futuro dell’Europa dipenda dalla nostra presidenza, dove saremo stati preceduti da Lituania e Grecia e seguiti dalla Lettonia, è un’iperbole, ma fa piacere sentirselo raccontare. Perfino le difficoltà potrebbero aiutarlo, se smorzano il desiderio di Renzi di provare anzitempo a misurarcisi.
Per Renzi invece il futuro, il duro incontro con la realtà delle cose, incomincia dopo l’approvazione della legge elettorale maggioritaria. Dovrà darci la sua visione delle praterie, “ascoltare i silenzi e offrire risposte”, “cambiare il paradigma dominate italiano”: l’ha scritto Filippo Taddei su Linkiesta, quando manco sapeva che sarebbe Renzi l’avrebbe voluto in segreteria, credo che sia quello che confusamente si attendono tanti che l’hanno votato. Quelli che avevano deciso di farlo anche prima della sentenza «proporzionalista».

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di Luca Ricolfi – La Stampa, 13 dicembre 2013

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