L’ultima tentazione del centrosinistra

giugno 26, 2003


Pubblicato In: Giornali, La Stampa

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Cirami, immunità, Gasparri, conflitto di interessi:
l’idea è, in ogni caso, chiamare in causa Ciampi

Cirami, lodo Maccanico, Gasparri, prossimamente conflitto di interessi: c’è una linea del centrosinistra per investire direttamente il Capo dello Stato della strategia dell’antiberlusconismo? L’opposizione, in un sistema bipolare, si definisce nell’essere antagonista al capo della coalizione di governo. In Italia, l’antagonismo a Silvio Berlusconi si carica di elementi ideologici, diventa antiberlusconismo radicale, opposizione a quello che Berlusconi è, prima ancora che a quello che Berlusconi fa (o non fa).

Che il bianco muova per primo, é regola del gioco: ma se il nero non riesce a prendere l’iniziativa e a imporla, finisce matto. Per questo ho sostenuto che il centrosinistra deve elaborare le sue proposte “come se Berlusconi non esistesse”. Gli elettori che ci mancano per vincere cambieranno campo se si convinceranno che é stato Berlusconi a sbagliare, non se insistiamo a convincerli che hanno sbagliato loro a sceglierlo nonostante quello che é. L’anomalia berlusconiana, al centro di 3 campagne elettorali, la quarta volta, nel 2006, avrà perso forza: gli elettori giudicheranno Berlusconi per quello che ha fatto (e non fatto); e il centro sinistra per quello che dice di voler fare. Il che non vuol dire non sfruttare tutti gli spunti di critica che Berlusconi così copiosamente offre. Ma quando se ne fa la pietra angolare della strategia, l’antiberlusconismo radicale diventa la malattia del centrosinistra, la sua malattia senile: lo rende conservatore dell’esistente anziché innovatore di ciò di cui il Paese ha bisogno. Vedi alle voci art. 18, sistema delle comunicazioni, riforma dell’ordine giudiziario.

L’antiberlusconismo radicale cercò di coinvolgere Ciampi, prima in occasione della legge sulle rogatorie, poi con la Cirami. Emendata in modo sostanziale, la legge sul legittimo sospetto era diventata accettabile, a tutto il paese era stato reso evidente che gli avvocati di Berlusconi e di Previti usavano il Parlamento per risolvere un processo. A sinistra, invece di registrare un successo, girotondi e proteste: e, in più, l’invito a Ciampi a non controfirmare.
Ma é dopo la prima deposizione spontanea di Berlusconi al processo SME, che si registra un innalzamento di tono. E quando il Parlamento approva il lodo Maccanico, la stampa di centrosinistra (a differenza dei DS, che fin dall’inizio hanno tenuto un atteggiamento assai prudente) dichiara la legge incostituzionale, chiede a Ciampi di non controfirmarla, e poi gli rimprovera di averlo fatto, con durezza e perentorietà senza precedenti. E senza giustificazione: se tre presidenti emeriti della Corte – Casavola, Conso, Vassalli – dichiarano la legge ammissibile, non si può sostenere che essa sia “manifestamente incostituzionale”. Anzi, “manifestamente incostituzionale” potrebbe essere il non firmarla.
Il giorno dopo tocca alla legge Gasparri, di riassetto del sistema delle comunicazioni: il Presidente, si legge, darebbe un giudizio di incostituzionalità. Più che una notizia, sembra un ammonimento. Perché della legge si è lontani dal conoscere il testo definitivo: é in commissione al Senato alle prese con 9000 emendamenti, passerà in aula, quindi ritornerà alla Camera. E perché si tratterebbe di Retequattro, vecchia fissazione della sinistra, in realtà questione di modesta rilevanza, che riguarda l’8% dell’audience: che sia trasmessa con tecnica digitale da satellite o analogica terrestre, cambia poco agli effetti dei temi fondamentali, pluralismo e concorrenza.
Adesso é sulla legge sul conflitto di interessi che si concentrano le aspettative: andranno probabilmente deluse. Per risolverlo, Berlusconi dovrebbe disfarsi di Mediaset e Mondadori. C’è qualche probabilità che venda? Che la vendita stessa sia considerata immune da conflitto di interessi? O che un’autorità indipendente impedisca a dipendenti e clienti di sapere chi ha la “nuda proprietà” di Mediaset, e di comportarsi conseguentemente? Si profila un’altra occasione di tensione tra centrosinistra e Quirinale.

Conviene questa strategia al Paese, al centrosinistra?
Dal punto di vista istituzionale, trasformare la controfirma del Quirinale ad una legge approvata dal Parlamento in un ulteriore giudizio di legittimità, significa avvalorare un modello di repubblica presidenziale.
Dal punto di vista politico, l’appello al Capo dello Stato può dare forza a chi denuncia un pericolo democratico, ma può anche essere letto come manifestazione di debolezza, richiesta di un avallo per sopperire alla propria incapacità di parlare direttamente agli elettori. E poi, all’interno del centrosinistra stesso i temi dell’antiberlusconismo radicale sono controversi: le ferite prodotte dalla “brutale rivoluzione giudiziaria che ha fatto antipoliticamente a pezzi gli altri partiti della Prima Repubblica” (Luciano Cafagna sul Corriere di martedì) sono ancora aperte; anche il popolo della sinistra riconosce la ventata di modernità delle televisioni di Berlusconi nel mondo della RAI in bianco e nero e dei caroselli; e invitare gli elettori a fare il paragone tra i (presunti) peccati dell’avversario e le proprie (idem) virtù, può portare ad amare sorprese.

Nel 1995 un referendum sulla televisione fu uno straordinario successo di Berlusconi. Un anno dopo, il centrosinistra, trovato un leader e un programma credibile, vinse le elezioni. A quelle del 2006 mancano più di due anni.

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