La bombetta del Financial Times

novembre 15, 2001


Pubblicato In: Giornali, Panorama


Partita doppia

Il titolo, sparato lunedì 5 novembre in prima pagina su cinque colonne dall’autorevole Financial Times era da far sobbalzare. ” Dubbi su come l’Italia si qualificò per l’entrata nell’Euro”. Operazioni sui derivati, spiegava il catenaccio, forse erano state usate per “occultare la dimensione del deficit”. E subito il pensiero andava a Mario Draghi, il direttore generale del Tesoro che per dieci anni aveva gestito il nostro gigantesco debito pubblico con riconosciuta perizia, confermata da prestigiosi premi i internazionali. E più su a Carlo Azeglio Ciampi, all’epoca titolare del dicastero, che aveva ribattuto colpo su colpo chi non credeva possibile che l’Italia passasse in un anno dal 6,3% al 2,8% di rapporto deficit/PIL. E più su ancora a Prodi, all’epoca presidente del Consiglio. Che ci fossimo sbagliati tutti?

Che, dopo il famoso “buco” di Amato-Visco, un’altra ombra andasse ad offuscare il più prestigioso risultato del governo dell’Ulivo? Che sia arrivato il crepuscolo degli dei? si é chiesto qualcuno con preoccupazione ( e forse qualcun altro con un sorriso di speranza).

Ormai gli uni e gli altri, chi si preoccupava e chi sperava, sanno tutto sui contratti swap, su come i tecnici del Tesoro li usano per ridurre il costo totale degli interessi che lo stato deve pagare per i suoi debiti. Tutti sanno che queste operazioni hanno per effetto di spostare l’entità del deficit in avanti o indietro rispetto all’istante in cui viene fotografata la situazione finanziaria, tant’è che c’è un organismo, Eurostat, che ha regole precise su come vanno contabilizzate quelle operazioni per il calcolo “esatto” del famoso rapporto deficit/PIL. Nel momento cruciale della verifica dei parametri per entrare nell’euro aspre furono le discussioni, le reciproche accuse di “truccare” i conti: aveva destato qualche scandalo la Francia per avere scaricato sui bilanci di Telecom France il costo delle sue pensioni. Possibile che gli “gnomi” del Tesoro fossero stati così abili da farla in barba a Eurostat e ai nostri sospettosi partner?

Non ci è voluto molto per capire che cosa era capitato. L’autore dello studio che aveva scoperto e denunciato il “trucco” è il Dr. gustavo Piga. Già funzionario del Tesoro, da sempre in rapporti di stretta collaborazione con Mario Baldassarri, il vice ministro dell’Economia che si è fatto dare la delega al debito pubblico. E’ noto che Baldassarri vorrebbe fare gestire il debito pubblico da una istituenda “Agenzia del debito”, una struttura indipendente collocata fuori dal Ministero.
“Et surtout pas trop de zèle”, raccomandava Talleyrand. Diventa irresistibile pensare che lo zelante collaboratore, magari suggestionato dall’abilità di Tremonti nella vicenda del “buco”, abbia voluto scovare anche lui un “buchino” per favorire l’avvio del progetto caro al maestro. E che sia stato sempre lo zelo a indurre l’”autorevole” Financial Times a prendere un così clamoroso abbaglio, sparando con tanto clamore una notizia così poco credibile: lo zelo di non essere da meno, e di non far mancare la propria “autorevole” voce accanto a quella FAZ e dello Spiegel nel coro di critiche verso Romano Prodi. Senza rendersi conto che così finiva di accusare di scarsa avvedutezza proprio i severi controllori di Eurostat: all’epoca Prodi stava ancora qui da noi.
Come in ogni “partita doppia” che si rispetti, si devono chiudere i conti. Chi ci perde è il Financial Times, a cui la “bombetta” è scoppiata tra le mani; è il vice ministro Baldassarri, che dovrà probabilmente seppellire la sua creatura. E il povero Piga? Con la sua stravagante rivelazione, forse ha perso un amico, ma si è guadagnato la riconoscenza degli italiani: di “Agenzia del debito” non si parlerà più. E forse al Ministero dell’Economia penseranno meno a cercare magagne dei predecessori e si applicheranno a riportarvi la serietà e la professionalità che ne era il marchio, quando ancora si chiamava Ministero del Tesoro.

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