Il nodo? La natura degli Enti senza padrone

gennaio 13, 1999


Pubblicato In: Corriere Della Sera, Giornali


Si continua a ragionare su ciò che le Fondazioni fanno mentre il problema sta in che cosa le Fondazioni sono

“E’ mio il nome che sta sul tetto del suo ufficio”. Henry Ford II aveva licenziato Lee Iacocca “per questioni di chimica”, e agli azionisti e analisti che gli rovesciavano addosso critiche feroci, così ricordava la legge base della società capitalistica: le decisioni di chi ha la maggioranza sono legittime anche quando appaiono – o sono – sbagliate.

Perché allora scandalizzarsi se le Fondazioni in Unicredito modificano gli equilibri azionari, e minacciano di sostituire il vertice della banca? Certo il team Rondelli-Profumo si é conquistato meritatamente il favore di azionisti e analisti; anche il governo, bontà sua, “ne apprezza l’operato” secondo quanto ci informa Lanfranco Turci ( Corriere del 10 Gennaio): ma perché ciò che é consentito a Henry Ford dovrebbe essere proibito a De Poli e soci?
Si continua a ragionare su ciò che le Fondazioni fanno mentre il problema sta in che cosa le Fondazioni sono. L’erede del fondatore della Ford, e gli investitori istituzionali che gli assicurano la maggioranza, sono tutti soggetti che stanno all’interno delle regole del capitalismo, le linee di responsabilità e di proprietà sono individuabili, guadagnano o pagano per successi o insuccessi. Invece la legge Amato-Carli ha creato per “scorporo” le Fondazioni bancarie, ha attribuito loro un patrimonio, ma non le ha rese, né poteva renderle, soggetti uguali a quelli che legittimamente agiscono nel mercato dei diritti di proprietà. Né d’altra parte le aveva create per questo scopo, non questi sono i campi di attività fissati dalla legge recentemente approvata: le Fondazioni devono dedicarsi a “scopi di utilità sociale”. Questi richiedono un controllo pubblico, dunque amministratori di nomina politica. Adesso proprio coloro che hanno sbandierato per un decennio le funzioni altrove svolte dagli enti no profit, scoprono, insieme a Leopoldo Elia, una…utilità nuova, le “funzioni di equilibrio altrove affidate ai fondi pensione”.

Le fondazioni bancarie non sono investitori istituzionali, lo esclude, come ricorda la Consob, la stessa mancanza di titolarità dei diritti sul capitale delle fondazioni: per conto di chi dunque investirebbero? Bastava riconoscerlo: ne sarebbe logicamente conseguito l’obbligo di delegare il fare a chi investitore istituzionale lo è a pieno diritto. Invece non si é fatta chiarezza su che cosa le fondazioni sono : restano questi 50, forse 70.000 miliardi di capitale gestiti con obbiettivi e criteri diversi da quelli degli altri investitori, da parte di amministratori nominati dalla politica, resta la distorsione nel mercato del controllo societario e nella corporate governance delle imprese.
Il Ministro Ciampi manterrà, ne sono certo, i solenni impegni alla Camera relativamente ai decreti legislativi che dovranno tradurre in norma operativa la delega ricevuta dal Parlamento: ma questa resta una battaglia perduta.
Oggi la si vuol far passare come una sorpresa: ma ad ogni passaggio parlamentare, i responsabili al Governo, in Parlamento, di partito, sono stati personalmente, tempestivamente messi sull’avviso dell’esito verso cui si stava andando.
Oggi le fiere reazioni politiche che si registrano paiono unicamente causate dal colore della casacca di chi guida le fondazioni: ma il problema non é se la casacca sia bianca o rossa, ma che si sia lasciata aperta la porta a un rilancio in grande stile delle casacche. E a questo rilancio per dirla tutta, ha purtroppo contribuito anche chi tra i DS ancor oggi pensa che il controllo politico della proprietà risponda a criteri di democrazia.
Oggi ci si preoccupa per gli assetti azionari e gestionali di una grande banca: ma il problema non é che le fondazioni possano eventualmente sacrificare un manager capace. Il fatto é che sul tetto delle fondazioni non ci potrà mai essere il nome di un imprenditore.

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